A Balukdubi: una scuola per creare futuro

Un'arcidiocesi giovane, un popolo di 11 milioni di persone nella più totale miseria: inizia dalla scuola la rinascita dell'arcidiocesi di Guwahati. Cui hanno contribuito i lettori.
27 Novembre 2003 | di

Lo scorso Natale, monsignor Thomas Menamparampil, arcivescovo di Guwahati (India), ringraziava per l'aiuto della Caritas antoniana e mandava un pensiero per l'occasione: Non è un periodo di dolcezze questo, ma il momento della sfida. Immergiamoci nel lavoro, nella fatica di questo grossolano,maleodorante mondo. Reale e ripugnante, scomodo e alienante, come doveva essere quella mangiatoia a Betlemme. Svegliamoci. Quel coro di angeli deve essere per noi un richiamo a diventare costruttori di un nuovo mondo.
Questo augurio disincantato, un po' strano per noi, si radica in una realtà  durissima. L'arcidiocesi di Guwahati si trova nell'estremo Nord-est dell'India, nel territorio dello Stato di Assan: è composta in maggioranza da un arcipelago di villaggetti in cui convivono diverse etnie tribali, Rabhas, Bodos, Garos, Adibasis. Undici milioni di persone con un denominatore comune: miseria. Qui si muore per una dissenteria causata dall'acqua sporca - racconta il vescovo -. Moltissimi bambini non superano i cinque anni. La gente vive in squallide capanne senza le minime misure igieniche. Imperversano malaria e colera, senza uno straccio di assistenza sanitaria. Si vive di agricoltura di sussistenza, usando tecniche antiquate e dipendendo, per l'irrigazione, solo dalla benevolenza dei monsoni. Quasi inesistente l'industria. Secondo i dati forniti dalla diocesi, il reddito medio mensile per famiglia è pari a 1600 rupie che, con il cambio attuale, equivale ad appena 30 euro, per giunta posseduti in beni reali (soprattutto alimenti) e non in denaro!
Una situazione difficile da rimarginare, che avrebbe gettato molti nello sconforto. Per di più, l'arcidiocesi era sorta appena nel 1992 e mancavano strutture e persone per organizzare il processo di sviluppo:Abbiamoiniziato dalla conoscenza delle cause - spiega monsignor Menamparampil -. Ed è stato presto chiaro che il primo motivo di arretratezza era l'analfabetismo, che in molti villaggi raggiunge il 95 per cento. Attraverso la scuola sarebbe passata l'autocoscienza della propria condizione e la necessità  di reagire.

Una scuola per ricominciare
L'arcidiocesi iniziò a istituire nuove parrocchie, le prime strutture da cui far partire lo sviluppo umano e sociale. Furono organizzati anche i primi corsi di autocoscienza. Poi venne il punto: costruire le scuole. Un punto dolente per un'arcidiocesi poverissima. La domanda per costruire la scuola di Balukdubi (una delle scuole previste) - afferma padre Luciano Massarotto, direttore della Caritas antoniana - ci è giunta tramite padre John Mulamgothra, responsabile per l'Educazione superiore dell'arcidiocesi di Guwahati, con il quale avevamo già  collaborato anni fa. L'abbiamo finanziata per intero nell'aprile del 2000, per un costo totale di 15 mila euro. Il progetto dell'arcidiocesi prevedeva che i locali della scuola venissero sfruttati al massimo: di giorno, i bambini imparavano a leggere e scrivere; di sera, i genitori li sostituivano per ricevere nozioni sulla salute, sui metodi agricoli, sui diritti. Da qui doveva partire lo sviluppo per l'intera comunità .
Il 18 febbraio del 2003 la scuola elementare St. Thomas veniva benedetta dall'arcivescovo davanti a 280 bambini festanti, vestiti per l'occasione con la divisa rossa fiammante della scuola. Per loro, la mangiatoia scomoda e maleodorante iniziava a diventare una culla dignitosa.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017