Con gli indios nel cuore

Un progetto prezioso che ci inserisce nel più grande sogno di Leonida Proaño, il vescovo che ha speso la vita nella difesa degli indios dell'Ecuador.
26 Febbraio 2004 | di

Monsignor Leonida Proaà±o, vescovo di Riobamba, in Ecuador, morì con un cruccio tremendo: Nidia - disse alla donna che lo assistiva - mi assale un pensiero: che la Chiesa è la grande responsabile dell'oppressione che da secoli grava sugli indios, che dolore! E io sto portando il peso di questi secoli. Parlava, monsignor Proaà±o, col tormento del figlio tradito. Parlava pensando ai 500 anni di conquista, alla schiavitù e all'annientamento degli indios, alla loro emarginazione nella società  contemporanea. Ma quella Chiesa, all'inizio connivente, lui l'aveva già  riscattata: gli indios lo vegliavano fuori dalla porta, silenziosi e dolenti. Lo chiamavano Taita, papà  in lingua quechua. Con lui avevano ripreso la dignità  e il sogno di un futuro.
Sono passati quattordici anni dalla morte di Proaà±o, eppure quel corpo tornato alla pachamama, la grande madre terra degli indios, ha prodotto nuova vita. Il progetto a cui hanno contribuito i lettori è della Fundacià³n pueblo indio dell'Ecuador, l'associazione indigena fondata da Proaà±o. È un progetto molto ampio, che va dal riscatto della terra alla formazione professionale, dalla riforestazione all'avviamento delle colture e degli allevamenti. Un futuro nuovo per ottantaquattro famiglie della comunità  di Yuracruz Alto. Solo chi ha nel cuore una grande ispirazione, può pensare di farcela senza mezzi e senza peso politico.
E il miracolo sta accadendo. Tutto inizia da una lettera della responsabile della Fundacià³n, Nidia Arrobo Rodas. Sì, la stessa che raccolse le ultime parole di Taita Proaà±o. Ti invio il progetto completo - scrive a Giuseppina Pompei, un'amica conosciuta di recente grazie a un viaggio di quest'ultima in Ecuador - . Lo abbiamo pensato insieme ai contadini. È enorme. Non ti spaventare. Io ormai non mi spavento più. Anzi sono sicura che la provvidenza busserà  alla nostra porta. Oggi, 30 gennaio 2003, è il compleanno di monsignor Proaà±o.

La svolta inattesa

Parole profetiche. La lettera, per via di Giuseppina, arriva nelle mani di padre Luciano Massarotto, responsabile della Caritas antoniana: Abbiamo scelto - spiega - la parte del progetto che invitava ad adottare un lama o una pecora per iniziare l'allevamento e offrire ai contadini la possibilità  di realizzare il secondo stadio del progetto: migliorare l'alimentazione in attesa di avviare i progetti agricoli.
I contadini, infatti, erano già  riusciti, grazie all'aiuto della Caritas dell'Alto Adige, ad acquistare parte delle terre anticamente in loro possesso: 800 ettari in un altopiano delle Ande, nel Cantà³n Cotacachi (Imbabura) a nord dell'Ecuador. C'erano voluti vent'anni di lotte, di fame, di umiliazione, ma alla fine ce l'avevano fatta, proprio usando i mezzi dell'invasore. Per gli indigeni - spiega Nidia - la terra è madre. È di tutti. Non si compra e non si vende. Siamo stati costretti ad acquistarla obbedendo alle leggi del mercato, ma ora sarà  per sempre della comunità .
I trentamila euro, inviati dalla Caritas antoniana e dalla nostra associazione antoniana negli Stati Uniti, sono caduti come pioggia sul terreno in semina: In ginocchio ho ringraziato Dio. Il Signore fa cose grandiose, Lui sta dalla parte dei poveri, scrive Nidia a Giuseppina all'annuncio dell'impegno della Caritas antoniana. Poco dopo arriva una lettera a padre Luciano: Con i soldi abbiamo comprato 40 pecore e qualche lama, costruito le casupole dei pastori e gli steccati provvisori per gli animali, realizzato i primi corsi di allevamento. A voi va la nostra gratitudine profonda e il ricordo nella preghiera.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017