Alla scoperta dei cieli di Miyazaki

I film del maestro giapponese Hayao Miyazaki sono autentici capolavori, amati da grandi e piccoli, attesi dalle famiglie. Prossimamente nelle sale italiane «Si alza il vento».
29 Ottobre 2013 | di

I film di Hayao Miyazaki, regista di fama internazionale (Orso d’Oro a Berlino, premio Oscar per La città incantata, Leone d’oro a Venezia) lasciano quel senso di libertà e di leggerezza propria degli aerei, delle mongolfiere e delle macchine volanti a lui tanto cari. Se per i più giovani gli anime (opere di animazione di produzione giapponese) sono pane quotidiano, oggi anche tanti adulti apprezzano i film del grande maestro. Perciò l’annuncio del ritiro di Miyazaki, dato alla scorsa Mostra del cinema di Venezia, ha fatto il giro del mondo come pure le immagini della conferenza stampa a Tokyo in cui «il genio degli anime» ufficializzava la sua intenzione di non occuparsi più di produzioni che richiedessero decine di anni di lavoro. Una decisione, per la verità, più volte ventilata anche in passato e mai finora mantenuta.

Il suo ultimo film, Si alza il vento (Kaze Tachinu), riprende nel titolo un verso di una poesia di Paul Valéry («Si alza il vento, bisogna provare a vivere») e sarà nelle sale italiane nel 2014, come un regalo che il grande regista lascia al mondo intero. Racconta la storia di Jiro che, nella prima metà del Novecento, sogna di volare e progettare aeroplani, ispirandosi al famoso ingegnere italiano Giovanni Caproni. È un uomo che persegue con tenacia il suo sogno, come ha fatto lo stesso Miyazaki. I suoi film parlano un linguaggio universale, quello della poesia, e suscitano emozioni come pochi altri. Comunicano pace e amore per la vita, nonostante le difficoltà e la complessità dell’esistenza.

Hayao nasce a Tokyo nel 1941. Si laurea in scienze politiche ed economiche, ma è da sempre appassionato di letteratura per l’infanzia. Fumettista, animatore, regista e molto altro ancora, ama definirsi artigiano, più che artista. Ironico e saggio, rilascia poche interviste. Ha fatto del suo lavoro un impegno così serio e faticoso da essere esausto alla fine di ogni film. Eppure, si riconosce fortunato di averlo potuto fare per tanti anni. È andato ad attingere alla tradizione europea per molte delle storie raccontate, e condivide con lo scrittore e aviatore francese Antoine De Saint-Exupéry, creatore del Piccolo principe, la passione per il volo.

Nei suoi film ci sono alcuni temi che ritornano, giustamente evidenziati da esperti come Alessandro Bencivenni (Hayao Miyazaki. Il dio dell’anime, Le mani editore) o Maria Teresa Trisciuzzi (Hayao Miyazaki. Sguardi oltre la nebbia, Carocci editore). Sono costanti, oltre al già ricordato tema del volo, l’attenzione per l’infanzia (le anime dei bambini conserverebbero in qualche modo traccia delle precedenti generazioni), l’importanza dei personaggi femminili cui non di rado Miyazaki assegna una funzione salvifica, l’argomento del viaggio.

Spiega Anna Antonini, docente di Didattica delle arti espressive all’Università di Trieste e autrice del volume L’incanto del mondo. Il cinema di Hayao Miyazaki, che sta per uscire in una nuova edizione aggiornata: «Colpisce la differenza di stile di questo maestro, rispetto all’animazione che siamo abituati a vedere anche quando (come nel caso di Heidi) si rifà a fiabe preesistenti. Miyazaki inventa un diverso modo di raccontare, con forti tratti realistici, ma non ricalcato sulla realtà. Ha la capacità di guardare il mondo con gli occhi dei bambini, proprio come gli artisti. I suoi film sono tecnicamente molto curati, frutto di numerosissimi disegni, fatti con grandissima cura: mostrano paesaggi, primi piani di fili d’erba, insetti, particolari cui normalmente non facciamo attenzione che creano uno stile molto diverso da quello disneyano. Il maestro sa raccontare anche i momenti drammatici dell’esistenza, per esempio ne Il mio vicino Totoro narra la malattia della mamma delle piccole protagoniste, Satsuki e Mei e lo fa lasciando aperta la speranza. Situazione, questa, che richiama l’esperienza del piccolo Hayao perché sua mamma rimase ricoverata parecchi anni per una tubercolosi».

Ma le sue opere si caratterizzano anche per altre costanti. «Un’altra particolarità – continua infatti Antonini – è che non c’è mai una divisione manichea tra bene e male: ci sono pochissimi cattivi, come il conte di Cagliostro in Lupin III e Muska in Laputa. Il castello nel cielo, persone mosse dall’avidità e dalla sete di potere. Inoltre Miyazaki ha reso universali elementi tipicamente giapponesi. Per esempio, quando Mei, andando a trovare la mamma malata, si perde e si siede, sola e triste, vicino a delle statue di Buddha, un giapponese sa che quelle proteggono i viandanti e i bambini, e risvegliano dalle illusioni fallaci. Ma anche un occidentale, senza conoscere quel mondo, capisce subito che la piccola lì è al sicuro».

