Diaconato permanente, risposta alla crisi delle vocazioni?

Sono più di 25 mila nel mondo (quasi tutti in Europa e nelle Americhe), circa 3 mila in Italia: chi sono e che cosa fanno. Una testimonianza.
26 Giugno 2003 | di

I diaconi permanenti costituiscono un piccolo esercito spirituale all'interno della Chiesa cattolica: in tante situazioni pastorali, spesso difficili per la carenza di sacerdoti e la gravosità  delle urgenze sociali, la loro presenza si rivela quanto mai preziosa nella vita liturgica quotidiana, nel cammino di formazione e nell'impegno caritativo delle comunità  locali. Il loro carisma è il servizio. La parola stessa lo dice: diacono, infatti, viene dal greco dià konos, che significa servo.
Nel nostro Paese i primi diaconi permanenti furono ordinati nel 1975 a Napoli e, negli anni immediatamente successivi, a Torino e a Reggio Emilia. Proprio in quest'ultima città  ha sede la Comunità  del diaconato in Italia (presieduta da Lorenzo Tagliaferri), che pubblica anche un periodico trimestrale ricco di riflessioni, dati e documenti. Otto diaconi su dieci sono coniugati e il loro titolo di studio prevalente è il diploma di scuola media superiore: normalmente esercitano la loro professione nella vita civile.
I candidati, invece, sono circa 800, chiamati a compiere, dopo un anno propedeutico, un appropriato itinerario triennale di formazione teologica, spirituale e pastorale: se sono celibi o vedovi, sono poi tenuti a osservare il celibato, ma se sono sposati serve il pieno consenso (scritto) della moglie. Per capire la bellezza di questo ministero, bisogna risalire all'esperienza della Chiesa dei primi secoli. Un'esperienza poi interrotta ma che, dopo lungo tempo, il concilio Vaticano II ha voluto riprendere, restaurando il diaconato (uno dei gradi dell'Ordine sacro) come ministero permanente.
Ma quali sono, di preciso, i compiti dei diaconi permanenti? L'aspetto più bello del mio ministero - ci racconta Stefano Belardini, 46 anni, della diocesi di Velletri-Segni, in provincia di Roma - è quando vado a far visita agli ammalati della mia parrocchia, portando loro il Corpo di Cristo e una parola di conforto e di solidarietà . Malati e anziani sono le persone che più di altre hanno un grande bisogno di essere ascoltate, di essere comprese, di essere prese in considerazione. Inoltre, assisto il parroco nella liturgia ordinaria, nei battesimi e nei funerali. Mi occupo di rafforzare la fede (per quello che mi è possibile) in un gruppo di fedeli di varie età . Inoltre, in famiglia, io e mia moglie Fiorella, con cui sono sposato da vent'anni, seguiamo con gioia l'educazione dei nostri quattro figli insegnando e testimoniando loro i valori cristiani.
Ma perché un uomo sposato, con figli, professionista, si dovrebbe dedicare a questo ministero? È una vocazione, una chiamata - ci spiega ancora Belardini, ordinato diacono il 16 dicembre del 2000 - sette anni prima, sentivo crescere in me l'innamoramento per il Signore, grazie anche al mio parroco, don Paolo, alla comunità  carismatica Gesù Risorto e grazie anche a mia moglie, che ha fatto la mia stessa esperienza. Qualche anno dopo, accolsi nel mio cuore una chiamata personale a essere luce nel mondo come Gesù: una vita evangelica non più nascosta e privata, ma condotta alla luce del sole, senza paure e senza dubbi. Sentivo il bisogno di rimboccarmi le maniche e aiutare gli altri nel nome di Gesù, di ascoltare le tante persone in difficoltà , di dare risposte a domande che razionalmente non hanno risposta e che io coglievo nello stato di grazia in cui mi trovavo, avere la certezza, cioè, che Gesù è veramente risorto per ognuno di noi non poteva essere una convinzione e una gioia solo mia o della mia famiglia. Ne parlai con Fiorella, che appoggiò questa mia vocazione: il suo incoraggiamento fu decisivo.

Un appello a tutti i cristiani

Ma il diaconato permanente può essere considerato come una risposta alla crisi delle vocazioni nella Chiesa cattolica? Sì, è una risposta - ci risponde convinto don Gianni Trabacchin, delegato della diocesi di Vicenza per il diaconato permanente - ma non dal punto di vista numerico: i diaconi permanenti non possono colmare tutti i vuoti o venire incontro a tutte le esigenze. In realtà , la vera risposta è alla crisi d'identità  e di tensione missionaria che spesso si agita all'interno delle comunità  cristiane. Il ministero diaconale, come dono dello Spirito, è un forte appello a tutti i cristiani, ordinati e non, affinché ripensino la propria fede alla luce del Vangelo e si dedichino al servizio della comunità . La risposta, dunque, si traduce in proposta. Per questo, se dovessi fare un augurio ai diaconi permanenti - conclude don Trabacchin - sarebbe quello di porsi come una presenza discreta e qualificata, di puro servizio, all'insegna della franchezza e della disponibilità : testimoni di una vita di fede che si lascia purificare ogni giorno da ogni tentazione di potere e di prestigio.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017