In Etiopia nel nome del Santo

Per ricordare il figlio diciottenne, la famiglia Lovison ha voluto realizzare nel Paese del Corno d’Africa una struttura per bambini dedicata a sant'Antonio.
29 Ottobre 2013 | di

La città, Adama, è conosciuta anche con il nome del villaggio palestinese in cui visse Gesù, Nazaret, ma si trova nel cuore dell’Etiopia. Pur essendo una città popolosa, sarebbe rimasta per noi solo un puntino nella carta geografica del Corno d’Africa, se lo scorso maggio, nei suoi paraggi, non fosse stato inaugurato un asilo intitolato a sant’Antonio di Padova, come ricorda l’icona affissa all’esterno dell’edificio, dono di fra Enzo Poiana, rettore della Basilica, e dei frati del Santo e portata lì da alcuni dei protagonisti di una bella storia di solidarietà.

Una storia che, purtroppo, ha un inizio davvero drammatico: la morte di un ragazzo padovano, il 22 maggio 2009. La vita di Marco Lovison, così si chiamava il giovane, 18 anni e il cuore pieno di sogni, viene troncata in un tragico incidente stradale. Un lutto non facile da elaborare. I genitori di Marco, Romano e Anna, e il fratello Roberto, scelgono un loro percorso, quasi d’istinto agli inizi e poi in modo sempre più consapevole, per impedire che il ricordo di Marco li faccia naufragare in una tempesta di dolore risentito e senza speranza. Marco deve continuare a vivere – si dicono – nelle persone in difficoltà che loro stessi aiuteranno a vivere, con gesti concreti di amicizia e solidarietà.

I primi passi di questo nuovo cammino sono la donazione delle cornee di Marco e la proposta, il giorno dei funerali, di concretizzare il detto «non fiori ma opere di bene». Viene così raccolta una discreta somma, 7 mila euro, che i genitori di Marco decidono di destinare a un’organizzazione non governativa senza fini di lucro impegnata nel prevenire e curare in Paesi in via di sviluppo cecità risolvibili.

Romano Lovison conosce bene l’associazione (Cbm, Christian blind mission Italia), avendo già affidato a essa negli anni precedenti una donazione in memoria del padre, anch’egli prematuramente scomparso. Inoltre, Lovison è legato da profonda amicizia con il dottor Mario Angi, oculista padovano di chiara fama e presidente della sezione italiana della stessa associazione.
 
Un’iniziativa dolce come il miele
Ed è proprio decidendo con Angi l’utilizzo della somma raccolta che si getta il seme dell’«Operazione occhi dolci – Un impegno concreto ricordando Marco». L’oculista suggerisce l’acquisto, per l’ospedale St. Luke di Wolisso, in Etiopia, di un microscopio oftalmico, di quelli usati in interventi di cataratta. Pur di seconda mano, il microscopio, dotato di doppia ottica, ha un costo rilevante: il doppio circa di quanto a disposizione. Non c’è che da rimboccarsi le maniche. Così, su pressione di un amico di Marco che sollecita a fare qualcosa per ricordarlo non solo con parole, e cogliendo un input della direttrice della cooperativa sociale «Il Graticolato» di San Giorgio delle Pertiche (PD), che forma e dà lavoro a persone disabili, si decide di approfittare della Giornata mondiale della vista per organizzare una vendita benefica di vasetti di miele, forniti dalla cooperativa stessa. È l’ottobre del 2009: tra gli amici di Marco si sparge la voce e all’appello, dietro i banchetti col miele in bella mostra, se ne presenta un centinaio. I vasetti acquistati dalla cooperativa sono 1.500, venderli tutti sarebbe già un successo. Ma con stupore alla fine della giornata i vasetti di miele piazzati sono quasi il doppio. Fatti i conti, i soldi per il microscopio ci sono tutti, e avanza pure qualcosa.

L’«Operazione occhi dolci» s’è messa in moto, destinata a fare un bel po’ di strada. La fantasia non manca di certo nel proporre eventi in memoria di Marco. E così si organizzano a Padova e dintorni concerti in ricordo del compleanno e per l’anniversario della scomparsa di Marco, tornei di calcetto e cene di beneficenza, cui partecipa sempre un gran numero di persone. Col ricavato degli «appuntamenti solidali», si riescono a sostenere per un anno i costi di gestione del reparto oftalmico dell’ospedale di Wolisso, nel quale operano i medici per l’Africa del Cuamm di Padova, e in seguito si può anche provvedere al suo ampliamento. Il Centro, che agisce in un raggio di centocinquanta chilometri, nel solo 2012 ha effettuato 16.800 visite oculistiche e 1.200 interventi di cataratta.
 
L’asilo Sant’Antonio
In questo contesto prende avvio la storia dell’asilo. Quando nel 2011 la famiglia Lovison e il dottor Angi visitano l’ospedale St. Luke di Wolisso per valutare il da farsi, fanno anche una capatina nel Centro salute St. Francis di Nazaret, gestito dalle suore francescane di Nostra Signora, guidate da madre Abebech Kiftaga nelle vesti di superiora. È lei a sorprendere i munifici ospiti proponendo la costruzione di un asilo inclusivo per i bambini del posto. Esaudire questo desiderio non è uno scherzo, ma i visitatori italiani, contando anche sull’impegno degli amici dell’Operazione occhi dolci, dicono di sì. Ci vuole del tempo e tanto impegno per mettere insieme il denaro necessario a realizzare l’impresa. Una mano la dà anche la sezione padovana del Rotary Club.

