Don Lorenzo Milani. Il maestro di Barbiana

Da Firenze a Calenzano, fino a un paesino nel Mugello: viaggio nei luoghi del prete fiorentino, scomparso 45 anni fa, che fece della scuola una missione di vita.
23 Aprile 2012 | di

Educatore lungimirante, colto provocatore, ma soprattutto prete fedele al Vangelo. A distanza di 45 anni dalla scomparsa di don Lorenzo Milani, il messaggio del sacerdote fiorentino, che ha svolto il suo apostolato al servizio degli ultimi, è ancora forte e attuale.
Lorenzo nacque nel 1923 a Firenze in una famiglia benestante, dove di religione non si parlava quasi mai. Si accostò alla fede quasi adulto e, a 20 anni, entrò nel seminario fiorentino del Cestello, dove emerse una delle sue caratteristiche più note: la dialettica. «Si vedeva che era diverso – ricorda don Renzo Rossi, suo compagno di studi –. Era dotato di grande intelligenza e spiccata capacità di ragionamento. Potevi anche essere in disaccordo con lui, ma aveva un modo irresistibile di argomentare e condurti dove voleva arrivare».
 
Gli esordi a Calenzano
Ordinato prete nel ’47, a 24 anni, don Milani venne nominato cappellano nella parrocchia di San Donato a Calenzano, nella cintura industriale fiorentina. Fu qui che il religioso iniziò a plasmare la sua pastorale. Con l’aiuto di un gruppo di contadini e operai che frequentava la parrocchia, fondò una «scuola popolare» aperta a tutti, dove s’imparava a leggere, a scrivere e a esprimersi. Competenze indispensabili, secondo don Lorenzo, per diventare cittadini uguali e liberi, senza distinzione di credo o partito. Nonché strumenti utili nel percorso verso la santità: «Da bestie si può diventar uomini e da uomini, santi: ma non da bestie santi», diceva don Milani. Per il prete fiorentino, infatti, la scuola era «sacra come un ottavo sacramento», ricorda Maresco Ballini, uno dei primi allievi di San Donato. «Don Lorenzo ci insegnava a usare bene il tempo donatoci da Dio, a rispettare l’infinita dignità di ogni persona, a prendere la vita sul serio, perché banalizzarla è un’offesa a se stessi, a Dio e ai poveri. Tra i suoi insegnamenti – continua Ballini – emergeva il vivere secondo coscienza, in sintonia con i propri ideali di giustizia, bontà e solidarietà. Nelle sue lezioni, in cui si parlava di tutto, grande rilievo assumeva la volontà di dedicarsi al prossimo. Di fronte alle ingiustizie della società, diceva, bisogna mettersi a servizio degli altri, per contribuire a rendere il mondo migliore». Insegnamenti che don Lorenzo sosteneva in prima persona con l’esempio: sul piano umano, dimostrando una grande coerenza tra il dire e il fare; sul piano religioso, con la preoccupazione di rientrare nella grazia di Dio, dimostrata dalle frequentissime confessioni.

La forza di don Milani sta nell’aver proseguito la sua missione anche in anni segnati da effervescenza ecclesiale (come quelli della Firenze di Giorgio La Pira ed Ernesto Balducci), o da forti contrasti tra Chiesa e istituzioni. Purtroppo, il suo metodo aperto e la sua disponibilità al dialogo verso i non credenti venivano letti in chiave politica. Al punto che nel ’54 la Curia fiorentina, morto l’anziano parroco di cui don Milani era cappellano, decise di relegare il religioso trentunenne nella minuscola parrocchia di Barbiana nel Mugello (Comune di Vicchio, in provincia di Firenze), che comprendeva una chiesa con la canonica e una ventina di case sparse tra il bosco e i campi alle pendici del monte Giovi, per un totale di appena trentanove anime. Non un paese, dunque, ma piuttosto – a detta di don Lorenzo –, un concentrato delle differenze sociali che per secoli hanno generato povertà e ignoranza.
 
Confinato tra i monti
A Barbiana il processo di scolarizzazione tanto sognato da don Milani trovò terreno fertile. Appena arrivato nella nuova parrocchia, egli decise di creare una scuola per i primi sei ragazzi che avevano finito le elementari, dal momento che nel raggio di 25 chilometri non c’erano altri istituti. Tra le quattro mura della canonica diede vita così a una scuola privata di avviamento industriale. Una scuola totale, aperta 365 giorni all’anno, dove, sotto la guida di don Lorenzo nella veste di unico maestro, si studiavano storia, scienze sociali, lingue straniere, ma soprattutto l’italiano. «Perché – diceva il sacerdote – solo la parola rende uguali e fa superare le differenze».

