Discernimento... per principianti

Il discernimento spirituale è insieme metodo e obiettivo della vita cristiana. Per riconoscere l’opera di Dio nella vita di ciascuno. E per divenire, sempre più, credenti maturi, responsabili e, soprattutto, liberi.
28 Giugno 2019 | di

Come posso reagire a questa delusione? In che modo è giusto risponda all’ingiustizia che ho subìto? In quale direzione devo orientare il mio percorso professionale? Chi di noi non si è mai posto, almeno una volta, qualcuna di queste domande... Perché la vita è in ogni istante scelta da compiere, pena l’immobilismo e conseguente esistenza sprecata.

Se dunque le scelte sono inevitabili, fondamentale è porsi nelle condizioni di optare ogni volta per il meglio, operando decisioni consapevoli, mature e ponderate, valutandone i pro e i contro e le relative conseguenze. Questo percorso va in genere sotto il nome di «discernimento» (da discernere, a sua volta composto da dis- cioè separare, e cernere, cioè scegliere; quindi: «scegliere separando»), un termine caro alla tradizione cristiana, da sempre attenta a leggere e a interpretare la volontà di Dio nella storia umana e in quella personale.

Il tema del discernimento riguarda davvero chiunque voglia percorrere i suoi giorni in questa terra con consapevolezza e in modo fecondo.

In queste pagine, però, ci vogliamo soffermare su un tipo particolare di discernimento, quello spirituale, che papa Francesco lo scorso ottobre, nel discorso di apertura del Sinodo dei giovani (che proprio al discernimento era dedicato), ha così definito: «Il discernimento non è uno slogan pubblicitario, non è una tecnica organizzativa, e neppure una moda di questo pontificato, ma un atteggiamento interiore che si radica in un atto di fede. Il discernimento è il metodo e al tempo stesso l’obiettivo che ci proponiamo: esso si fonda sulla convinzione che Dio è all’opera nella storia del mondo, negli eventi della vita, nelle persone che incontro e che mi parlano. Dobbiamo metterci in ascolto di ciò che lo Spirito ci suggerisce, con modalità e in direzioni spesso imprevedibili. Il discernimento ha bisogno di spazi e di tempi».

C’è tutta la sapienza ignaziana in queste poche righe pronunciate dal Pontefice: papa Bergoglio, gesuita, è infatti cresciuto alla scuola di spiritualità di Ignazio di Loyola, il santo che forse più di ogni altro si è dedicato a trasmettere ai credenti il senso profondo di questo percorso, suggerendo anche un metodo che, ancora oggi a distanza di quasi cinque secoli, rimane attualissimo .


Ascoltare, distinguere, scegliere

In questo processo inevitabile di scelta, ci sono alcune «tappe fisse» dalle quali non si può prescindere e che potremmo sintetizzare con tre verbi: ascoltare, distinguere e scegliere.

«L’essere umano – ha ricordato Enzo Bianchi, fondatore della comunità monastica di Bose, nel corso di una delle numerose conversazioni pubbliche che ha dedicato a questo tema – porta in sé l’immagine del Creatore e proprio perché immagine e somiglianza di Dio l’umano sente sempre in se stesso, nel suo profondo, una voce che si fa desiderio, ispirazione, pulsione, istinto per il suo comportamento. È la voce di Dio. Una voce generata dallo Spirito, presente in ogni figlio di Adamo, che chiama al bene, al desiderio di essere amato e di amare, alla relazione, a una vita piena». Accanto a questo sussurro, però, nelle nostre profondità compare sempre anche un’altra voce, anch’essa potente, che è espressione del desiderio di sopravvivere a ogni costo. «È la voce dell’egoismo, dell’amore di noi stessi – insiste Enzo Bianchi –, che diventa anche voce del male, del peccato, voce che non accetta o addirittura rifiuta la relazione e la comunione. Questa voce della filiautia (amore eccessivo verso se stessi, ndr) è come una bestia pronta a scattare. Ecco il male, nella sua banalità, che sta dentro di noi e che può arrivare alla violenza, alla calunnia, all’omicidio... Quando il nostro cuore diventa preda della cattiveria non ha antidoto e non sente più la forza del bene, dello Spirito».

Per distinguere i due impulsi è quindi necessario un ascolto interiore attento e continuo, che attinga, però, anche ad altri strumenti, come la lettura e il confronto, pure orante, con la Parola.

