Dopo il fumo, l'alcol? Sirchia ci sta pensando

Bocche cucite al Ministero, ma nella pentola qualcosa sta bollendo. Ma che fine ha fatto la proposta di legge, ferma da tempo, che vieta la pubblicità di alcolici sulle tv?
29 Marzo 2005 | di

Se vuoi una casa piena di amici è sufficiente avere in frigo una Birra B.. Cosa vuoi di più dalla vita? Un L... Voglio il meglio. No. M.? No party!. Fate scegliere i vostri sensi. Una birra, un amaro, uno spumante, un superalcolico. Quattro slogan riusciti, per quattro spot televisivi di successo. Per dire che alcol fa rima con socializzazione facile, con una vita al top, con un certa eleganza e, hai visto mai, con una chance in più di successo con l'altro sesso (chi non associa allo spumante il sorriso irresistibile di George Clooney?).
Non è un caso. Da sempre la pubblicità  degli alcolici punta a suscitare emozioni, a evocare atmosfere, ad associare al prodotto un certo stile di vita, chiaramente affascinante. In modo diverso a seconda del target di riferimento. Così se il veterinario attempato ma aitante condivide con gli amici un bicchierino di amaro davanti al caminetto, la birra o l'alcopop saranno consumati in una discoteca con la musica a tutto volume, o in una spiaggia sotto le stelle davanti a un falò e una chitarra.
Una suggestione che nella televisione italiana arriva a tutte le ore. Dalla colazione del mattino, passando per gli spot all'ora di pranzo fino alla tarda serata. Sono pochissime le limitazioni subite dalla pubblicità  degli alcolici in televisione, diversamente da quanto avviene in altri Paesi europei. La legge Quadro, riconfermata dal Codice di autoregolamentazione tv e minori, vieta, infatti, la pubblicità  dei soli superalcolici fra le 16,00 e le 19,00 e all'interno dei programmi rivolti ai minori. E il parlamento sta discutendo se eliminare il divieto della fascia oraria lasciando solo quello dei programmi rivolti ai minori.
Che la cosa abbia effetti dannosi per la popolazione più giovane, lo ha riconosciuto lo stesso ministro della Sanità , Girolamo Sirchia. Intervistato da un quotidiano nazionale, commentando il fatto che in Italia il primo drink al di fuori della famiglia arriva a dodici anni, Sirchia affermava: È la conseguenza del messaggio tragico che viene offerto dalla pubblicità . Vale a dire, ci si diverte solo se si è sopra le righe e sempre fuori pasto. È come il messaggio della sigaretta negli anni '50: la donna si sentiva emancipata con la sigaretta tra le labbra, mentre l'uomo identificava il fumo con il successo nella vita.

2004: numeri che fanno pensare

I numeri del 2004 dicono che il 77,6 per cento dei giovani italiani fra i 15 e i 24 anni dichiarano di consumare alcol. Di questi, l'88 per cento sono maschi e il 68 per cento femmine. Il 7 per cento ammette di bere fino a ubriacarsi almeno tre volte alla settimana e l'età  del primo contatto alcolico viene fatto risalire intorno ai 12 anni. Fra i 20 e i 25 anni si registra il picco più alto di assunzione di bevande alcoliche e il Nord est italiano appare come la zona geografica dove si beve di più. Dal 1998 al 2001 si registra un aumento del consumo di alcopop e aperitivi pari al 32,7 per cento. Probabilmente proprio il parallelo con le sigarette ha fatto scattare negli ultimi mesi una nuova idea nella mente del ministro: Dopo la campagna contro il fumo sarà  la volta dell'alcol. Dichiarazioni rilasciate così, a caldo, senza specificare bene dove, in futuro, si vorrà  andare a parare. Al Ministero l'ufficio stampa mantiene la bocca cucita: non si può bruciare una campagna che, assicurano, prima o poi verrà  lanciata in grande stile. Che non sia una crociata proibizionista se lo augurano in tanti. E, prima ancora degli industriali del settore, Luciana Michelin, la coordinatrice dei gruppi di solidarietà , nati nell'87 proprio per cercar di far conoscere al grande pubblico i molti problemi legati all'abuso di alcol. Mentre non c'è dubbio che anche una sigaretta sola fa male, per un bicchiere di vino è diverso. Insomma, non è possibile fare un parallelismo e bisogna rispettare certi distinguo. Altrimenti con un massimalismo estremista si rischia di non ottenere nulla. La Michelin, che viene dal mondo della pubblicità  e si dichiara una moderata bevitrice, ci tiene a precisare: Bisogna far capire quando e perché vietare. Ci sono dei momenti in cui l'alcol è pericolosissimo, come per esempio quando ci si mette al volante o quando si utilizzano dei macchinari, tipo una gru. Così come è provato che l'alcol, se assunto durante la gravidanza, è pericolosissimo per il nascituro. Soprattutto gli aperitivi. Presi a stomaco vuoto, gli alcolici rischiano di tenere il feto immerso nell'alcol anche per sei ore. E in alcuni casi basta un solo eccesso per provocare la fas, la sindrome alcolico fetale.

