Fare pace, attivare speranza

Auguri di un nuovo anno di pace per tutti, al di là di ogni conflitto e lacerazione. Auguri di un tempo nel quale si rinnovi la speranza.
20 Dicembre 2005 | di

Pace e speranza sono una coppia di parole della quale, nel giro di boa che ci ha portato dal 2005 al 2006, si è forse abusato. In un mondo sempre più caotico, dove niente più appare sicuro e stabile, solido e definitivo, dove si respira un diffuso clima di incertezza, molti si aggrappano a grandi valori, proclamati e desiderati proprio nella misura in cui vengono a mancare. Una pace sempre più precaria e una speranza oscurata da troppe ombre fanno sognare riconciliazione duratura e nuove opportunità . Si mette in conto al futuro quanto il presente continua a negare, e si cerca così una via di fuga dalla dura realtà .
Eppure c'è chi prega e chi lotta per la pace, e questa nobile causa è in grado di mobilitare i singoli e le folle, i credenti e gli uomini di buona volontà , alimentando una molteplicità  di alleanze anche trasversali, di progetti irrorati da ideali che pure militano su diverse sponde, di sinergie davvero insospettate.
Così come non mancano uomini e donne di speranza che hanno rinunciato a piangersi addosso e fanno muro contro ogni prevaricazione dei potenti, contro la devastante e imprevedibile invadenza del male, ma anche contro la violenza che si nasconde dietro la formale osservanza delle regole. Come sempre, però, una foresta di bene continua a crescere inosservata, mentre lo schianto di un albero che cade attira l'attenzione di tutti.

Nel mese di ottobre dello scorso anno la nostra rivista, nel suo inserto  dedicato ai temi della fede, esplicitava la beatitudine evangelica della pace, o meglio degli operatori di pace. È davvero difficile, si diceva, che la pace accada senza che nulla si ponga in opera per farla stare in piedi e poi per farla crescere. Un bene così prezioso e fragile va seminato, custodito, promosso, nel senso che la pace «va costruita». Già  l'immagine della costruzione ci fa intendere che vi sono dei tempi da rispettare, inevitabili e forse lunghe attese da mettere in conto, disillusioni o malintesi che non mancheranno di far soffrire, ma soprattutto che si tratta di una costruzione collettiva che coinvolge più soggetti. Il primo di questi, naturalmente, è Gesù Cristo, il principe della pace, colui che più di tutti si è appassionato all'umanità  nuova e pacificata voluta da Dio, e che per tale causa ha dato la vita. Il cristiano è collaboratore di Gesù in questa apparentemente folle impresa, e -  come scrive mons.Vincenzo Paglia - «la sua testimonianza è decisiva all'inizio di questo nuovo secolo, proprio mentre tutto sembra concorrere a lasciarsi travolgere dalle passioni degli etnicismi, dei nazionalismi, dei bellicismi, sprecando miseramente e tragicamente il grande dono della pace».

Accanto alla pace, la speranza. Quest'anno ne sentiremo parlare in lungo e in largo nelle nostre chiese, anche perché sarà  articolata e ampia la preparazione al quarto Convegno ecclesiale nazionale che si terrà  a Verona dal 16 al 20 ottobre, intorno al tema «Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo». Già  negli orientamenti del primo decennio del 2000, i Vescovi italiani si erano impegnati a «individuare atteggiamenti e scelte che rendano la Chiesa una comunità  a servizio della speranza per ogni uomo». Questa attenzione si è andata via via intensificando, soprattutto a fronte di un discredito generalizzato nei confronti della speranza, a più livelli, e di una conseguente legittimazione di un vissuto a bassa tensione, troppo povero di slanci ideali. Anche la nostra rivista, nel corso del 2006, si impegnerà  in un cammino sistematico per disappannare e rendere più nitido «l'orizzonte speranza». In questo cammino desidero coinvolgere tutti i lettori del «Messaggero di sant'Antonio», ai quali porgo i più sinceri auguri di buon anno, perché sia un anno felice, un tempo favorevole per rimettere a fuoco e rinvigorire la virtù cristiana della speranza.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017