Come uscire da «rissa continua»

In politica la rissa è ormai quotidiana. Ma così non si fanno passi in avanti. Come uscirne? Ecco l'opinione di padre Sorge, gesuita, direttore di «Aggiornamenti sociali"».
02 Ottobre 2003

La politica italiana è un litigio continuo. Siamo ancora prigionieri di una democrazia bloccata. Chi vince piglia tutto e cambia tutto. Il centro-sinistra aveva iniziato importanti riforme? Nel 2001 vince il centro-destra e, anziché perfezionarle e portarle a termine, le azzera e ne fa altre in direzione diversa. Se il centro-sinistra tornerà  a vincere, probabilmente farà  altrettanto, azzerando a sua volta le riforme del centro-destra. Tutto tra risse e scontri violenti. È questa la democrazia dell'alternanza? Riusciremo mai a uscire da questo bipolarismo imperfetto?
Da diverse parti, si dice che per uscirne, bisognerebbe introdurre in Italia il bipartitismo, che consente meglio l'alternanza al governo e garantisce la stabilità  politica nella continuità  democratica. Ma è pronto il Paese per questo passaggio? Nessun accordo di vertice potrà  mai supplire la mancanza di un'adeguata coscienza sociale. Se la situazione politica non è matura, non basta (e non è nemmeno possibile) che i vertici dei partiti si accordino per presentare una lista comune alle europee del 2004.

La strada da seguire è un'altra. Nella presente situazione di stallo, i partiti riformisti (tra cui i cattolici democratici), in forza dei loro stessi ideali, sono tenuti a prendere l'iniziativa per portare l'Italia fuori dal bipolarismo imperfetto. Come? In primo luogo, rinnovando se stessi, dando cioè al proprio partito una forma più leggera e flessibile, e dando vita insieme - ciascuno con la propria identità  - a un'unica area riformista, aperta alla società  civile, ai movimenti e alle altre realtà  del territorio.
Quest'area riformista si può costruire solo a partire dal basso, intorno a un programma comune e a un leader credibile, scelto sul territorio e non imposto dall'alto. Bisognerebbe iniziare a costruirla a livello locale, fin dalle prossime elezioni amministrative comunali e regionali, per giungere poi - attraverso la federazione delle aree regionali - alla costituzione di un'area delle Solidarietà  a livello nazionale.
Nascerebbe così un soggetto politico nuovo (non la solita coalizione elettorale), radicato nel territorio, ispirato ai valori e agli ideali del riformismo solidale.
Si tratta dunque di intraprendere un cammino lungo; ma è l'unico modo per uscire dal bipolarismo imperfetto e giungere gradualmente, senza fughe in avanti, alla democrazia compiuta e al bipartitismo.

Che il cammino sia possibile, e non un'utopia, lo hanno dimostrato le elezioni comunali di Verona del 2002 e quelle regionali del Friuli-Venezia Giulia del 2003. In entrambi i casi si è superato il bipolarismo imperfetto, grazie, appunto, alla creazione di uno spazio politico riformista, non riconducibile né all'uno né all'altro polo. Non un nuovo partito (ce ne sono già  troppi!), né un terzo polo di centro (non c'è spazio con il maggioritario uninominale!); ma un'area popolare e democratica di tutti i riformisti, al di là  delle risse violente e continue tra destra e sinistra.
Se altre amministrazioni locali percorreranno la medesima strada, si consoliderà  a livello nazionale l'area delle Solidarietà , nata dalla federazione delle aree riformiste locali, in chiara alternativa al progetto neoliberista.
Pertanto, oggi come oggi, la lista unica alle elezioni europee del 2004 non può essere il punto di partenza del cammino verso la democrazia dell'alternanza e il bipartitismo. La lista unica può avere senso solo al termine di un processo di maturazione democratica, che in Italia è in gran parte ancora da compiere.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017