Animati dalla fede, appassionati di libertà

L’intreccio tra fede e libertà, così come è presentato dalla Bibbia, è al centro del prossimo Festival biblico di Vicenza, in programma dal 31 maggio al 9 giugno.
24 Aprile 2013 | di

«Fede e libertà nelle Scritture» è il tema 2013 del Festival biblico di Vicenza. Un tema vasto, sul quale si ragiona e si discute con passione, e che qui possiamo avvicinare, certo non esaurire. Brevi riflessioni possono aiutare a inquadrarne alcuni aspetti.
«Stare saldi» è una delle espressioni che nella Bibbia è sinonimo di credere, aver fede, appoggiarsi a ciò che è stabile. Aver fede significa avere una storia personale con Dio, appoggiandosi a Lui che – ce lo ha ricordato anche papa Francesco – non si stanca di portare le nostre vite e di perdonarci.

Fede come affidamento, abbandono fiducioso. Gesù non chiede fede cieca in niente: il cristianesimo ci parla di una fede che scaturisce da ciò che si manifesta. A Giovanni Battista che domanda: «Sei tu colui che deve venire?», Gesù risponde: «I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia» (Lc 7,18-23). Dio è l’abbà di Gesù, la cui giustizia risplende nei gesti della liberazione dal male e nel riscatto della speranza perduta. Ed è a questa assoluta, incondizionata dedizione di Dio per l’uomo che Gesù si è totalmente consegnato.
A proposito di questo «stare saldi», Gesù afferma: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe» (Lc 17,6). Egli intende dirci che, se è fede, anche il piccolo seme fa la differenza. I Vangeli sono ricchi di ritratti della fiducia in Dio, che sono molto vari: c’è la fede di Pietro e quella della donna cananea, quella del lebbroso e quella del cieco nato. È sempre fede, le modalità, però, sono molto differenti. Lo stesso dono della fede, che è sempre quello di accogliere la parola di Gesù, arriva in modi diversi e sorprendenti. Esso è però strettamente legato alla forma e alla condizione di vita di ciascuno. Scrive monsignor PierAngelo Sequeri, teologo: «I semini sono tutti della stessa pianta, ma sono molto diversi l’uno dall’altro: bisogna guardare bene com’è fatto il nostro semino. Se guardi solo Pietro, ti verrà da pensare: “Ma io come faccio ad avere la fede in quel modo? Se il paragone è Pietro, sono perso in partenza”. Invece nel Vangelo c’è la fede del ladrone, la fede dell’emorroissa, del lebbroso, di Zaccheo. La fede è un dono, ma il credente sei tu, non Dio. Uno deve guardare il suo semino, perché il semino c’è. Quando è trovato, e messo a dimora nella tua casa – non un’imitazione della casa di Pietro, di Giacomo o Giovanni, la tua – sposta le montagne. Se lo fai attecchire nel tuo giardino, il semino il suo lavoro lo fa».
 
Cristiani, niente di meccanico
Non di rado, i non credenti rimproverano a questi uomini e donne che hanno messo a dimora il loro semino di non essere liberi: i fedeli sarebbero coloro che devono solo obbedire a norme, precetti, comandamenti, con buona pace della loro libertà. A questa critica – spiega Carmelo Dotolo, teologo – si può rispondere così: certo, ogni singolo credente non è un’isola totalmente separata dalla Chiesa e dal comune sentire ecclesiale, ma ciò non significa che i fedeli si limitino ad applicare regole, precetti e comandamenti; i credenti sono coloro che, vivendo la relazione affettiva, fiduciale con Dio, interpretano la realtà alla luce della novità portata da Cristo. Dunque non applicano semplicemente norme o precetti, quasi in modo meccanico, ma si assumono liberamente la responsabilità di interpretare la complessità del reale, elaborando il senso della vita e delle singole vicende in relazione a Cristo e rendendosi disponibili ad approfondire il rapporto con Lui, anzitutto nella preghiera e nell’ascolto. L’esercizio di questa libertà, tiene a sottolineare Dotolo, ha e dovrebbe avere anche una ricaduta sociale, pubblica, cioè dimostrarsi in grado di costruire un ethos (costume) differente e nuovo: «I credenti sono e dovrebbero essere coloro che sperano, soffrono, si appassionano alle cose della vita impegnandosi a edificare il bene comune, a lottare contro ingiustizie e sopraffazioni, mostrandosi capaci di fare la differenza».

L’intreccio fede-libertà emerge in modo paradigmatico nelle parole che Gesù pronunciò rivolgendosi ai Giudei: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31-32). Come osserva monsignor Bruno Maggioni, biblista, quel «se rimanete nella mia parola» indica che la libertà esige un rimanere, una sorta di immobilità: essa si radica nella parola di Gesù, cioè nella sua rivelazione: basta già questo a mostrare che essa è dono, cioè qualcosa che l’uomo non raggiunge da sé. La libertà di cui Gesù parla va accolta e costruita, e segna la differenza tra l’uomo vecchio e l’uomo nuovo; essa si vive nel discepolato, cioè in una dipendenza e in un’appartenenza. Sostiene monsignor Maggioni: «Alla verità bisogna totalmente appartenere ed è in questa appartenenza che si trova la vera libertà. A rendere liberi è la verità, non altro, ossia l’obbedienza a Dio, che è Padre e non padrone, e il dono di sé. Questa è la verità che trasforma la struttura interiore dell’uomo, liberandola da tutte le false idolatrie. La novità della concezione evangelica della libertà sta nel nesso tra libertà e amore. È la croce che fa la differenza tra la libertà cristiana e la libertà del mondo. Sulla croce si vede che la libertà è libertà da se stessi per donarsi agli altri».
 