La proposta di legge che vieta la pubblicità 

I Gruppi di solidarietà , che dall'87 si preoccupano di fare informazione su questi temi, non chiedono, quindi, l'abolizione tout court della pubblicità  di alcolici. Ma nella bozza di legge che hanno presentato fanno alcune richieste precise, che in qualche modo integrano la normativa in vigore, oggi di fatto regolamentata ancora dal decreto Vizzini che nel '91 recepiva un direttiva europea (vedi box in pagina). In pratica, si chiede che venga vietata la pubblicità  diretta e indiretta delle bevande alcoliche attraverso il mezzo cinematografico, radiofonico e televisivo e tutte le relative forme di riproduzione, nella stampa destinata ai minorenni, nei luoghi utilizzati per lo sport.
Un altro punto della nostra proposta di legge riguarda la sponsorizzazione delle bevande alcoliche attraverso le cosiddette premium promotion, i concorsi a premi legati all'acquisto di bevande - del tipo spedisci tre tappi e partecipi all'estrazione di un premio - che spingono, inevitabilmente, verso gli acquisti multipli e, quindi, verso l'eccesso; oppure la sponsorizzazione di certi tipi di sport, operazioni che diventano ancora una volta un modo per raggiungere i giovani. Si chiede, inoltre, che le altre forme di pubblicità  contengano l'indicazione della gradazione alcolica del prodotto. Così come, osserva la Michelin, sarebbe il caso che sulle etichette delle bottiglie - come accade negli Stati Uniti - venissero specificati i rischi che l'alcol comporta per alcune categorie di persone - come la donna in gravidanza - e in certi momenti.
La signora Michelin, che in questi anni di impegno sul terreno ha raccolto migliaia e migliaia di dati e materiali informativi sull'argomento - riportati due volte all'anno nei quaderni editi dai Gruppi - non contesta l'idea di Sirchia di fare una campagna destinata ai giovani. Ben venga, come tutte le campagne di informazione, ma non si pensi che una campagna possa risolvere il problema: basti pensare che per la pubblicità  da alcol in Italia si spendono sui 500 miliardi di vecchie lire, e sono dati parziali perché non si rie-sce mai a sapere precisamente quanto sia la spesa globale in questo settore, mentre una campagna ministeriale potrà  costare sui due-tre miliardi di lire. Con l'aggravio che un'informazione di tipo preventivo ha comunque un impatto minore rispetto alla pubblicità  che, in questo settore, è una delle migliori. Dunque, conclude la Michelin, sì alla campagna ma meglio sarebbe portare in dirittura finale un disegno di legge che da quasi vent'anni rimbalza tra una commissione e l'altra, tra Camera e Senato, e non riesce a vedere la luce del sole.