Tra i primi allievi di Barbiana ci fu Michele Gesualdi, a capo della Provincia di Firenze dal 1995 al 2004 e attuale presidente della Fondazione don Lorenzo Milani. «Non conoscevamo altre scuole e quella era la nostra normalità – racconta l’ex studente –. Solo in seguito abbiamo capito che era una scuola diversa dalle altre non unicamente per i ragazzi che la frequentavano, tutti figli di montanari, ma anche per orari, programma, metodo d’insegnamento e contenuti. Un istituto poverissimo, dove c’era un solo libro di testo su cui, a turno, i ragazzi leggevano la lezione. Una scuola – continua Gesualdi – che indicava un obiettivo alto per cui studiare: cercare il sapere solo per usarlo al servizio del prossimo. Dunque, non selettiva ma esigente, impegnativa e severa. Fatta in parrocchia, ma non per questo confessionale».
 
Insegnare ai poveri ammonire i ricchi
Col suo fare magnetico e gli insegnamenti di grande attualità don Milani non ispirò solo gli allievi di Barbiana, molti dei quali, da grandi, finirono per occuparsi di politica e di cooperazione internazionale. La parola di don Lorenzo, infatti, attecchì anche in chi lo conosceva appena. È il caso di Pietro Ichino, milanese, oggi giuslavorista e senatore, la cui famiglia era entrata in contatto con don Milani, che da ragazzo aveva vissuto nel capoluogo lombardo. «Ricordo ancora come fosse ieri la volta in cui volle segnarmi come con un marchio a fuoco – precisa Pietro Ichino –. Credo fosse il 1960: era venuto a trovarci, eravamo tutti (lui, i miei genitori, le mie sorelle e io) nel bel soggiorno della nostra casa e lui, a bruciapelo, mi disse, facendo un gesto circolare per indicare tutto quel benessere: “Per tutto questo non sei ancora in colpa; ma dai diciotto anni incomincia a essere peccato, se non restituisci tutto”. Credo si decise allora che io non andassi a lavorare nello studio di mio padre, ma al sindacato. Come feci, già un anno prima di laurearmi».

Se i poveri lo hanno capito subito, la Chiesa ha fatto più fatica a leggere gli sforzi di don Milani e il suo modo d’interpretare l’apostolato. C’è da dire, però, che più recentemente anche la Curia fiorentina si è data da fare per rendergli giustizia. L’attuale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, nominato cardinale da Benedetto XVI lo scorso febbraio, in una sua visita a Barbiana ha detto che «in molte cose don Milani camminava avanti, e questo ha causato, in chi lo guardava da lontano, incomprensioni e ritardi. Camminava avanti perché era grande nella fede». Così, anche dopo la sua scomparsa, avvenuta a Firenze il 26 giugno 1967, a 44 anni, a causa di un linfogranuloma, don Lorenzo continua a far parlare di sé. A Barbiana i locali un tempo dedicati alla scuola oggi sono gestiti dalla Fondazione don Milani, impegnata a diffondere il messaggio di povertà e di servizio agli ultimi promosso dal prete toscano. Nelle aule della vecchia canonica ora si snoda un percorso didattico che, al di fuori di ogni logica museale, consente di portare avanti l’esperienza iniziata da don Lorenzo quasi sessant’anni fa. «Sono stati ricostruiti ambienti, strumenti didattici, metodi di insegnamento – spiega Michele Gesualdi –. Quei muri sono tornati a parlare e ora trasmettono idee capaci di formare uomini liberi».
Ogni giorno Barbiana accoglie scolaresche in gita, gruppi parrocchiali, sindacali e scout: le loro visite non sono semplici pellegrinaggi, ma vere lezioni di vita.
 
 

ZOOM

Il Sentiero della Costituzione

 
A Barbiana la Costituzione era molto studiata. Per don Milani la raccolta di leggi fondamentali dello Stato italiano rappresentava la base della coscienza civile, oltre che uno strumento in grado di colmare le disuguaglianze sociali. In ricordo degli insegnamenti del prete fiorentino, la Fondazione don Lorenzo Milani ha inaugurato, nell’aprile 2011, il Sentiero della Costituzione. Già visitato da 10 mila persone in un anno, il percorso – lo stesso intrapreso nel ’54 da un giovane don Lorenzo appena assegnato alla parrocchia di Barbiana – si inerpica tra i monti e, arricchito da 50 cartelloni che riportano gli articoli della Costituzione, conduce alla canonica dove il prete fondò la sua scuola.
 