E liberaci dal male
In questo senso, l’esperienza della libertà implica allo stesso tempo l’essere liberi «per» e l’essere liberati «da», in vista di qualcos’altro. «La libertà ci è connaturale» spiega il professor Dotolo. «Dio, che è libero e nella libertà è donatore di libertà, con la crea­zione ci ha resi partner del suo progetto d’amore: siamo chiamati alla corresponsabilità». Questa libertà che è in noi deve però fare i conti con una vulnerabilità e una fragilità che ci appartengono costitutivamente. «Ecco perché – prosegue Dotolo – affermiamo che Cristo ci libera: la liberazione che Egli ci offre è liberazione dal peccato, inteso come rottura della relazione con Dio e con gli altri e ripiegamento su se stessi. Noi chiediamo al Padre di “liberarci dal male”, cioè dal negativo che ci toglie il respiro e ci lascia impotenti, dalla tentazione costante di essere autosufficienti e di poter far a meno di Lui, domandiamo la libertà e la forza di lottare contro ciò che oscura il Suo disegno di amore, fraternità e misericordia. La libertà che Cristo ci offre è un cammino, un “esodo”, ed è progettuale e relazionale, ossia è quella che ci chiama a “giocare” la nostra identità nell’apertura all’altro che si traduce in servizio: libero è chi si mette a servizio dell’altro, chi fa dono di sé. Il binomio, nella Bibbia, non è schiavitù-libertà, ma schiavitù-servizio».
Ormai da tempo, in Occidente, domina un’idea di libertà diversa: essa viene, infatti, comunemente intesa come assenza di legami e di vincoli, che vengono interpretati come condizionamenti dei quali occorre disfarsi. Questa libertà viene indicata e proposta come l’obiettivo supremo dell’uomo. «La libertà è il massimo dei nostri fini», si dice. Ma che scopo supremo è una libertà concepita come indipendenza da ogni vincolo e venerata come un idolo? Bisogna insegnarlo alle giovani generazioni: l’umano che cerca la realizzazione di questa libertà è destinato alla solitudine, all’infelicità e alla malinconia.
La libertà è un inizio, è l’acqua nella quale nuotiamo: ciò che riempie davvero la nostra anima e la nostra vita è altro. E ha a che fare proprio con i legami buoni.
 
 
 
Dal 31 maggio al 9 giugno

Il programma del Festival

 
Oltre a Vicenza, il Festival 2013 si tiene a Verona, Padova, Arzignano, Bassano del Grappa, Brogliano, Caldogno, Chiampo, Lonigo, Marola, Nove, Montecchio Maggiore, Piazzola sul Brenta, Schio, Valdagno. Di seguito, alcuni tra i principali eventi che, ove non diversamente specificato, si terranno a Vicenza.


 
Venerdì 31 maggio
ore 17.15 Verona, piazza Duomo. «Fede e libertà», con Ignazio Sanna, vescovo di Oristano; Luigi Alici, ordinario filosofia morale Univ. di Macerata. Introducono: Giuseppe Zenti, vescovo di Verona; Roberto Tommasi, presidente Festival biblico. Modera: Giancarlo Grandis.
ore 20.30 Schio, chiesa di San Francesco. «La libertà dell’orante. Le immagini e le parole della preghiera», con Bruno Maggioni.
 
Lunedì 3 giugno
ore 21.00 Palazzo delle Opere Sociali. «Liberi di farsi carico dell’altro», con Duccio Demetrio; Vincenzo Balestra. Modera Francesco D’Angella.
 
Giovedì 6 giugno
ore 21.00 Cattedrale. «Se conoscessi il dono di Dio. Fede e libertà secondo le scritture», con Vincenzo Paglia, presidente Pontificio consiglio per la famiglia; Lucetta Scaraffia.
 
Venerdì 7 giugno
ore 21.00 Palazzo delle Opere Sociali. «Quale libertà e quale felicità in un’economia senza lavoro?», con Luigino Bruni; Fabio Folgheraiter.
 
Sabato 8 giugno
ore 16.30 Basilica palladiana. Presentazione di Scenari della fede. Credere in tempo di crisi di Ugo Sartorio. Con Adriano Fabris, docente filosofia morale Univ. di Pisa; Domenico Pompili, direttore Ufficio nazionale Cei per le Comunicazioni Sociali.
ore 18.30 Basilica palladiana. «Fede e libertà nell’arte», con Philippe Daverio; Timothy Verdon. Modera Roberto Righetto.
ore 22.00 Piazza dei Signori. Edoardo Bennato in concerto.
 
Domenica 9 giugno
ore 15.00 Basilica palladiana. «La fede, incontro di libertà. A chi crede di non poter credere», con Umberto Curi, docente filosofia Univ. di Padova; Armando Matteo; Carmelo Dotolo, docente teologia delle religioni alla Pontificia Univ. Urbaniana.
ore 16.30 Tempio di Santa Corona. «Beato Pino Puglisi: testimone di fede e libertà», con Pietro Grasso; Alessandro D’Avenia. Modera Luigi Tellatin.

Programma completo sul sito www.festivalbiblico.it


Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017