Dall'alcolismo si può uscire

Dati recenti rilevano un aumento dell’abuso di alcol soprattutto tra giovani e donne. Ma dall’alcolismo si esce, come dimostra l’esperienza di un gruppo di operatori e di frati della Comunità san Francesco, di Monselice in provincia di Padova.
05 Settembre 2001 | di

Un caschetto scuro le incornicia il volto ancora fresco e gli occhi piccoli ma vivacissimi. Isabella ha 43 anni e un`€™esperienza dolorosa alle spalle. Un`€™esperienza il cui ricordo è ancora vivo e fa terribilmente male, come dimostra la smorfia che le attraversa rapida il volto, mentre parla e rivive gli anni «persi» nell`€™alcol. Isabella ha paura di ciò che è stato e che potrebbe ancora tornare: una storia di alcol e psicofarmaci, di solitudine, di «angoscia e vuoto interiore» come racconta. «Forse sono sempre stata un`€™alcolista senza rendermene conto `€“ dice. Ricordo quando bevevo, per far tacere l`€™ansia che mi rodeva lo stomaco. Da principio solo un po`€™, poi sempre di più, finché tutta la mia vita è annegata nell`€™alcol. Ho avuto una prima grossa crisi e poi, in seguito a un momento difficile affrontato in solitudine, una seconda. E questo, nonostante nella mia famiglia nessuno bevesse, nonostante avessi tutti gli strumenti culturali per capire ciò che mi stava accadendo (Isabella è laureata in architettura, ha un passato di impegno politico militante, proviene da una «famiglia-bene») e nonostante fosse già  nato mio figlio Massimo», uno splendido bambino che oggi ha un anno mezzo e che, ancora non lo sa, ma ha restituito alla sua mamma il gusto per la vita.
Isabella ora vive a Monselice, tra le province di Padova e Rovigo. Abita, con altre mamme alcoliste o tossicodipendenti, all`€™interno della Comunità  san Francesco dei frati minori conventuali (che ospita sette bambini e 43 adulti, una ventina dei quali con problemi di alcol) dove è stata inviata dai servizi sociali. Ed Isabella ce l`€™ha messa tutta: da quasi un anno non tocca più un goccio di alcol, né assume pasticche per dormire o ansiolitici.

Le facce dell`€™alcolismo
Quella di Isabella è una storia come tante. Simile per modalità , anche se diversissima perché differenti e uniche sono le persone, a quella del milione e mezzo di italiani che, secondo un`€™indagine dell`€™Eurispes (Fuori dall`€™alcol. Indagine sugli alcolisti in recupero, maggio 2000) abusa ogni giorno dell`€™alcol. In realtà , il numero s`€™innalza di molto se si considerano anche quanti si ubriacano «solo» più volte nello stesso mese: in tal caso si arriverebbe agli oltre tre milioni e mezzo di persone. Gente qualunque, con una famiglia, un lavoro spesso stressante e che si rifugia nella bottiglia per trovare la forza di superare i problemi di ogni giorno.
È lo stesso quadro che ci dipinge Santino Pantè, psicoterapeuta della Comunità  san Francesco. «Fino a qualche decennio fa `€“ spiega `€“ l`€™alcolista era soprattutto maschio e anziano. Oggi è esploso l`€™alcolismo giovanile e anche tra le donne è in aumento. Le donne cominciano a bere nel silenzio delle loro case, soprattutto per combattere la solitudine. I giovani, invece, iniziano a bere in compagnia, spesso già  negli anni dell`€™adolescenza. Così hanno l`€™illusione che l`€™alcol li aiuti a superare la timidezza, li faccia diventare euforici e si convincono che possa semplificare loro la vita».
L`€™aumento dell`€™alcolismo giovanile è contraddetto da altri dati diffusi di recente dall`€™Osservatorio permanente sui giovani, un organismo supportato anche dall`€™Assobirra, l`€™associazione nazionale dei produttori di birra, secondo i quali vi sarebbe una diminuzione dell`€™abuso di bevande alcoliche tra i giovani (quarta indagine nazionale Doxa - Opg: Gli italiani e l`€™alcol: consumi tendenze e atteggiamenti in Italia e nelle Regioni). Di altro avviso l`€™Organizzazione mondiale della sanità  (Oms) che in un dossier diffuso a Stoccolma lo scorso febbraio denuncia che l`€™alcol è la principale causa di morte tra i ragazzi (maschi) europei. Sono infatti 55mila i giovani tra i 15 e i 29 anni che ogni anno muoiono per incidenti automobilistici, avvelenamento, suicidi o omicidi, legati all`€™abuso di sostanze alcoliche.

