«Facciamo insieme la rivoluzione del cuore»

Trentatré anni, in carriera da oltre quindici, Lorena Bianchetti è il volto fresco e spontaneo della domenica televisiva.
20 Aprile 2007 | di

Lorena Bianchetti è proprio come la si vede in tv: un viso acqua e sapone sbarazzino ed espressivo, gli occhi allegri e delicati. La giovane donna sorridente e gentile che fa capolino dagli schermi televisivi la domenica pomeriggio, è la stessa che abbiamo di fronte: garbata, dolce senza essere mielosa, vivace e spontanea. In poche parole: una persona semplice e vera.

Msa. Lorena, sei approdata in televisione giovanissima…

La mia fortuna è stata che già all’età di quattro anni avevo le idee chiare sul mio futuro: sentivo di essere attratta dal mondo dell’arte. Così, appena ho potuto, mi sono rimboccata le maniche e ho cominciato a dare «forma» alla mia passione. Ho iniziato a studiare danza, anche battendomi contro la volontà dei miei genitori che non vedevano di buon occhio la mia scelta. Poi, con il tempo, sono riuscita a dimostrare loro che non stavo facendo nulla di male, che potevo coltivare la mia passione e nello stesso tempo studiare ed essere la Lorena «di sempre».

Ci racconti i tuoi esordi?

Dico sempre di aver iniziato nel 1991, non ancora diciottenne, con una trasmissione che si chiamava Piacere Raiuno. In realtà, quello è stato il mio primo contratto Rai, ma in precedenza, a 13-14 anni, avevo già girato alcune pubblicità. Ricordo che la notte prima di esordire in tv con uno spot, non dormii per niente e dall’emozione mi uscì un herpes sulle labbra che costrinse i cameramen a riprendermi sempre da un solo lato.

Prima di approdare in Rai, comunque, avevo già fatto una dura gavetta. Per anni, infatti, ho girato l’Italia con una mia orchestra, ballando e cantando nelle piazze e alle sagre di paese. Mi esibivo quasi tutte le sere e, che ci fossero tre persone o cento, ci mettevo lo stesso impegno e rispetto. È stato un periodo difficile ma bello. Spesso dovevo ballare e cantare su palchi improvvisati, con assi sconnesse e microfoni che non funzionavano bene, ma quello che facevo era permeato dalla poesia del quotidiano: il viaggio per raggiungere il posto, il comune che ci ospitava e che ci preparava i panini, l’incontro con la gente… Quelle serate, che ho fatto per cinque anni, mi sono tornate utilissime soprattutto per gestire le dirette tv: il pubblico della piazza non perdona, ti costringe a capire chi hai davanti e a cambiare repertorio in corsa, se serve. Sono state occasioni formative utilissime, che consiglio a chiunque voglia intraprendere questa professione; piccole e belle esperienze, che devi custodire e delle quali devi saper fare tesoro.

Poi è arrivato il mondo del giornalismo...

Veramente prima c’è stato un altro momento professionalmente importante: la Corrida. Sono stata l’ultima valletta di Corrado, in un’edizione che superava regolarmente i 10 milioni di spettatori. Quello fu il mio primo bagno di popolarità. Poi arrivò Renzo Arbore che mi prese a Rai International in una trasmissione che doveva durare due mesi e invece proseguì per tre anni. Quando, al termine di questa esperienza, mi proposero la conduzione della rubrica religiosa A sua immagine, molti mi presero in giro: «Che cosa vai a fare in quella trasmissione barbosa?», perché il programma esisteva già da vent’anni...

Però sei riuscita a dargli una nuova immagine…

Io ci ho creduto subito. E la fede che, ve lo confido in moso sommesso, ho avuto fin da piccola, mi ha aiutato a non dar retta a nessuno. Sentivo che dovevo fare quel programma, che il mio apporto poteva essere positivo. Il Vangelo è un libro bellissimo, che finisce con la Risurrezione, una pagina straordinaria, e l’idea di poter essere uno strumento per trasmettere questa gioia a chiunque, non solo ai cattolici, mi entusiasmava. In quel periodo ricevetti tantissime proposte di lavoro, ma preferii portare a termine il mio compito. Questo mi diede anche l’occasione di maturare una fede più adulta. E poi venne il Giubileo...

A proposito: per il Giubileo tu hai seguito alcune dirette importanti. Che traccia hanno lasciato in te?

Quegli anni sono dentro di me, vivi oggi più di ieri. È stato un periodo determinante, di grande ricchezza umana oltre che professionale. Poi, la morte di Giovanni Paolo II, che io potei seguire in diretta da piazza San Pietro: lui era stato il «mio» Papa; quando era salito al Soglio di Pietro avevo appena 4 anni e nella mia vita ho sempre cercato di concretizzare quel suo invito a non avere paura, ascoltato da bambina. Ho vissuto quel periodo quasi come una missione: volevo portare «al centro», in televisione, la persona umana, volevo raccontare quei valori in cui credo fortemente e volevo farlo con un linguaggio nuovo, accattivante, come quello della musica o della risata. Per dimostrare a tante persone che i cattolici non sono oscurantisti e bigotti: c’è un grandissimo pregiudizio a riguardo. L’incoraggiamento del pubblico e ora il successo di Domenica in mi invitano a proseguire su questa strada.

A Domenica in hai raccolto l’eredità «pesante» di Mara Venier. Come l’hai gestita?