Le fasce orarie non contano più

Perché mettere sotto accusa la pubblicità  televisiva e non quella sulla stampa? Perché, a differenza di quella fatta sui giornali, arriva ai bambini e agli adolescenti in modo indiscriminato. Non vale il discorso delle fasce orarie, i ragazzi sono davanti alla tv soprattutto in prima serata. Vale a dire fino alle 23,00-23,30, perché oggi, con l'inserimento degli spot nei programmi, la prima serata slitta a quell'ora. E nessun genitore manda a letto un ragazzo a metà  film, dice Michelin. La pubblicità  ha un impatto fortissimo perché in qualche modo influenza i minori nella percezione che hanno di se stessi. Le marche rappresentano un elemento che influisce sulla costruzione dell'identità  personale, aiutano ad acquistare maggior indipendenza in famiglia e a integrarsi nel gruppo dei pari, recitava un articolo del periodico specializzato in pubblicità  Pubblico. Accanto ad abbigliamento, videogiochi, telefonia mobile, snack, anche le bevande alcoliche e la loro pubblicità  occupano un posto di rilievo nelle preferenze dei giovani, afferma Michelin.
Non è un caso che dalle reti generaliste gli spot destinati al mercato giovanile - birra e mix frutta e superalcolici - si stanno spostando sulle reti più seguite dai giovani, come Mtv e Italia uno. E che una fetta di mercato sia oggi occupata da un prodotto relativamente giovane come i mix di frutta e superalcolici (definiti anche alcopop, ready to drink o breezer e non soft drink, che invece sarebbero aranciate e coca cola).
Anche in questo caso è stata la forte campagna pubblicitaria che ha creato spazio di consumo per decine di nuovi prodotti e ha conquistato giovanissimi consumatori al mercato. La gradazione non è altissima. Ma il vero problema è sia il numero di bottigliette consumate , sia il fatto che i giovanissimi vengono abituati al sapore del superalcolico. Oggi, a 14 anni, è la fragola con una goccio di alcol, domani, a 18 anni saranno tequila, vodka e rhum lisci.   N


APPUNTI. Alcol e stile di vita dei giovani

Cellulari, alcol e sigarette - dice un'indagine dell'Istituto superiore di sanità  - sono tre elementi presenti nello stile di vita dei giovani fotografato dall'Istituto superiore di sanità  nel Rapporto preliminare sui comportamenti sociali e gli stili di vita dei giovani, condotto, nel corso dell'anno scolastico 2002/2003, in 300 scuole su più di 30 mila studenti tra i 14 e i 19 anni. Riguardo all'alcol più i ragazzi (75 per cento) che le ragazze (60 per cento) fanno uso di bevande alcoliche e la percentuale aumenta con l'età : per le femmine si passa dal 35,4 al 59,8 per cento da 14 a 19 anni, mentre per i maschi dal 45,5 al 74,3 per cento. La birra si colloca al primo posto con il 51 per cento delle preferenze, segue il vino con il 38 per cento e i superalcolici con il 31 per cento. L'indagine mostra che al Nord si beve di più che al Sud. In particolare, le ragazze del Nord preferiscono i superalcolici (31,3 per cento) al vino (27,8 percento), al contrario dei ragazzi, mentre al Sud il consumo di vino e superalcolici si abbassa per entrambi i sessi. Iniziano a bere per la maggior parte a casa di amici, meglio se di nascosto dai genitori. La birra viene assunta più frequentemente anche con il consenso dei genitori, soprattutto in pizzeria. I superalcolici si consumano maggiormente nel week-end prediligendo il pub e la discoteca. Sebbene la metà  dei giovani che assume alcol ha dichiarato di essersi ubriacato almeno una volta, il 20-30 per cento del campione ritiene dannoso il consumo. In questa convinzione i maschi sembrano più saggi. Per circa il 60 per cento del campione, invece, il consumo non produce danni, se assunto in quantità  moderata. A pensarla così, in questo caso, sono di più le ragazze. Al 21 per cento dei maggiorenni, poi, soprattutto maschi, è capitato di guidare l'auto in stato di ebbrezza.
(fonte Agenzia redattore sociale)

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017