Contro l'idolatria del libero mercato. Esaltiamo il valore delle relazioni stabili e forti

Il Convegno ecclesiale di Verona ha per tema: Testimoni di Gesù risorto, speranza del mondo. Ma come diventare testimoni? La risposta è: donando la vita per il servizio ai fratelli.
19 Gennaio 2006 | di

Una volta si diceva: «Prima di agire, pensaci bene». Poi magari non ci pensavi e finivi pure per pentirtene. Ma l'invito a pensarci c'era stato. E il pensiero - il pensiero in sé - era un valore. Anche prima di fare un acquisto. Pensaci: ne hai davvero bisogno? Te lo puoi permettere? Eppure non è così che - ci suggeriscono - si comporta un buon consumatore. Il consumatore è buono se spende, ossia se acquista merci e fa circolare denaro. Il buon consumatore, di fronte alle lusinghe dell'advertising (la pubblicità ) e le strizzatine d'occhio della moda, non ci pensa sopra, no: agisce. Agisce d'istinto. Allo stimolo dello spot televisivo, della vetrina imbandita, fa seguire immediatamente l'azione dell'acquisto, senza alcun pensiero critico nel mezzo.
Di questo ha bisogno non il mercato, ma la sua esasperazione: l'idolatria del mercato. Ecco che cosa è accaduto e sta accadendo. Il Novecento, il «secolo breve» cominciato nel 1914 (Sarajevo, la prima guerra mondiale) e terminato nel 1989 (caduta del Muro di Berlino) è stato un gigantesco campo di battaglia. Una guerra combattuta ora nelle trincee ora tra i banchi dell'Onu ora nelle Borse mondiali. Una guerra tra economia di mercato, capitalismo, democrazia e libertà  da una parte, totalitarismi rossi e neri e socialismo reale dall'altra. Alla fine ha prevalso il primo.
Il libero mercato non si è limitato a regolare i modi di produzione e di scambio delle merci. Ha applicato (imposto?) le sue regole a tutti gli aspetti della nostra esistenza.
Nel mercato, ad esempio, i soldi devono circolare velocemente e le merci vanno smaltite vorticosamente. Quindi non pensare, ma agisci.
Ma c'è di più. Una «regola di mercato» è che nessun contratto dev'essere eterno, per sempre. In effetti, sarebbe una sciocchezza. Ma ciò che nel mercato è bene, lo è anche negli affetti, nella vita di coppia? Oggi ci dicono: libero è chi ha sempre libertà  di scelta e niente è definitivo nella vita. Men che meno un legame affettivo. A questa logica iperliberista, a questa «ideologia di mercato» obbediscono, ad esempio, i provvedimenti legislativi della Spagna di Zapatero dell'estate scorsa: il divorzio lampo - tre mesi e senza il consenso del coniuge - e il matrimonio light , ossia leggero e flessibile e temporaneo, del pacs, aperto a chiunque, coppie omosessuali comprese. Ci sono perfino degli intellettuali, specialmente in Francia, che annunciano la fine del matrimonio monogamico. Il futuro apparterrebbe ai rapporti mutevoli e molteplici, secondo convenienza: il trionfo dell'ideologia di mercato.
Sono tutti veleni che stanno intossicando la società , la quale, però, reagisce con adeguate antitossine. Voci insospettate si alzano proclamando il valore del pensiero, denunciando lo stress cui il consumismo esasperato - senza pensiero - ci costringe, elogiando il valore della fedeltà  e delle relazioni stabili, durevoli, forti. È un confronto non sempre palese, ma di cui tutti siamo protagonisti. Un confronto culturale da vivere con la consapevolezza e la libertà  dei cristiani che sanno riconoscere gli idoli, e li evitano.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017