Falsi, sbracati, penosi e hai detto reality show

Ma più che lo spettacolo, miserevole in sé, preoccupa il terreno di coltura in cui attecchiscono e prosperano questi programmi tanto seguiti e cioè che tutto va bene purché faccia audience... E le conseguenze?
01 Febbraio 2005 | di

Reality show: programma televisivo che manda in onda situazioni di vita reale nel momento in cui i protagonisti le vivono. Questa definizione si presta all'obiezione che la vita reale come noi la conosciamo è ben diversa da quella presentata in questo tipo di spettacolo, non fosse altro perché i protagonisti agiscono in un set accuratamente studiato, in una sorta di struttura chiusa ma trasparente per chi si trova all'esterno, in cui le sorprese provengono proprio dalla convivenza forzata di persone i cui tratti fisici e di personalità  dovrebbero assicurare una buona dose di imprevedibilità  entro una gamma che va dalla commedia al dramma, abbondantemente innaffiata di sesso più o meno esplicito, linguaggio libero - una volta si chiamava da caserma - e qualche esplosione di aggressività  verbale e fisica. Il tutto  alimentato dalla competizione scatenata tra i protagonisti che sanno bene di godere di giorni di grande popolarità  da sfruttare al massimo al termine del programma. Insomma, se escludiamo il buon gusto e la qualità , c'è quanto basta per attirare folle di telespettatori. Qualcuno ha evocato in proposito il grande film di Peter Weir del 1998 The Truman Show, ma io credo che i reality show siano ben diversi dal mondo fittizio creato attorno al protagonista in quella pellicola. Lì, infatti, Truman Burbank, interpretato da Jim Carrey, era ignaro della trappola in cui era caduto. Nei reality show i protagonisti aderiscono invece di loro volontà  e, anzi,  gli aspiranti sono tanti che si fa fatica a tenere buoni coloro che non sono selezionati per questa fantastica- avventura-che-cambierà -la-vostra-vita.  Come spesso capita quando un fenomeno non ci piace, invece di indagare sulle cause che spingono tanti giovani a delirare per partecipare a questi programmi,  milioni di persone a seguirli con un interesse che in non pochi casi potrebbe essere definito morboso e schiere di giornalisti a dedicarvi ampio spazio, preferiamo pigiare  sul tasto della patologia e lanciare grida d'allarme sulle reali o presunte perniciose conseguenze fisiche e psichiche che trasmissioni del genere provocherebbero.

La sindrome dell'isola dei «non famosi»

A metà  dicembre 2004, in una conferenza-stampa tenutasi a Roma, il neurologo Rosario Sorrentino dell'Accademia americana di Neurologia ha sostenuto che si può parlare per i giovani e giovanissimi telespettatori di una sindrome dell'isola dei non famosi, dal nome di uno tra i più popolari reality show. La sindrome sarebbe caratterizzata dalla seguente sintomatologia: forte senso di insicurezza, ridotta autostima, cambiamenti di umore e dei comportamenti alimentari, fino all'anoressia o alla bulimia e poi, ancora, ansia, depressione, aggressività  e abuso di alcol e droghe. I modelli estetici e comportamentali offerti ai giovani da alcuni di questi spettacoli rappresenterebbero un rischio per quei giovani che non riescono ad adeguarsi a canoni fisici e mentali che fanno tendenza. L'Accademia americana di Neurologia è un'istituzione seria e non dubito che questo allarme sia fondato, ma continuo a preoccuparmi di più per il terreno di coltura nel quale attecchiscono e prosperano spettacoli come questi e tanti altri, per molti aspetti non meno deleteri, che troppo spesso ci vengono ammanniti in tv. Il terreno di coltura è costituito dagli interessi economici che vedono premiati e sponsorizzati gli spettacoli che fanno audience,indipendentemente dalla qualità ; dal fatto che gli adulti che dovrebbero essere di esempio ai più giovani non disdegnano, stando alle statistiche, di seguire in gran numero i reality show; dall'idea che se il pubblico vuole questo perché non darglielo, un'idea facile e vincente fin da quando si offriva alla plebe panem et circenses per evitare che prendesse coscienza della propria condizione e si ribellasse; dall'ignoranza diffusa in tema di educazione, visto che si trascura il fatto da tempo assodato che si cresce, in ogni senso, aspirando sempre al meglio e non adagiandosi sul peggio. Il meglio ci sfida, ci provoca, attiva le nostre risorse, il peggio, facilmente ottenibile senza grandi sforzi, ci illude e ci inganna. Come cambiare una rotta che io trovo umiliante e destinata a farci naufragare come individui e come collettività ? Purtroppo, non vedo altra via che ritornare a fare sentire la nostra voce come cittadini e, in questo caso, come telespettatori. Non premiando spettacoli come questi e chi li produce e trasmette, non acquistando i prodotti di chi li sponsorizza, premiando invece gli spettacoli di qualità , sostenendo in ogni modo chi li produce e chi li sponsorizza. Insomma, non rassegnandoci al peggio.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017