Ciotole di riso per sopravvivere

«Un pasto al giorno per i bambini dell’asilo» è il progetto grazie al quale vengono garantiti cibo e istruzione a migliaia di piccoli ospiti in strutture realizzate,negli ultimi anni, anche nei villaggi più sperduti.
24 Ottobre 2007 | di

Non è ancora giorno quando li scorgi, uno dietro l’altro, in mezzo alla polvere delle strade. Stanno raggiungendo, a piedi, le piantagioni di caffè dove lavorano ore e ore per una manciata di riso. Non va meglio per il 10 per cento dei loro coetanei, tra i sette e i quindici anni, costretto a lavorare in miniera. Sempre per la stessa manciata di riso e uno squarcio di luce, di tanto in tanto.

Sono malnutriti e malati, eppure i loro occhi sprigionano gioia. Sorridono, i bambini della Tanzania. Sorridono anche se giocano con una palla fatta di stracci. Anche se sono orfani perché il flagello dell’aids colpisce, in alcune regioni, oltre l’80 per cento della popolazione. Anche se, per andare a scuola, devono percorrere chilometri e chilometri dopo aver mangiato, per colazione, delle termiti. Per gran parte di loro poter contare sulla possibilità di almeno un pasto al giorno è un evento raro.

Ai tanti bambini che chiedono di poter mangiare per continuare a vivere stanno rispondendo le Missioni della Consolata che, in Tanzania, negli ultimi anni hanno aperto numerosi asili nei villaggi più lontani. All’interno di queste realtà i missionari sono impegnati nel progetto, sostenuto dalla Caritas Antoniana, «Un pasto al giorno per i bambini dell’asilo». «L’obiettivo è quello di rispondere con urgenza a un bisogno primario come quello del cibo – spiega padre Giuseppe Inverardi delle Missioni della Consolata con sede a Dar Es Salaam –. Nel contempo si cerca di favorire la possibilità di rimanere nella propria famiglia di origine. È uno dei tanti modi per portare i bambini all’asilo, e poi a scuola, togliendoli dalla strada. Per questa ragione abbiamo creato, negli ultimi anni, numerose strutture nei villaggi più sperduti che riescono ad accogliere, attualmente, migliaia di bambini».

Le scuole, soprattutto nelle zone rurali, distano molti chilometri dalle abitazioni, obbligando i bambini a uscire presto di casa e a percorrere lunghe distanze a piedi. Indagini svolte nel corso del primo semestre 2007 hanno mostrato che i bambini non beneficiano regolarmente né della colazione a casa, né di un pasto a metà giornata a scuola. La famiglia dispone di un unico pasto giornaliero, previsto durante le ore serali. Nel corso della stagione secca, le riserve alimentari diminuiscono drasticamente, aggravando le condizioni nutrizionali dei bambini e dell’intera famiglia. Lo stato di precarietà nutrizionale ha dirette ripercussioni sullo sviluppo psico-fisiologico, sui risultati scolastici, sulla regolare frequenza alle lezioni, sulle capacità intellettive e sull’apprendimento.

«In lingua swahili l’asilo si chiama chekechea – aggiunge padre Giuseppe –. Gli asili si limitano, in genere, a quelli del centro della parrocchia. Mancano i soldi per poterne costruire di nuovi e, soprattutto, per gestirli. In più, bisogna fare i conti con la carenza di maestre. A ciò si aggiunge il flagello dell’aids che sta creando generazioni di orfani la cui educazione risulta problematica. Anche la famiglia estesa, che una volta poteva accoglierli, non può più far fronte a questo crescente problema. Negli ultimi cinque-sei anni, però, sono nati degli asili anche nei vari villaggi. Per buona parte del giorno, almeno, i bambini sono al sicuro».

A dare un forte impulso alla creazione di tali strutture è stato lo stesso governo con un programma che punta sulla preparazione dei bambini alla scuola elementare. Come affermava Julius Nyerere, ex insegnante e presidente della Tanzania dal 1964 al 1985, «l’istruzione non è un modo per sfuggire alla povertà, ma uno strumento per combatterla». Un sogno rimasto, in molti casi, sulla carta. Non per le missioni che, invece, lo hanno preso sul serio per il significato educativo-formativo che esso ricopre. «I nostri asili – proseguono i missionari – facilitano l’educazione e la formazione, preparano alla scuola elementare e assicurano un pasto al giorno. Non è esagerato dire che, per molti bambini, è l’unico nutrimento sicuro». Nel distretto di Njombe, nella zona sud-ovest della Tanzania, sono ubicate 248 scuole primarie che ospitano circa centomila bambini di età compresa tra i 6 e i 14 anni. Padre Clement Balyu Futi è parroco della missione di Ikonda. «Quest’anno, grazie agli aiuti, abbiamo aperto tredici asili in dodici villaggi per un totale di 548 bambini fra i tre e i sei anni. Questi quelli ufficialmente registrati – spiega padre Clement – anche se quasi in ogni villaggio ci sono bambini che vengono portati all’asilo dai loro fratellini e la cifra effettiva, alla fine, è molto più alta. In ogni struttura ci sono due signore, una per insegnare, l’altra per cucinare. Tutte ricevono un piccolo salario a fine mese. Fra loro solo tre hanno frequen­tato il corso per maestre d’asilo. Le altre arrivano dal villaggio. Per supplire alla mancanza di preparazione, ogni due mesi frequentano un corso. In ogni villaggio abbiamo un comitato che si interessa dell’andamento dell’asilo e lavora per il suo miglioramento». Nella missione di Heka funzionano otto asili, quattro sono in attesa di partire. I bambini ospitati sono oltre seicento. Il menù è semplice: riso con sugo, polenta e fagioli, the e latte, uji (latte e farina) e banane. C’è un vecchio proverbio, da queste parti, che dice: «Il sorriso di un bimbo è la luce della casa». Le volontarie servono il pasto in piccole ciotole. I bambini lo divorano. Poi, alzano gli occhi. E il loro sorriso è luce.


Info. il progetto in breve

➜ Cosa: un pasto al giorno per i bambini di 57 asili

➜ Dove: a Madege, Ng’ingula, Inonda ed Heka, missioni tra le più povere della Tanzania

➜ Quando: dal 1° agosto 2007

➜    Beneficiari: 2304 bambini dai tre ai sei anni

➜ Quanto:il contributo della Caritas Antoniana ammonta a 14 mila euro

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017