Dall’orfanotrofio alla famiglia solidale

Il Villaggio sant’Antonio, ex orfanotrofio istituito dai frati, è una struttura all’avanguardia che segue ragazzi in difficoltà e giovani disabili. Ecco perché la nuova legge di chiusura degli orfanotrofi non riguarderà il suo operato.
23 Novembre 2006 | di

Gli ultimissimi istituti per minori, eredi dei vecchi orfanotrofi, chiuderanno i battenti, per legge, il prossimo 31 dicembre 2006, sostituiti da forme di accompagnamento e assistenza più vicine all’ambiente familiare (case-famiglia, piccole comunità residenziali) o, quando possibile, dall’affido familiare, ossia dall’inserimento del bambino in una famiglia in attesa di un eventuale ritorno in quella d’origine. Gli «orfani» di oggi sono solo in minoranza bambini senza genitori: i più sono piccoli con gravi problemi familiari alle spalle, per esempio bambini vittime di violenza o con genitori che vivono situazioni di disagio psichico o economico.
L’orfanotrofio fa anche parte della storia della solidarietà dei frati del Santo, che hanno fondato, nei primi anni ’50 in pieno dopoguerra, a Noventa Padovana – alle porte di Padova – il Villaggio sant’Antonio. La grande struttura ormai non è più orfanotrofio da trent’anni, ma si è aperta a forme di accoglienza dei ragazzi più adeguate ai tempi, anticipando la legge di chiusura degli orfanotrofi.
Eppure anche il vecchio orfanotrofio era all’avanguardia rispetto alle istituzioni analoghe di quei tempi. «Era già una comunità residenziale affiatata e attenta allo sviluppo del bambino – racconta fra Giancarlo Capitanio, direttore del Villaggio sant’Antonio –. I frati e le suore che vi operavano, certo con i metodi educativi di allora, più rigidi rispetto a quelli odierni, erano punti di riferimento affettivi. L’orfanotrofio accompagnava i ragazzi fino al lavoro e all’inserimento nella società».
Un legame che continua nel tempo, tanto che molti degli ex «orfanelli» – così venivano chiamati affettuosamente gli ospiti del Villaggio – ritornano oggi come volontari, per offrire e condividere ciò che hanno realizzato nella società: «Lo spirito che ci ha sempre animato – continua fra Giancarlo – viene dall’esempio di sant’Antonio e san Francesco. Condividere la vita di chi è in difficoltà non con l’atteggiamento di chi ha risposte o si sente superiore, ma di chi riconosce nei bisogni degli altri i propri bisogni. Per noi oggi stare con questi ragazzi è fare un pezzo di strada insieme».
A dar corpo e cuore alla cura degli «orfanelli» si è stretta l’intera famiglia antoniana, cioè tutti i benefattori e i devoti del Santo che vedevano in quei ragazzi dei figli di cui prendersi cura. Un affetto che ha presto coinvolto un’altra istituzione dei frati, la Caritas Antoniana, che in oltre trent’anni di lavoro ha raggiunto e aiutato nel mondo migliaia di orfani e di bambini in difficoltà.
Ma è stato proprio questo «affetto speciale» della comunità antoniana verso i bambini a far superare, già in pochi anni, l’idea angusta dell’orfanotrofio. Grazie anche ai cambiamenti sociali, sono state sperimentate forme più efficaci per la crescita integrale del bambino e adatte a fronteggiare le nuove povertà.
E così, già più di venticinque anni fa, il Villaggio sant’Antonio introduceva nuove forme di aiuto, aprendo le porte non solo agli orfani, ma a tutti i ragazzi in difficoltà e ai giovani disabili. Fino a diventare un centro pulsante di attività educative, ludiche, formative, che oggi accoglie e segue più di 80 disabili e 50 minori. «Le difficoltà delle famiglie nell’educare i ragazzi – continua fra Giancarlo – oggi sono molte: la società è sempre più complessa e ha valori mutevoli; i ritmi di vita e di lavoro sono frenetici e non aiutano il dialogo e la relazione. C’è poi la difficoltà di chi ha un figlio gravemente disabile e sente a volte che le forze gli vengono meno».


Dal Villaggio alla Caritas Antoniana
Oggi il Villaggio respira «con due polmoni»: l’area disabili e l’area minori. La spinta ideale è la stessa – «stare con i più piccoli» – ma cambiano i modi. «L’accompagnamento – spiega fra Giancarlo – non può essere mai improvvisato ma deve essere fatto con professionalità: ogni area è organizzata attorno a frati e suore responsabili, ha la sua équipe psicopedagogica, si avvale della collaborazione di personale qualificato e di volontari appositamente preparati».
Solo alcuni ragazzi alloggiano nelle strutture, i più vengono al centro durante il giorno e il lavoro è sempre fatto insieme alle famiglie.
La filosofia del Villaggio sant’Antonio ha ispirato nel tempo anche quella del «villaggio antoniano globale», rappresentato dalla Caritas Antoniana. Evitare di rinchiudere i bambini in anonimi istituti è anche uno dei principi di azione della Caritas Antoniana, che oggi ha in corso più di 150 progetti in 37 Paesi del mondo, in prevalenza a favore dei bambini e degli adolescenti. «Finanziamo strutture per orfani – puntualizza padre Valentino Maragno, direttore di Caritas Antoniana – soprattutto se riproducono l’ambiente familiare e cercano di collegare il bambino almeno a un membro della sua famiglia allargata. Si tratta per lo più di piccole case-famiglia, guidate da un operatore che convive con loro, spesso una suora o una mamma, e che ha la funzione di genitore. I bambini frequentano le scuole pubbliche e spesso le nostre strutture sono aperte ai bambini di tutta la comunità».
In questi anni la Caritas Antoniana ha attivato progetti soprattutto in favore di orfani resi tali da nuove povertà: i bambini di strada o quelli i cui genitori sono morti di aids o ancora quelli abbandonati perché portatori di handicap gravissimi. Un mare di sofferenza che richiede sempre nuove specializzazioni e capacità di affrontare problemi complessi.
Gli orfanotrofi passano, le leggi cambiano, ma riman-gono i bisogni e la vera solidarietà si adegua. I frati continuano a creare strut-ture e metodi innovativi, quasi precorrendo i tempi e le leggi, e le loro opere sono da anni laboratori di nuova umanità. Non hanno fatto tutto da soli ma grazie all’aiuto di molti. E ora sono all’avanguardia nei servizi per i minori. Il segreto? Essersi messi in ascolto dei nuovi «orfani» sia nel mondo ricco sia in quello povero, provando a immaginare per loro un futuro diverso.     

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017