Con il pancione dopo i quaranta

Sono sempre di più le quarantenni che decidono, spesso anche per la prima volta, di fare un figlio. Scelta libera o imposta dalle circostanze?
26 Maggio 2005 | di

Monica, 44 anni, titolare di uno studio legale, due figli di cinque e tre anni. Paola, 45 anni, insegnante, impegnata in politica, madre di due bambini di quattro e tre anni. Laura , quarantaduenne, bibliotecaria, tre figli: otto, quattro anni, e quattro mesi. Storie normali, di donne qualunque, diventate madri, anche per la prima volta, attorno ai quarant'anni. Donne magari con i volti segnati dalla fatica, le occhiaie da notti in bianco, la messa in piega non proprio fresca di parrucchiere: interpellate, però, ammettono che quell'esserino che ha rivoluzionato la loro vita lo rifarebbero anche subito. Spesso sono ansiose durante l'attesa, piene di dubbi (avrò fatto bene? ce la farò?) ma decise comunque nel desiderio di un figlio.
Maternità  posticipate, anche a causa di alcune circostanze, come gli studi che si protraggono nel tempo, la difficoltà  di trovare subito lavoro, alloggi e affitti a prezzi impossibili... Lo dicono anche le statistiche: tra il 1993-94 e il 2001-02, la quota di madri con meno di 25 anni o di età  compresa tra i 25 e i 34 anni è diminuita, passando rispettivamente dal 5,3 al 3,8 per cento, e dal 53,4 al 40,45 per cento (da Come cambia la vita delle donne, 2004, a cura di Linda Laura Sabbadini, direttore Istat).
Un figlio procrastinato, però, sempre più spesso si traduce in un figlio mancato. Le ricerche, infatti, parlano chiaro: dopo i 27 anni la fertilità  femminile comincia a calare (dati dell'Insitute of Environmental Health Science del North Carolina), per registrare il primo picco negativo attorno ai 35 anni e un secondo, più marcato, dopo i 40. Oltre i 35 anni, poi, aumenta il rischio di aborto spontaneo: circa 50 gli aborti ogni mille gravidanze in donne di 20 anni; più di 200 nelle quarantenni. Il punto - sostiene Alessandra Graziottin, direttore del Centro di ginecologia e sessuologia medica del San Raffaele Resnati di Milano - è che nelle società  ad alto reddito, come la nostra, le età  psicosociali ideali per avere un bambino cozzano nettamente con l'età  biologica, inducendo un progressivo posticipo dell'età . Provocando, guarda caso, un aumento drammatico dell'infertilità  nelle popolazioni occidentali e il parallelo incremento di richieste di tecniche di fecondazione assistita, pur di avere il tanto desiderato bambino. Vale a dire che il grembo psichico, indispensabile per essere mamme non solo dal punto di vista fisico, ma soprattutto emotivo e affettivo, matura molto più lentamente di quello biologico. E così quando c'è l'età  biologica ideale (che si colloca, per le donne, tra i 16 e i 28 anni, con un picco a 20 anni) manca l'età  psichica giusta per la donna e per il partner o l'età  psicosociale, cioè l'età  dell'autonomia economica necessaria per poter affrontare le notevoli spese che l'accudimento e la crescita di un figlio comportano. Come far coincidere, allora, queste tre differenti esigenze? La ricetta, ovviamente, non c'è. È bene che le giovani donne si interroghino sulle proprie priorità  nella vita - conclude Alessandra Graziottin -. Se tra queste c'è un figlio, non aspettino troppo tempo, per non ritrovare il sogno perduto nel cassetto dei rimpianti. O non doversi consegnare allo scacco inatteso e alla tremenda solitudine dell'impossibilità  di avere un figlio o di trascorrere anni di infelicità  nelle Forche Caudine della fecondazione assistita o nella palude frustrante dell'attesa di un'adozione.

