In cammino con papa Francesco

Ci stiamo abituando a un nuovo stile di Chiesa, alla freschezza di un vangelo di prima mano proposto con gesti concreti di vicinanza e parole di misericordia.
23 Aprile 2013 | di

L’emozione si rinnova ogni volta, con la stessa intensità. Papa Francesco è entrato nelle case, nelle famiglie, nei cuori come ospite discreto e desiderato. Sono attese le sue parole fresche e dolci quando parla di Gesù che è tenerezza del Padre, dell’infinita misericordia di Dio che ci attende senza stancarsi mai. Misericordia è una parola chiave del cristianesimo, non una parola debole, come molti credono, ma fortissima, affascinante, che comunica il vangelo a partire dal centro. La Settimana santa i preti, nelle parrocchie e nei santuari italiani, hanno registrato una crescita delle file davanti ai confessionali, soprattutto di persone che non si confessavano da molti anni, lontane dalla Chiesa: e non si tratta di un computo fatto a spanne, bensì supportato da un’indagine condotta dal Cesnur (Centro studi sulle nuove religioni) sull’«effetto Francesco». Che dire poi dei gesti affettuosi che hanno visto il Papa argentino baciare bimbi di pochi mesi e chinarsi su malati di ogni genere, soprattutto dove il dolore si concentrava in un corpo devastato dal male? Col sorriso sulle labbra e con una parola di incoraggiamento per tutti, perché il dolore si combatte con la vicinanza, la solidarietà e un po’ di ottimismo.
 
Ha colpito tutti la capacità di papa Francesco di parlare ai giovani, quasi con un filo diretto, un amore elettivo: «Per favore, non fatevi rubare la speranza!», e ancora: «Voi ci dite che dobbiamo vivere la fede con un cuore giovane… Con Cristo il cuore non invecchia mai!». Una buona notizia per una società che lotta contro l’invecchiamento ma lo fa con la chirurgia estetica e dosi massicce di botulino, idolatrando il corpo e trascurando le risorse dello spirito. Questo Papa ha dimostrato fin da subito di avere un feeling particolare che lo lega ai giovani, una paternità non solo formale. Anche usando parole esigenti, che chiedono di cambiare vita e combattere il male in tutte le sue forme, senza rassegnazione: «Non dobbiamo credere al Maligno che ci dice: non puoi fare nulla contro la violenza, la corruzione, l’ingiustizia, contro il peccato». Con lo stesso desiderio di incontro e di servizio il Papa (che comunque ama definirsi, per molte ragioni, vescovo di Roma) ha incontrato i giovani carcerati di Casal del Marmo, lavando i piedi ad alcuni di loro. E la prossima estate, a Rio de Janeiro, nella Giornata mondiale della gioventù (dal 23 al 28 luglio), sarà una grande festa della fede. Francesco tornerà così nella sua America Latina, un continente ricco di sfide per il cristianesimo di domani.
 
Dove porterà la Chiesa papa Francesco? Innanzitutto verso il Signore che è la chiave di volta della vita di ogni uomo e dell’universo intero. Il primo ponte da gettare affinché tutti gli altri possano reggere è quello verso Dio, poiché da lì tutto ha inizio, nel senso che «non si possono costruire ponti tra gli uomini dimenticando Dio». Nella Chiesa ogni riforma è alla radice una riforma spirituale, un cuore convertito per un’adesione rinnovata al vangelo, un dispiegarsi della buona notizia dentro mutati contesti, quella che si chiama nuova evangelizzazione e costituisce il tema di continuità degli ultimi pontificati a partire da Giovanni Paolo II. Qualcuno ha detto che papa Francesco dovrà far convergere la visione di una Chiesa di popolo propria di Wojtyla e quella di una Chiesa «minoranza creativa» più volte proposta da Ratzinger. L’indicazione, già fin d’ora, è chiara, e consiste nell’uscire, nell’andare incontro, camminando con e tra la gente, con una preferenza per i poveri, gli ultimi della fila, non solo in senso economico. Ai vescovi, ai preti e ai laici che incontra (ma anche a ognuno di noi) il Papa ribadisce l’illuminante prospettiva pastorale di una comunità cristiana aperta, in ascolto e in dialogo, a servizio dell’umano, per la maggior gloria di Dio.
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017