Come si diventa alcolisti?
«Il più delle volte si comincia a bere senza rendersene conto `€“ racconta ancora Santino Pantè `€“. Il bere quotidiano, spesso in compagnia, fa parte della nostra cultura: in quasi tutte le case ci sono birra, vino e superalcolici. Una bevuta occasionale può far sperimentare che l`€™alcol fa stare bene, perché tira su di morale, fa superare un momento di depressione e questa scoperta spesso coincide con l`€™inizio del percorso dell`€™alcolista. Purtroppo, non ti rendi subito conto di che cosa stia accadendo, perché l`€™alcolismo è un problema subdolo; scopri di esserci caduto dentro solo a distanza di tempo».
Per questo motivo, secondo la filosofia del centro di Monselice, pure il semplice (e all`€™apparenza innocuo) bicchiere quotidiano di vino, espone al rischio. Anche l`€™Oms, che si è posta come obiettivo la diminuzione dei consumi alcolici entro i prossimi anni, si è accorta che ciò è raggiungibile solo attraverso la proposta di astenersi completamente dall`€™alcol. «Non sappiamo quando arriverà  il momento critico di una persona `€“ prosegue Pantè `€“; molto meglio dunque, eliminare dalla propria casa ogni tentazione».

Guarire dall`€™alcolismo
«L`€™alcolismo `€“ spiega lo psicoterapeuta `€“ lascia segni irreparabili nell`€™organismo e nella psiche. Però, nel 70 o 80 per cento dei casi, dall`€™alcolismo, non associato ad altre dipendenze, si può uscire: importante è chiedere aiuto non appena ci si rende conto del problema».
Gli esperti, i medici e gli operatori che lavorano con gli alcolisti concordano nell`€™affermare che il modo più efficace per uscirne è la terapia di gruppo e, se il gruppo da solo all`€™inizio non basta, il ricovero in una comunità . A Monselice, per esempio, ci sono ospiti «residenziali» che vivono all`€™interno della comunità  per almeno sei mesi, oppure «semi-residenziali» che rientrano a casa solo il fine settimana, o esterni che si limitano a seguire gli incontri settimanali di gruppo. Gli incontri di gruppo (si tratta di gruppi di auto-aiuto, coordinati da un operatore) hanno una cadenza bisettimanale per i primi sei mesi e poi, per cinque anni, settimanale.
«La guarigione `€“ afferma Pantè `€“ non è mai veloce. L`€™alcol non è solo un problema di assunzione, ma di stile di vita. Per questo durante i nostri incontri, cui partecipano anche le famiglie degli alcolisti, prendiamo in esame tutta la vita delle persone, le loro scelte, i valori, gli stili di vita, spingendole a domandarsi (e a verificare) che cosa realmente abbiano messo al primo posto: i soldi? il lavoro? la famiglia? il rapporto con le persone? Devono infatti arrivare a comprendere che il concetto di salute non riguarda solo il fisico, ma anche il sistema di relazioni, la psiche, lo spirito. E che il benessere globale della persona è una conquista che si fa giorno per giorno. In ogni istante noi facciamo delle scelte che possono dare salute o mancanza di salute e i cui effetti si vedranno anche a distanza di tempo».

