Donna, perché piangi? Chi cerchi?

La novità della risurrezione esige uno sguardo libero e attento all’azione di Dio nell’oggi della storia, la nostra e quella del mondo.
22 Febbraio 2008 | di

Le domande di Dio non vengono mai a caso, toccano le profondità dell’animo umano e le scuotono, per portare nuova linfa alla vita. Fin dall’inizio, quando il Creatore è già in cerca della creatura. «Adamo, dove sei?», come leggiamo nella Genesi, non è l’inizio di un interrogatorio per mettere l’uomo con le spalle al muro, ma l’avvio di un’avventura d’amore che attraversa tutte le pagine della Scrittura. Dio è in cerca dell’uomo, da sempre, come il pastore che lascia le novantanove pecore per cercarne una, quella smarrita, più pigra o più sfortunata. Nessun giudizio o rimprovero nei suoi confronti, ma soltanto infinita cura e una pazienza disarmante, che è poi la pazienza di chi ama. Chi è genitore o esercita in qualche modo la paternità o la maternità verso altri sa bene di che cosa sto parlando, sa bene quanto amore venga «sprecato» per cercare di crescere figli onesti, generosi, non arrabbiati con la vita, non isolati nel perimetro del proprio io, non insensibili alle sofferenze del mondo… Mentre tutto e tutti indicano scorciatoie e promettono successi facili, soltanto chi vuol bene veramente indica la via stretta, anche quando passa per «cattivo».


Nel capitolo 20 del Vangelo di Giovanni è centrale la ricerca del Risorto da parte di Maria di Magdala. La mattina di Pasqua, la coraggiosa e leale seguace del predicatore di Nazaret si reca alla tomba: vuole vedere, toccare, rendersi conto. L’amore non si rassegna alla morte. L’amore insegue le ultime tracce di una vita spezzata e spenta, ma che dentro fa ancora palpitare. Il ricordo di Gesù è vivido, la sua assenza struggente. Maria è la prima a recarsi al sepolcro e a constatare che la pietra è stata rimossa, mentre il corpo è scomparso, «portato via», come riferirà ai discepoli. C’è profonda amarezza nel suo rendiconto. «La tristezza di Maria per la perdita del Signore, anche solo del suo corpo morto – scrive monsignor Vincenzo Paglia –, è uno schiaffo alla nostra freddezza e alla nostra dimenticanza di Gesù anche da vivo». È comunque partendo dai grandi sentimenti del suo cuore che questa discepola potrà vivere un incontro inaspettato con il Signore, anche se tutto sembra procedere a rilento, come spesso nei ritmi della vita. «Donna, perché piangi?», le chiedono gli angeli presso il sepolcro, e un misterioso giardiniere le ripete la stessa domanda aggiungendo: «Chi cerchi?». Troppo presa dal suo dolore, Maria abbozza una risposta, che è un’umanissima domanda di aiuto per poter ritrovare almeno il cadavere dell’amico. Solo quando Gesù pronuncia il suo nome avviene il riconoscimento, si placa la tensione della ricerca e si accende il movimento della missione: «Andò subito ad annunziare ai discepoli».


Chi cerchiamo, dunque, in questo ultimo tratto di quaresima, nei giorni della settimana santa che si profilano, nell’imminente Pasqua di risurrezione? «Era ancora buio», dice Giovanni nel suo Vangelo, quando Maria di Magdala si mise in cammino verso la tomba che troverà vuota. La ricerca parte da lontano, nell’incertezza delle tenebre che ancora non cedono il passo alla luce. E, se vogliamo dirla tutta, parte rassegnata: tutt’al più desiderosa di rinvenire un corpo inanimato. Ma anche questa piccola segreta speranza è destinata a fallire, e allora non restano che le lacrime. Solo quando Maria smette di guardare al passato, di pensare secondo i criteri di prima, può avvenire l’incontro.

Cosa significa questo per noi? Che chi cerca un Gesù rinchiuso nel passato, ingessato dentro esperienze magari belle ma ormai devitalizzate, seppellito dalla coltre opaca dell’abitudine, non avrà la possibilità di vivere alcun incontro salvifico. Solo facendoci attenti all’oggi e mettendo da parte molte attese anche legittime ma troppo piccole e parziali, potremo fare spazio all’inaudita novità della risurrezione.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017