Giovanni Grandi, docente di Filosofia morale all’Università di Padova, in una recente intervista a Tv2000 ben sottolinea questo passaggio: «Il discernimento non è una sorta di algoritmo che ci consente, inserendo dei dati, di avere delle risposte. Possiamo però imparare ad ascoltarci e ad ascoltare la singolarità delle vite. Ascoltare anche i testi,  le altre persone, le provocazioni che ci giungono. E poi capire come tutto ciò riecheggia dentro di noi». È questa, forse, la parte più complessa ma affascinante  del discernimento: comprendere che ci sono bagagli di esperienze che rimangono in noi e aspetti che nella nostra storia ritornano periodicamente, come pietre miliari da interrogare e dalle quali capire meglio in quale direzione muoverci.

Purtroppo, gli stili di vita dell’essere umano contemporaneo non facilitano questo percorso che rifugge invece da qualsiasi tipo di fretta e facile semplificazione. «Oggi la nostra esistenza è molto più legata all’istante, invece il discernimento ha bisogno di tempo, di memoria – ribadisce Grandi –. Per tale motivo possiamo utilizzare degli strumenti che ci aiutano a rallentare e a fare memoria, come la scrittura personale. La dimensione storica di ogni essere umano è fondamentale: gli episodi significativi del nostro vissuto vanno raccolti e considerati insieme, per capire che cosa ci è rimasto davvero dentro. Solo così possiamo orientarci e trovare la direzione di fondo della nostra vita».

Nonostante tutto, però, distinguere i differenti impulsi in noi può risultare difficoltoso. C’è comunque un «segnale» che può venirci in aiuto, indicandoci che non siamo sulla strada giusta: quando la voce del bene non viene accolta, infatti, in genere «appare la tristezza, il non senso, la disperazione» come avverte Enzo Bianchi «dinanzi alla quale è bene fermarsi e tornare ancora dentro se stessi», sostando, ascoltando e chiedendo magari aiuto a una «guida spirituale», figura che nella tradizione cristiana è fondamentale nell’opera di discernimento.

La «direzione spirituale» può essere effettuata da sacerdoti, religiose e religiosi e in genere da tutte quelle persone che siano in possesso di una particolare maturità umana e di fede, di equilibrio, di fermezza e di pazienza e che abbiano rettitudine di vita e capacità di guida. Persone che abbiano il «dono della scienza», per poter attingere anche alla sapienza della Chiesa e non solo alla propria limitata esperienza personale.  Santa Teresa d’Avila scriveva a riguardo: «Ho sempre amato di avere confessori istruiti, perché dai semidotti, a cui, per mancanza di altri, dovetti ricorrere, ebbi sempre del danno».

Ultimo e fondamentale pas­saggio: scegliere. Perché il rischio di non procedere nel proprio cammino per paura di sbagliare è sempre in agguato e può farci precipitare in una situazione di stallo. A questo scopo è utile ricordare che il discernimento implica una decisione che interessa ciò che bisogna compiere nell’immediato. Come ben ha scritto Charles J. Jackson, direttore dell’ufficio per le vocazioni della provincia dei gesuiti della California: «Dio non interpella la persona che uno sarà o che spera di diventare, ma quella che essa è già ora. E nemmeno invita a considerare ciò che il futuro potrà riservarle. L’invito consiste nel mettersi in cammino e lasciare che Dio continui a orientare e a guidare, passo dopo passo. Perché la chiave definitiva del discernimento è l’apertura a Dio e la volontà di attuare tale apertura nella complessità della vita di tutti i giorni».

Il discernimento spirituale è, quindi, davvero per tutti: è «sapienza pratica» che coinvolge anche le persone comuni. Anzi, spesso sono proprio i «semplici» che più di altri hanno la capacità di riconoscere «il momento di grazia» in cui Dio sta operando. Conclude Enzo Bianchi: «Il discernimento è dono ed esercizio che ci compete. È necessario per vivere una fede pensata, che sa giungere a un’obbedienza matura, intelligente e fatta con il cuore, in cui emerga la soggettività. Noi esseri umani siamo gregari, preferiamo che ci venga data una ricetta attorno alla quale arrabattarci senza prenderci responsabilità, senza usare le nostre facoltà intellettuali. Il discernimento, invece, ci richiama alla nostra responsabilità e libertà di credenti, perché, come ci ricorda san Paolo, la libertà è condizione imprescindibile per l’azione dello Spirito Santo: solo dove c’è libertà lo Spirito agisce e solo dove c’è lo Spirito che agisce c’è libertà».

 

Puoi leggere questo articolo sul "Messaggero di sant'Antonio" del mese di giugno cartaceo e sulla versione digitale della rivista

Data di aggiornamento: 28 Giugno 2019
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