Non è giusto fare paragoni, perché ognuno ha la sua personalità. Io ho semplicemente cercato di essere me stessa, senza imitare nessuno per non peccare di presunzione o di scorrettezza nei confronti della gente. Ho portato in scena tutto quello che avevo imparato in oltre 15 anni di lavoro: un concentrato d’intrattenimento e riflessione. Cerco sempre di rivolgermi al pubblico con grande rispetto, senza voler annichilire o «spegnere il cervello» di chi mi guarda. Vorrei offrire agli spettatori un sorriso e magari un pensiero che possano portare con loro tutta la settimana. Il pubblico che mi scrive per farmi sapere che gli regalo un paio d’ore di serenità rappresenta la mia più grande soddisfazione. Dobbiamo essere consapevoli che il nostro è un lavoro importante perché può condizionare la vita della gente, perché legittima comportamenti; bisogna svolgerlo con un grande senso di responsabilità, entrando nelle case delle persone chiedendo «permesso». Chi sta a casa non sempre ha voglia di sentire o vedere due tizi che gridano. Oltretutto siamo in Rai, il servizio televisivo pubblico.

Che cosa pensi della tendenza di oggi a mettere in vetrina la vita privata, i sentimenti, le emozioni?

Credo sia importante analizzare la situazione con grande calma. Viviamo in una società liquida, nella quale tutto scorre velocemente e le persone stesse rischiano di essere trasformate in semplici oggetti. La gente che muore, in televisione spesso fa lo stesso rumore di un oggetto che cade per terra: vuol dire che qualcosa non va. Allora alla televisione spetta un grandissimo compito in questo senso: aiutare le persone a capire che le cose non stanno proprio così, che la vita non è quella che appare sullo schermo, che i sentimenti veri sono altri. Credo che l’unica guerra da fare, l’unica rivoluzione oggi necessaria sia quella del cuore.

Hai fatto l’attrice (nella fiction Carabinieri, nel film di Ceccherini La mia vita a stelle e strisce e in Prego di David Murray), hai un diploma in danza classica e moderna. In quali panni ti senti più a tuo agio: in quelli della giornalista, della conduttrice, della ballerina o dell’attrice?

Il ruolo che sento più vicino è senza dubbio quello della conduttrice. Tutto il resto serve a esprimere ulteriormente la mia personalità. Sono stata fortunata a potermi mettere alla prova in settori così diversi del mondo artistico.

Hai avuto modo di conoscere gli ultimi due Pontefici?

Non ho ancora conosciuto personalmente Benedetto XVI, anche se lo ritengo un Papa di grandissimo spessore umano e intellettuale. Mentre ho avuto l’occasione di incontrare e parlare molte volte con Giovanni Paolo II.

Che ricordo ne serbi?

Io l’ho sempre considerato un punto di riferimento. I suoi scritti continuano a essere vivi dentro di me, e ancora oggi in essi trovo le risposte giuste ogni volta che ho qualche dubbio.

Per me papa Wojtyla rimane una figura presente, quasi una bussola che mi orienta nella vita.

Chi è Lorena Bianchetti fuori dagli schermi televisivi?

Esattamente quella che si vede in tv. Perché lavoro 24 ore su 24. Nel nostro mestiere non si smette mai, il telefono si spegne solo per andare a dormire. È una scelta di vita, alla quale poi cerchi di dare anche un senso: io sento di essere al servizio degli altri, del mio pubblico. La telecamera per me è una sorta di metal detector che mostra esattamente come sei, nel bene e nel male. Non potrei essere diversa a telecamere spente, mi farei del male, visto che il mio lavoro si protrae così a lungo. E poi c’è il rapporto con il pubblico: a me piace che la gente per strada mi riconosca e mi fermi, mi piace guardare i volti delle persone che mi seguono.

Come riesci a conciliare vita privata e lavoro?

Onestamente di vita privata ne ho poca. La mia vita privata oggi è la mia redazione. Quando Domenica in terminerà mi riposerò e a quel punto dedicherò più tempo alla mia famiglia, che sento spessissimo ma vedo poco.

Come immagini il tuo futuro?

Il sogno è di continuare a fare bene quello per cui ho lottato tanto. Mi piacerebbe avere una famiglia, dei bambini. E poi sta al buon Dio illuminarmi anche in questo senso.

Che rapporto hai con sant’Antonio?

Mia mamma è una grande devota e anch’io sono venuta a Padova tante volte. Sin dalla prima visita sono rimasta molto colpita: arrivai per lavoro, per un servizio proprio sul «Messaggero di sant’Antonio». Poi, successivamente, ci sono tornata per conto mio. Sant’Antonio è una figura che sento molto vicina soprattutto per un motivo: lui era un grande oratore, un comunicatore e quindi è impossibile non sentirmelo accanto, con il mestiere che faccio. 


la scheda


Biografia di Lorena

Nata a Roma nel 1974, Lorena Bianchetti si è laureata in Lingue e Letterature straniere alla Sapienza. Parla inglese, francese e spagnolo. È giornalista dal marzo 2005. Ha un attestato in danza classica e moderna. Nel 1991 fa il suo esordio in Rai (Piacere Raiuno e Canale Viaggi). Nel 1996 e 1997, conduce Italia in bicicletta su Raitre. Nel 1998 affianca Corrado ne La Corrida su Canale 5 e Vincenzo Mollica su Raidue in uno speciale su Elvis Presley. Nel 1999 presenta Speciale Rai International e debutta nel programma A sua immagine su Raiuno (del quale è conduttrice e autrice fino al 2005). Su Raiuno presenta anche molti eventi legati al Giubileo del 2000. È stata attrice nella fiction Carabinieri (Canale 5), nel film La mia vita a stelle e strisce (di Massimo Ceccherini) e nel film Prego (di David Murray). Ha girato anche numerosi spot pubblicitari. Nel 2005 passa a condurre Al posto tuo, su RaiDue. Nel 2006 è alla guida di Domenica In.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017