 
I LIBRI

Lorenzo Milani, ESPERIENZE PASTORALI Libreria Editrice Fiorentina, pagine 477, € 18,00
 
Lorenzo Milani, LETTERE DI DON LORENZO MILANI PRIORE DI BARBIANA San Paolo, pagine 370, € 16,00
 
Scuola di Barbiana, LETTERA A UNA PROFESSORESSA. Quarant’anni dopo Libreria Editrice Fiorentina, pagine 296, € 14,00
 
 
PIETRO ICHINO

Ispirato dal prete maestro

 
Msa. In quale occasione ha conosciuto don Milani?
Ichino. Prima di entrare in seminario, negli anni ‘30, Lorenzo Milani era stato molto legato a Carla Sborgi, una cugina di mia madre. Due decenni dopo, mamma lesse il libro Esperienze pastorali e ne rimase colpita al punto da acquistarne molte copie per i suoi amici. L’editore informò l’autore e, così, il rapporto tra don Milani e la mia famiglia si ristabilì. I miei genitori gli offrirono tutto l’appoggio possibile. E nel 1958 lui chiese ospitalità per una decina di ragazzi di Barbiana che intendeva portare a Milano. Sul pavimento di casa nostra furono sistemati molti materassi. Quando poi gli ospiti andarono a visitare la fabbrica della Pirelli-Bicocca, io – che all’epoca avevo nove anni – mi aggregai al gruppo.

Come proseguì il rapporto tra don Milani e la sua famiglia?
C’era uno scambio frequente di lettere. I miei genitori erano molto impegnati a soddisfare tutte le richieste – di libri, ma anche di altre attrezzature utili per la scuola – che don Lorenzo inviava frequentemente. Quando poi veniva a Milano, non mancava di farci visita, con o senza i suoi ragazzi al seguito.

Chi erano i ragazzi di Barbiana?
Li ricordo molto aperti, simpatici, pieni di senso dell’umorismo. Insieme si rideva spesso: anche delle differenze nel nostro modo di vestire, di parlare, di stare a tavola. Ma, a dire il vero, con nessuno di quei ragazzi ho mai intessuto un’amicizia particolarmente intensa. Era sempre don Lorenzo la persona su cui si concentrava tutta la mia attenzione. Ne ero profondamente affascinato.

Non a caso, è stato proprio l’insegnamento di don Milani a spingerla verso l’attività sindacale e il diritto…
Non ho mai cercato i privilegi, ma i privilegi hanno cercato me. Non ho ancora finito di restituire (quanto la vita mi ha offerto, ndr), e probabilmente non ci riuscirò mai. Ancora oggi, qualche volta mi chiedo perché non riesco mai a dire di no a chi mi chiede un incontro, una lezione, uno scritto, e perché non mi concedo quasi mai una giornata di vacanza. Nel 1979 non mossi un dito per esser mandato in Parlamento, ma era scritto che dovessi andarci io, perché sapevo qualche parola più dei miei compagni di partito. E poi la cattedra all’Università, lo spazio sui giornali, di nuovo l’elezione al Senato nel 2008, anche questa mai cercata in alcun modo.

A Barbiana era il «maestro assoluto», ma lontano dalla sua scuola che tipo di persona era don Milani?
Faceva sempre scuola, quando veniva a Milano coi suoi ragazzi: girando per le strade, visitando i luoghi cruciali del passato e della vita della città. Le materie erano principalmente due: la storia e la politica sociale.

Delle sue visite a Barbiana, nel Mugello, che cosa ricorda?
Barbiana era un luogo impressionante per la distanza che lo separava dal mondo «civilizzato». Arrivarci era un’impresa: la strada allora era sterrata e piena di buche; e l’energia elettrica era arrivata da poco. Ma, al tempo stesso, era un luogo impressionante per il fervore di vita civile che don Lorenzo era riuscito a farvi nascere. La casa dove faceva scuola era piena di strumenti destinati all’apprendimento dei ragazzi: dai libri all’astrolabio, fino al grammofono, al proiettore e ai tabelloni appesi al muro.

Don Milani era convinto che l’esperienza di Barbiana non fosse esportabile fuori da quel contesto.
Lo pensa anche lei?
Sarebbe stata esportabile soltanto con un altro don Lorenzo a disposizione. Senza di lui non sarebbe stata neppure pensabile. La scuola era lui.


Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017