Come le tartarughe ninja

Vivono ai margini, lottano per la giustizia, hanno una corazza come protezione, collaborano tra loro: sono personaggi di fantasia, ma sembrano persone con disabilità.
24 Ottobre 2012 | di

Quando ho accennato ai miei colleghi l’idea di scrivere un articolo su Leonardo, Michelangelo, Donatello e Raffaello, sono stato un po’ deriso. «Claudio, sono anni che ti occupi di tantissimi argomenti, ma cosa c’entrano i grandi del Rinascimento italiano con i tuoi temi?». Vero. Amo l’arte, ma non posso improvvisarmi tuttologo. In realtà non mi avevano capito. Io volevo parlare delle tartarughe ninja, i personaggi di fantasia protagonisti di fumetti, serie tv e film.
Ammetto che fino a qualche giorno fa non conoscevo proprio nulla di queste quattro tartarughe mutanti, se non i loro nomi così affascinanti. Ma una sera, in pizzeria, seduto davanti a un bambino e a una «quattro stagioni», sono stato «costretto» ad ascoltare la storia delle tartarughe ninja e del loro maestro Splinter, un ratto. All’inizio non prestavo attenzione, poi lentamente (proprio come una tartaruga!), man mano che il bimbo raccontava le loro avventure ho iniziato a pensare, a collegare… La vita ai margini, le lotte per la giustizia, una corazza come protezione, la collaborazione.
 
Non è che anche questi personaggi fantastici possono darci un contributo culturale? Non sono forse una metafora delle conquiste ottenute negli ultimi cinquant’anni di battaglie per un mondo più accogliente e inclusivo? Io credo proprio di sì. Partiamo dal loro contesto, da dove provengono: le tartarughe ninja vivono nascoste, nelle fogne, nel sottosuolo della città, lontane dagli sguardi della gente. Ovviamente ho subito fatto il paragone col mondo dell’handicap. Un mondo che spaventava, dunque tenuto nascosto almeno fino alla legge sull’integrazione dei primi anni Settanta. La disabilità turbava così tanto da non dover essere nemmeno argomento di discussione. Poi è cambiata la mentalità, sia dei disabili che della collettività. L’innovazione dunque è stata legislativa, ma soprattutto culturale. Dopo tante battaglie così, la diversità non era più rintanata nel sottosuolo. Proprio come le tartarughe ninja, è uscita in superficie per mescolarsi nella società, e quest’ultima  non poteva più fingere di non vedere.
 
Ma la metafora tartaruga ninja-disabilità offre un altro spunto interessante. La tartaruga ha una corazza con funzione protettiva che le è indispensabile per vivere, per difendersi dalle avversità. Anche un disabile «indossa» una corazza: è la sua carrozzina. Questa ha una grande funzione difensiva e di sostegno, «per resistere agli urti della vita» direbbe Luca Carboni. Un ausilio che dà sicurezza, quindi, sia dal punto di vista fisico che morale, sempre che venga interpretata non come una sfortuna o come un peso, ma come uno scudo. È quello che fanno le tartarughe ninja mentre combattono per la giustizia sotto la sapiente guida di un «coordinatore» ratto che crede nel lavoro di gruppo e che ha fiducia nei suoi collaboratori (chiaramente prendo le distanze dai loro metodi di lotta…). La squadra delle tartarughe agisce proprio come fanno le molte associazioni che in questi anni hanno contribuito ad aumentare la consapevolezza delle abilità diverse.
Metafore potremmo trovarne ancora… ma il mio spazio, per il momento, finisce qui. Salutando i miei colleghi Raffaello, Michelangelo, Donatello e Leonardo vi invito a scrivere sulla mia e-mail claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook, alla ricerca di altre metafore. 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017