Altra parola chiave per comprendere l’arte di Miyazaki è stupore: «Quello che colpisce è l’incanto, la capacità di stupirsi per il mondo nel suo complesso» sottolinea ancora Antonini che, a proposito del ritiro del regista, afferma: «Devo dire che mi ha un po’ sorpreso la meraviglia all’annuncio del ritiro di Miyazaki: era un messaggio che lui ribadiva fin dalla Principessa Mononoke (1997). La motivazione è stata quella che aveva dato in passato: difficoltà di vista e fatica dovuta all’attività di animatore che lui fa ancora in maniera artigianale, disegnando le sceneggiature, animando le scene e i personaggi più importanti, delegando poco e lavorando in maniera molto intensa. 

Nel film Si alza il vento ci sono diverse espressioni come: “il mio ultimo sogno”, “il mio ultimo progetto prima del ritiro” che vengono messe in bocca a Caproni, l’ingegnere italiano che aveva progettato, tra l’altro, l’aereo Ghibli, che dà il nome allo studio di Miyazaki. Quindi è già insita nel film l’idea di lasciare la regia. La vicenda, com’è noto, è quella di un giovane che progetta un aereo utilizzato dall’aereonautica giapponese e così Miyazaki affronta anche la storia della sua famiglia, che aveva una fabbrica di componenti per il “modello Zero”, aereo usato durante la seconda guerra mondiale. Da lì nacque il suo amore per gli aeroplani e anche il suo senso di colpa perché lui poté trascorrere gli anni della guerra al riparo, senza correre grossi pericoli. Si alza il vento comunque è un film che lascia qualcosa di positivo ed è adatto anche ai bambini: mette in risalto la curiosità, il desiderio di conoscere, di appassionarsi, il desiderio di coltivare un interesse nella vita».
 
Kiki, strega apprendista
Un viaggio alla scoperta del proprio talento per realizzarsi è anche il delizioso Kiki, consegne a domicilio. La storia di una bambina strega che va a fare il suo apprendistato in città, mettendosi a consegnare nelle case i prodotti di una panetteria, ovviamente volando sulla sua scopa e con un fedele gatto nero, di nome Jiji. Un film che, pur essendo del 1989, è stato proposto nelle sale cinematografiche italiane quest’anno e che nella guida Scegliere un film 2013 (Ares Edizioni) viene indicato tra i migliori della stagione. Spiega il professor Armando Fumagalli, docente di Storia e di linguaggi del cinema internazionale all’Università Cattolica di Milano e curatore del volume: «Il motivo per cui abbiamo consigliato Kiki è che si tratta di un film che descrive benissimo la condizione della preadolescenza, con lo slancio che porta alla scoperta del mondo e a fare le prime esperienze di autonomia.

Come sempre in Miyazaki i personaggi sono trattati con grande delicatezza e intuito psicologico, sono imbevuti di dolcezza nei modi, di candore e generosità e di grandi ideali nel loro cuore. A questo si aggiunga la bellezza delle immagini, dei paesaggi, la poesia e l’incanto di molti passaggi». Aggiunge Cecilia Spera, esperta che firma la recensione nel volume citato: «Nel momento in cui Kiki non riesce più a volare incontra una giovane pittrice che le racconta come per lei la pittura sia un dono, come per Kiki lo spiccare il volo sulla sua scopa, ma le fa comprendere quanto questi doni che Dio dà a ciascuno implichino una fatica. Anche la giovane artista vive momenti di crisi, “quel dimenarsi e quel prendere forma” che provoca sofferenza e che tocca a chiunque faccia i conti con un talento ricevuto. La ragazza le mostra come il proprio talento non possa essere una pura imitazione di altro ma sia una ricerca, nella pittura come nella magia».
 
Il ritiro sarà definitivo?
Alla luce di tutto ciò, non è possibile pensare che il «grande raccontatore di fiabe d’Oriente» abbandoni completamente lo studio Ghibli dove, tra l’altro, c’è il figlio Goro che continua il lavoro del padre. A chi gli chiedeva che ruolo avrebbe potuto avere d’ora in avanti, Hayao ha risposto, ironicamente, che avrebbe fatto l’attrazione vivente al museo Ghibli (un museo che illustra il percorso creativo di un film di animazione, a quindici chilometri da Tokyo, disegnato dallo stesso Miyazaki). Ma era ovviamente solo una battuta.

Siamo tra coloro che pensano che lui continuerà a seguire le opere dello studio, alleggerito della responsabilità di portare a termine un film che, come più volte ribadito, gli richiede quel lavoro così faticoso. Miyazaki si è riappropriato finalmente di quella libertà, ingenua e fantastica, che possiedono tutti i bambini e i pro­tagonisti dei suoi film. E siamo certi che il mae­stro continuerà a raccontare storie e ci saprà riservare ancora delle sorprese.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017