A caccia di immagini antoniane

Sono molti i devoti che collezionano immagini antoniane. Il padovano Claudio Zoccarato, con la sua famiglia, ha raccolto tremila santini e milleduecento cartoline.
21 Agosto 2007 | di

Qualche tempo fa un’indagine di e-bay.it, uno dei più importanti e battuti siti di compravendite on line, affermava che più di sette milioni di italiani sono collezionisti. Si tratta per lo più di maschi, di età compresa tra i 15 e i 35 anni, appassionati di monete, francobolli, modellini, bambole e altri svariati oggetti da collezione. La ricerca taceva sul fatto che tra gli «oggetti» da collezione c’è anche sant’Antonio. Che riesce nell’impresa di coinvolgere intere famiglie in questa passione. La famiglia Zoccarato, ad esempio – di Santa Giustina in Colle (PD), a pochi chilometri da Camposampiero – in questo campo può dirsi davvero all’avanguardia. Claudio, capofamiglia e manager responsabile della produzione in una nota industria metalmeccanica padovana, ci racconta la sua storia di devozione che passa anche attraverso i santini.

Msa. Quando è iniziata questa passione?

Claudio. Quando avevo cinque anni. Ho cominciato raccogliendo francobolli per poi passare, un po’ per volta, alla collezione dei santini. Quando mi sono sposato, ho interrotto per impegni economici e familiari. Undici anni fa mi è stato offerto di entrare nel Circolo filatelico e numismatico di Camposampiero che dall’anno precedente era ufficialmente iscritto alla Federazione Nazionale di Filatelia. Lì ho incontrato persone che ne sapevano più di me. Siamo diventati amici e grazie al loro aiuto ho potuto valutare quanto avevo raccolto fino ad allora per poi riordinarlo e quindi esporlo in sei mostre antoniane.

A quanto ammonta l’intera raccolta?

Oltre quattromila pezzi. Solo i santini antoniani sono circa tremila, suddivisi in quindici temi: dal giglio, ai miracoli di sant’Antonio, ai fratini del Santo. Ho moltissimi francobolli, tra cui emerge la collezione di alcune centinaia di francobolli antoniani, italiani ed esteri. Conservo i francobolli del centenario antoniano del 1931, per esempio, e quelli del centenario del 1995. Inoltre abbiamo una sessantina di quadri: per lo più oleografie dell’Ottocento e stampe del Settecento. Ma ci sono anche medaglie e annulli speciali, sempre a sfondo antoniano. Infine, una delle parti più interessanti della collezione sono le cartoline. Finora ne abbiamo collezionate circa milleduecento.

Qual è la più grande soddisfazione?

Vedere le immagini tutte insieme, dopo averle raccolte per così lungo tempo, e poi guardarle con la lente, una a una. Più sono antiche e più sono belle e senza difetti, a differenza di molte riproduzioni di oggi, di qualità inferiore. Tutte hanno una storia, un messaggio. Raccontano un frammento di vita delle persone che si sono volute tenere in relazione scambiandosi queste cartoline. E poi trovare questi oggetti è un’emozione così bella e intensa che è impossibile da descrivere, soprattutto quando certi ritrovamenti sono inattesi.

È un lavoro enorme organizzare tutto questo materiale…

È vero. È anche un lavoro che coinvolge tutta la famiglia a partire dalla ricerca nei banchetti, diventata una felice e organizzata ossessione che ha contagiato anche gli amici e gli stessi proprietari delle bancarelle. Talvolta è un’avventura recuperare un pezzo, nascosto tra piatti e pentolame di altri tempi. Alla ricostruzione della parte storico-scientifica del pezzo trovato mi impegno io; all’impaginazione dei fogli che lo accoglieranno ci pensa mia figlia Chiara. Mia moglie sognerebbe un’altra camera qui in casa dove raggruppare i contenitori che ora, per ragioni di spazio, sono sparsi per la casa.

Oltre alla passione che significato ha per voi collezionare immagini antoniane?

Io non colleziono per il solo gusto di «far numero». Per me è un espressione di amore nei confronti del Santo. È un concentrato di impegno personale, e anche economico. Occorre sacrificare altre piccole cose, che penso valgano meno rispetto a questi oggetti. Oltre a ciò vi trovo il significato di un servizio alla memoria. Conservare questi oggetti, per quanto semplici e umili, significa ricordare i valori cristiani e popolari che incarnano. Vuol dire ricordare le tante preghiere e le innumerevoli confidenze che davanti a questi oggetti sono state innalzate al Santo. Sono come delle silenziose reliquie che testimoniano la fede semplice e vissuta per lo più nel segreto e nell’intimità del focolare domestico.

Chi partecipa alle esposizioni del collezionismo antoniano?

Siamo in quattro soci per il momento. Ho notizia di altri colleghi che nel Nord Est collezionano santini. Ma credo che per ora siamo tra i più «forniti». La nostra ambizione è esporre buona parte di questo materiale in un chiostro presso la Basilica. Affido al Santo questo desiderio.

Come ha incontrato sant’Antonio?

Sono nato in giugno e mia madre era incerta se chiamarmi Antonio o Claudio. Inoltre ho uno zio che è frate minore conventuale. Dunque la presenza e la conoscenza del Santo è iniziata sin da subito nella mia vita. Anche mia moglie Maria Luisa è stata miracolata dal Santo. Nata prematura a causa di un incidente in moto subìto da sua madre Maria mentre si recava a messa dai frati a Camposampiero, è stata a lui affidata e vestita per un anno col piccolo saio francescano. Il Santo l’ha protetta, poi ci siamo incontrati e sposati. Abbiamo avuto la fortuna di condividere non solo la vita ma anche questo hobby che inoltre coinvolge le nostre figlie Chiara e Serena. Anche questa è una benedizione di sant’Antonio.     

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017