Famiglia al centro
Uno dei punti fermi della terapia seguita nella Comunità  san Francesco, come già  sottolineava Pantè, è il coinvolgimento delle famiglie. «La famiglia è al centro del nostro intervento, perché tutto il nucleo familiare soffre per il disagio di uno dei suoi membri. Noi cerchiamo di aiutare gli alcolisti e le loro famiglie a uscire `€œinsieme`€ da questo problema, sostenendoli, spingendoli a cancellare la vergogna e a rompere l`€™isolamento, per far emergere le difficoltà  e affrontarle. E questo è possibile grazie al confronto con altre famiglie che hanno problemi analoghi».
L`€™alcol è un problema sociale che va affrontato come tale, in sintonia con la famiglia e i servizi pubblici del territorio. All`€™origine del bere c`€™è un disagio: se non lo si cancella, la persona prima o poi ricomincerà  a ubriacarsi. Per questo è importante modificare l`€™ambiente in cui l`€™alcolista vive: maggiore è il numero di persone attorno a lui che stanno bene, maggiore sarà  il suo livello di benessere, minore il bisogno di bere. «Bisogna fare attenzione agli equilibri familiari `€“ avverte Pantè `€“, perché, se è vero che tirare fuori e superare i rancori del passato è importante, è fondamentale farlo un po`€™ alla volta. Un aiuto in tal senso viene dal `€œdialogo incrociato`€ che si sperimenta all`€™interno dei gruppi di auto-aiuto. Un esempio: un alcolista, che è anche genitore, parla di un suo problema; gli risponde un ragazzo che non è suo figlio `€“ il quale è comunque presente nel gruppo `€“, ma che ha a sua volta il genitore alcolista. In questo modo si evitano gli scontri derivanti da un coinvolgimento emotivo troppo alto e il messaggio passa liberamente all`€™interno dei vari nuclei familiari. Naturalmente c`€™è anche un lavoro psicoeducazionale che noi compiamo, cioè spieghiamo alle persone come affrontare i problemi, come funzionano le dinamiche familiari, come gestire le crisi».

Il dubbio: un familiare beve?
Gli alcolisti tendono a nascondere a se stessi e agli altri il loro problema, almeno per il primo periodo. Ci sono però dei segnali dai quali i familiari possono intuire l`€™esistenza di un problema legato all`€™abuso di alcol.
«Ci sono segnali inconfutabili `€“ spiega ancora lo psicoterapeuta. L`€™indicatore più importante è il cambiamento repentino (talvolta anche in positivo) del comportamento, dell`€™umore, del carattere o delle abitudini di una persona, senza che nulla di esterno ed eccezionale sia intervenuto. Talvolta, poi, c`€™è il tentativo della persona di nascondersi, di sfuggire il controllo. In seguito, l`€™alcolista ha la tendenza a trascurarsi, a non avere più confini, tende a essere invadente, a prevaricare, diventa disinibito. Questo avviene, però, in una fase già  avanzata».
Che fare a questo punto? «La cosa migliore `€“ conclude Pantè `€“ è affrontare il problema con un esperto. Ci si può rivolgere a una delle unità  di alcologia, ormai presenti in tutto il territorio italiano presso i Sert (Servizi per le tossicodipendenze), oppure a un «Club degli alcolisti in trattamento» (Cat) o ad altre associazioni analoghe. L`€™esperienza ci ha insegnato che se i familiari di un alcolista iniziano a frequentare dei gruppi di auto-aiuto, a distanza di qualche mese arriva anche chi ha il problema dell`€™alcol. Frequentando i gruppi, infatti, i familiari comprendono che talvolta il problema è generato dalle dinamiche esistenti all`€™interno della famiglia e subito cambiano atteggiamento».
Come abbiamo visto, l`€™alcol è una droga anche se, purtroppo, non viene trattato come tale: la produzione e la vendita sono legali, è largamente pubblicizzato e gli effetti derivanti dal suo cattivo uso sono taciuti. Che fare, allora? Forse, come sostengono a Monselice, le mezze misure in questo caso non funzionano. Bisogna essere drastici: eliminare l`€™alcol da casa, tutto e subito. Perché, come comunemente si dice, «davanti alla tentazione, la migliore tattica di difesa è la fuga».

Per informazioni:
www.comunitasanfrancesco.org
tel. 0429/783144                          
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Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017