Così, nel giro di poco più di un anno, l’asilo diventa realtà: un edificio curato e ben attrezzato, unico nel suo genere in Etiopia, privo di barriere architettoniche perché destinato ad accogliere duecentocinquanta bambini, il 10 per cento dei quali disabili o affetti da cecità.

I Lovison, padovani e devoti di sant’Antonio, decidono di dedicare la struttura al loro Santo, noto in tutto il mondo per la sua attenzione alle persone più deboli, perpetuata nel tempo dai suoi confratelli con mille iniziative, in primis quelle legate alla Caritas Antoniana. È quasi inevitabile per Lovison coinvolgerli, e i frati rispondono attraverso il rettore della Basilica, fra Enzo Poiana, che partecipa alla realizzazione dell’asilo mettendo a disposizione un sostanzioso contributo in denaro e l’icona del Santo. Lo scorso maggio, dunque, il taglio del nastro, sotto lo sguardo benaugurante di sant’Antonio. Assieme alle suore francescane, ai Lovison e ai responsabili di Cbm, c’è anche la municipalità di Nazaret, che assicura tempi burocratici rapidissimi per l’avvio delle attività.

«La costruzione di questo asilo – ha commentato Mario Angi – ci riempie di gioia, e lo sarà ancor di più vedere i piccoli felici di potersi affrancare dalla povertà, mettendo le basi per pensare a una nuova vita anche per la loro famiglia». Sono previste anche attività per sensibilizzare le famiglie in cui vivono bambini ciechi, in modo che portino i piccoli a scuola «dove verranno accolti da suore formate all’insegnamento a bimbi con questi problemi» conclude Angi. E dove su di loro, possiamo starne certi, veglierà anche il nostro Santo.    
 
 


UNA RELIQUIA UNICA AL MONDO
A San Pietroburgo l’arca provvisoria del Santo


Chi ha ammirato la tomba che ha accolto le spoglie mortali di sant’Antonio nel periodo in cui (2008-2010) l’Arca del Santo veniva sottoposta ad accurati interventi di restauro, si sarà chiesto che fine abbia fatto il prezioso manufatto.

Non è l’incipit di un tortuoso giallo, ma solo la premessa di una simpatica storia antoniana felicemente conclusasi lo scorso settembre nella splendida città russa di San Pietroburgo, alle foci della Neva. Ce la racconta fra Enzo Poiana, rettore della Basilica: quando si decise di por mano al restauro dell’Arca, fu chiaro che il cantiere avrebbe precluso ai devoti la visita alla tomba in essa custodita e i tradizionali riti della devozione.

In molti non avrebbero gradito. Ma pure il trasferimento di una così importante reliquia non era esente da problemi. Alla fine, appurato che anche in altri tempi, sempre a causa di lavori, le spoglie del Santo avevano dimorato in luoghi diversi del santuario, si decise per il loro trasferimento nella prospiciente cappella di San Giacomo.

Un cruccio intanto si insinuava nella mente di fra Enzo: il sarcofago, pur provvisorio, avrebbe dovuto essere all’altezza del tesoro da ospitare e quindi inevitabilmente costoso, con il rischio che, espletato il suo compito, finisse impolverato in un magazzino. Bisognava allora realizzarlo in modo che fosse riutilizzabile. L’idea vincente fu di un manufatto a forma di altare, da donare poi al santuario antoniano che ne avesse fatto richiesta.

E così avvenne. Completati i lavori, e dopo l’evento dell’indimenticabile Ostensione del febbraio 2010, la normalità in Basilica riprese il suo corso. E il sarcofago? Fallito un primo progetto di trasferirlo a Bangalore, in India, s’è fatto avanti il Custode della comunità francescana conventuale di Russia, fra Nicolai Dubinin, richiedendolo per la ricostruita chiesa di Sant’Antonio Taumaturgo in San Pietroburgo. Fra Enzo, che conosceva l’edificio, avendolo visitato nel 2008 durante un pellegrinaggio delle reliquie del Santo, non lo reputava strutturalmente adatto ad accogliere un manufatto di tali dimensioni. Non restava che andare a verificare. Accompagnato da due esperti, fra Enzo si recò a San Pietroburgo, dove i rilievi assicurarono la fattibilità dell’operazione. Si procedette quindi al trasloco, reso possibile dalla generosità delle ditte di imballaggio e trasporto.

L’8 settembre scorso, dunque, la coincidente celebrazione del rito di consacrazione dell’edificio sacro e l’inaugurazione del prezioso altare, officiata dall’arcivescovo di Mosca, monsignor Paolo Pezzi, presenti il console d’Italia e tanti devoti, non solo cattolici. Fra Enzo concludeva il rito affermando: «Non avete ricevuto una reliquia, ma un altare che è una reliquia, unica al mondo».
 
 







NOTIZIE
Novembre in Basilica

1 novembre
Solennità di Tutti i Santi: le Messe in Basilica seguono l’orario pomeridiano festivo, ovvero vengono aggiunte le celebrazioni delle ore 18.00 e delle 19.00.

2 novembre
Commemorazione dei cari defunti: cadendo di sabato, vengono celebrate anche le messe vespertine.

21 novembre
Festa della Virgo fidelis: ore 11.00, Santa Messa per l’Arma dei carabinieri.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017