Dio non si merita, si accoglie

Nel secondo atto della parabola del fariseo e del pubblicano, osserviamo il comportamento di quest’ultimo. Egli, come un’anfora vuota, si pone sotto la fonte, si unisce al mistero della Sorgente, riceve Dio e ottiene il dono di se stesso.
22 Febbraio 2008

«Il pubblicano, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, si batteva il petto dicendo: “Signore abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza del fariseo» (Luca 18,13-14).
C’è una piccola parola che cambia tutto nella preghiera del pubblicano e la fa vera: «Tu». Parola cardine del mondo: «Signore, tu abbi pietà». E mentre il fariseo costruisce la sua religione attorno a quello che lui fa (io prego, io pago, io digiuno…) il pubblicano la costruisce attorno a quello che Dio fa (tu hai pietà). L’essenza della vita di fede non sono io e le mie opere, ma Dio e la sua opera: la Croce di Cristo che salva, accoglie, guarisce. Pregare è affermare la sua signoria sulle cose, sulla storia, sulla mia vita. Come santa Maria, che nel suo Magnificat per dieci volte ripete: è lui che guarda, è lui che fa meraviglie, è lui che innalza e che abbassa, è lui che svuota e che riempie, è lui che si ricorda. È lui… Pregare è rimettere Dio al centro: il mondo è salvo perché Dio ama, non perché io amo.
Con il secondo elemento della frase «pietà di me peccatore», si crea il contatto: un io e un tu entrano in relazione, qualcosa va e viene tra il fondo del cuore e il fondo del cielo. Sotto queste poche parole risuona come un lungo lamento che dice: «Sono un ladro, è vero, ma così non sto bene; vorrei tanto essere diverso eppure non ci riesco; ma tu aiutami».
Ciò che l’orante vuole ottenere è innanzitutto il dono di se stesso, riceversi come creatura nuova: esce da sé, depone quasi il proprio io (si ferma a distanza, grumo di umanità curvo su se stesso, peccatore consapevole e che vorrebbe scomparire) in una sorta di dimissione da sé che lo rende disponibile a tutto ciò che Dio è, a tutto ciò che vuole essere in lui.

Il cardinal Schuster chiese a Padre Turoldo: «Padre, perché fa queste prediche così veementi? Non potrebbe usare un tono più mite?». E Turoldo: «Eminenza, la mia ambizione è di farne dei peccatori». Vale a dire: vorrei solo dei cristiani consapevoli della loro distanza dal Vangelo, disponibili al cammino che manca. Peccatori non per senso di colpa, ma per senso della strada.

Il fariseo invece altro non fa che informare Dio circa i propri meriti. Dio è lo specchio in cui egli, come un perenne Narciso, si ammira. Ma Narciso è più lontano da Dio di Caino. Caino espia (Dio addirittura protegge la sua vita) e forse arriverà a pentirsi, ma Narciso non si pentirà mai. È inconvertibile perché adora il proprio cuore, e non sa quindi entrare in relazione con nessuno. Vede solo se stesso, e chi guarda solo a se stesso non si illumina mai.
Invece io, pubblicano, vado alla preghiera come un’anfora vuota, prosciugata dal giorno, dalla fatica, dal lavoro. Vado sotto la sorgente che è Dio, sotto lo zampillo della fontana che è il Signore, e lo accolgo perché riempia questo vaso disseccato, questa cisterna screpolata. Siamo otri che si svuotano così facilmente… E Dio viene, viene la sua vita che è perdono, luce, forza, gioia, pace: «Dandoci se stesso Dio ci dà tutto» (Caterina da Siena). La preghiera, nella sua essenza, è chiedere Dio a Dio.
Il pubblicano, come un’anfora vuota, si pone sotto la fonte, si unisce al mistero della Sorgente, riceve Dio e ottiene il dono di se stesso. Il fariseo, come un vaso pieno, non può accogliere più nulla, su di lui scivola via anche Dio stesso.

«Tornò a casa sua giustificato». Il pubblicano è perdonato non perché migliore o più umile del fariseo (Dio non si merita, neppure con l’umiltà), ma perché si apre – come una porta che si socchiude al sole, come una vela che si inarca al vento – a un Dio più grande del suo peccato, a un Dio che non si merita, ma si accoglie, vento che fa ripartire. Si apre alla misericordia, a questa straordinaria debolezza di Dio che è la sua unica onnipotenza.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017