Un figlio, tra realtà  e desiderio

Non è semplice, però, chiedere a una donna di mollare o anche solo di mettere a rischio un lavoro, magari faticosamente ottenuto dopo anni di studio e una dura gavetta.
L'attaccamento al lavoro - avverte, infatti, Giulia Paola Di Nicola, sociologa della famiglia - è oggi il risultato di una conquista difficile, alla quale le donne non vogliono rinunciare. È vero che spesso manca quella generosità  e quello slancio che invitano a rischiare e a non calcolare troppo le possibili conseguenze, ma non si può pretendere che una ragazza sottovaluti la dimensione lavorativa della persona. E comunque, diventare mamme in età  non giovanile può significare tenerezza, maturità  e responsabilità  aggiuntive.
C'è, però, nelle donne un forte stacco tra desiderio e realtà , fotografato da una recente indagine dell'Osservatorio italiano sulle aspettative di fecondità  dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, del Cnr (Centro nazionale ricerche). Le donne italiane, secondo tale studio, vorrebbero un figlio attorno ai 25 anni, e ne vorrebbero due o anche tre. Ma la realtà  è differente: fanno figli sempre più tardi e spesso si fermano a uno. A che cosa è dovuto, allora, questo strappo?
È una bella cosa che le donne desiderino avere due o tre figli quando sono ancora giovani - insiste Giulia Paola De Nicola - ma se le condizioni strutturali e sociali continueranno a essere le stesse e la solidarietà  dell'ambiente a diminuire, i sogni resteranno sogni. La realtà  deve fare i conti con la difficoltà  del lavoro, della casa, dell'asilo nido, dei nonni che non ci sono o non vogliono fastidi, di un rapporto non sempre collaborativo tra moglie e marito... Da un lato, quindi, bisogna che ci siano servizi e strutture più a misura di famiglie, dall'altro possiamo chiederci cosa facciamo, anche come comunità  ecclesiale, perché i figli non vengano sentiti come un peso e quanto siamo disposti a considerare un atto di carità  particolarmente confacente alla nostra epoca, l'aiutare le giovani famiglie a vivere in modo meno traumatico il passaggio dal periodo adolescenziale, fatto di studio, di gite, interessi vari, a quello spesso affannoso del matrimonio, tra lavoro, pannolini, notti insonni....

Un figlio allunga la vita?

Ma c'è anche chi sostiene che un figlio a 40 anni allunghi la vita. Come Nature, la rivista dell'Accademia americana delle scienze, che di recente ha scritto che avere un figlio dopo i 40 anni, dà  più possibilità  di raggiungere la soglia dei cent'anni. Anche in questo caso la spiegazione è semplice: le gravidanze tardive e la longevità  sono legate al ritmo biologico, per cui se una donna riesce a portare avanti una gravidanza dopo i quarant'anni, è perché il suo sistema riproduttivo invecchia più lentamente e può dunque contare più a lungo sulla produzione di estrogeni, che, è noto, proteggono da malattie cardiache e patologie degenerative.
Senza dubbio un figlio ringiovanisce i genitori quarantenni - afferma Paola Pagnin , psicologa e psicoterapeuta - per lo meno da un punto di vista psicologico. A parte le modificazioni ormonali che incidono in modo significativo sullo stato psicologico, un figlio rappresenta un bombardamento di stimoli emotivi, cognitivi, situazionali, che inducono i genitori a cambiamenti di stile di vita assolutamente repentini e, per forza di cose, efficaci: non c'è nulla di più ringiovanente che un'ondata di situazioni piacevolmente nuove.
E i figli di queste mamme sopra i 40 come sono? Va detto - conclude Paola Pagnin - che col passare degli anni le energie fisiche diminuiscono e quindi una mamma più matura, spesso avverte di più la fatica di un figlio rispetto a una giovane. D'altro canto, però, una mamma attempata, avendo in larga parte realizzato i progetti personali, riconosce a se stessa la possibilità  di diminuire il tempo dedicato al lavoro per aumentare quello da trascorrere col figlio. Spesso, quindi, i figli di donne mature, sono più protetti, più sostenuti nelle loro evoluzioni: più sicuri interiormente, da un lato, ma più ansiosi nell'affrontare il mondo, dall'altro. Insomma,  un po' più viziati.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017