Dare un tetto allo sviluppo

A volte la costruzione di una semplice sala per gli incontri della comunità può cambiare la vita di un intero villaggio. Come dimostra questo piccolo progetto in India.
20 Agosto 2007 | di

Ci sono comunità nel Sud del mondo in cui le condizioni per avviare lo sviluppo sono già tutte presenti: una parrocchia giovane, ricca di nuove energie, un parroco che ha preso a cuore le condizioni di vita della sua gente, parrocchiani pronti a fare la loro parte. Che cosa manca? La scintilla capace di accendere il fuoco, l’ingrediente che amalgama tutti gli altri. Fra Joseph Bandanadam, parroco di Somaram – nella diocesi di Nalgonda, in Andra Pradesh, India – sa benissimo quale scintilla manca nella sua parrocchia: «Sono nove anni che organizzo programmi di sviluppo per la mia comunità – scrive nella lettera a Caritas Antoniana –. La gente partecipa, ha voglia d’imparare, di mettersi in gioco. Poi, al momento dei corsi, inizia a piovere, fa troppo caldo o troppo freddo e noi non abbiamo un posto per riunirci». Risultato? Gli incontri si diradano, i tempi si dilatano, c’è il rischio della disaffezione. Mesi di fatica per ottenere risultati modesti, quando la soluzione ci sarebbe: «Un salone multiuso aperto alla comunità per le attività di formazione. E ne abbiamo davvero urgente bisogno. Qui la gente vive in estrema povertà».

Fra Joseph è preoccupato e ne ha tutte le ragioni. I suoi parrocchiani appartengono alle classi sociali più basse – quelle abolite sulla carta dallo stato indiano ma ancora molto radicate nella cultura – che per tradizione locale non hanno alcuna speranza di miglioramento. Sono contadini senza terra, superindebitati per sopravvivere, semi schiavi al soldo dei proprietari terrieri. «Sono talmente miseri da non aver alcun diritto, neppure quello di prendere acqua dallo stesso pozzo delle classi più alte o di entrare nei templi». Fra Joseph invece ha spalancato loro le porte della chiesa, spiegando che agli occhi di Dio siamo tutti figli con pari dignità, e che la loro condizione non sarà così per sempre. Così hanno cominciato a sperare, scrollandosi di dosso una rassegnazione millenaria. Si sono riuniti in gruppi, vogliono discutere dei problemi e cercare insieme soluzioni.

Fra Joseph sa che non può deluderli. E allora che fare? Chiedere un miracolo a sant’Antonio: «Una sala per gli incontri comunitari, per i corsi, per il catechismo». Settemila euro per accendere una scintilla.

I soldi arrivano, la sala è costruita in pochi mesi, su un terrapieno in mezzo alla boscaglia. Così, dipinta di bianco e rosa, sembra un miraggio. Scrive fra Joseph con la penna che trasuda commozione: «Non avrei mai immaginato nella mia vita di incontrare qualcuno che, senza volere nulla in cambio, ci aiutasse così tanto». Una riconoscenza condivisa da tutti i parrocchiani, come dimostra la lettera che Bala Swamy, il più anziano del villaggio, indirizza a padre Valentino Maragno, direttore della Caritas Antoniana: «Il vostro aiuto fa la differenza, per il nostro villaggio. Essere uniti dà forza a un popolo e voi ci avete dato la possibilità d’incontrarci. Sarete sempre nelle nostre preghiere». 


sale comunitarie

La costruzione di sale per la comunità è un tipo di progetto particolarmente sostenuto da parte di Caritas Antoniana, proprio per il valore che la vita comunitaria ha nello sviluppo umano e sociale dei villaggi rurali o dei quartieri poveri delle grandi città. Negli ultimi tre anni di attività ne sono state finanziate sedici, soprattutto in Africa e Asia.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017