Alcide De Gasperi: nostalgia di politica alta

A colloquio con la figlia prediletta del grande statista, scomparso cinquant'anni fa lasciandoci una grande lezione di vita e di moralità.
28 Luglio 2005 | di

Maria Romana De Gasperi non immaginava tanto clamore attorno a suo padre. È vero che l'anno scorso ricorreva il cinquantenario della morte, avvenuta a Sella di Valsugana nel '54, va bene che Liliana Cavani ha fatto tre ore di televisione dedicate allo statista trentino che hanno avuto quasi otto milioni di spettatori, va bene che De Gasperi ha qualche merito nella costruzione dell'Unione europea. Ma Maria Romana - la figlia prediletta - non immaginava tante celebrazioni, tanti ricordi, tante commemorazioni. Diceva: che ne sanno i ragazzi del '48, la guerra, la fame, l'Italia prostrata, le macerie, la borsa nera? Che ne sanno di cos'era il nostro Paese mezzo secolo fa? Perciò non immaginava questo omaggio tardivo. Non lo immaginava ma segretamente lo sperava. Ed è quello che è avvenuto.
«Guardi, non so spiegarmi questa reviviscenza. Due anni fa abbiamo inaugurato a Roma una mostra itinerante, con fotografie, manoscritti, ricordi di Alcide De Gasperi. Questa mostra è stata forse la prima scintilla, l'inizio di una memoria ritrovata. Sono stati pubblicati tanti articoli, il presidente della Repubblica ha inaugurato la mostra che oggi viaggia per molte città  d'Italia`€¦».

Msa. Però, se quel politico del 1948 si fosse chiamato, che so, Mario Rossi, avrebbe avuto tante testimonianze d'affetto?
De Gasperi
. È vero. Forse la spiegazione sta in questo: che viviamo in un momento storico in cui si avverte il bisogno di ritrovare - dopo tanti anni - quella forte passione politica che c'era nel dopoguerra.


Solo questo?
No. Anche il film ha avuto la sua importanza. Perché ha riproposto non solo un personaggio ma anche un ambiente. Direi meglio: il ritratto di un'altra generazione che si era fortificata nelle difficoltà , che aveva un'altra tempra, che proponeva cose assolutamente nuove. Ci voleva un grande coraggio e anche una grande fantasia per immaginare l'unità  dei popoli europei dopo una guerra che aveva sradicato la fiducia e che aveva lasciato sul campo di battaglia milioni di morti.


Ricordo una lettera di suo padre in cui diceva: «Ho sempre considerato la politica come una missione» . Vede ancora in giro dei politici che la pensano così?
Io non faccio politica attiva, per cui le mie conoscenze sono molto limitate. Forse ci saranno uomini così, qualcuno che magari non emerge. Certo, considerare la politica come faceva mio padre, è molto difficile. Una volta chiese a un ragazzo: «Vuoi fare politica?». E il ragazzo rispose: «Come faccio a sapere se voglio fare politica?. E De Gasperi: C'è un metodo infallibile per saperlo. Puoi fare politica quando la tua coscienza ti dirà  che vuoi occuparti del bene degli altri». Non so quanti abbiano ragionato così, in questi cinquant'anni.
Cosa deve l'Europa a suo padre?
Mio padre aveva senz'altro dei punti in più rispetto agli altri politici della sua generazione. Prima di tutto era stato educato in una Mitteleuropa, in un impero austroungarico sopranazionale dove convivevano austriaci e ungheresi, serbi e croati, polacchi e sloveni. C'era dunque la capacità  di comprendere altre mentalità , di capire i problemi degli altri. Secondo, era stato già  deputato del Trentino nel parlamento viennese, e questo lo aveva vaccinato contro il morbo del nazionalismo. Penso che l'Europa debba molto a lui, e assieme a lui a Schumann e ad Adenauer. Non è un caso che tutti e tre fossero dei veri cristiani e avessero avuto delle esperienze politiche consimili.

Allora suo padre avrebbe messo nel preambolo della Costituzione europea l'accenno alle radici cristiane del continente?
Io penso che una formula l'avrebbe trovata. Perché non si tratta di decidere la religione dell'Europa ma solo di ricordare che le leggi della democrazia sono leggi cristiane, il rispetto della persona umana è un principio cristiano.

Chissà  che avrebbe detto De Gasperi di fronte a un'Europa che si allarga sempre più, oggi la Polonia, domani la Romania e la Bulgaria, poi verrà  la Bielorussia, l'Ucraina`€¦
Io penso che sarebbe stato d'accordo. Ma certamente è difficile con la storia di oggi pensare al passato. Quell'epoca era completamente diversa, la Germania era divisa, c'era la guerra fredda, di molte cose non si poteva parlare,e altre era difficile immaginarle. Posso supporre - ma questa è solamente una mia idea - che avrebbe cercato di fare una Costituzione europea fra i sei Paesi fondatori, e poi chiedere agli altri di entrare uno alla volta, dopo avere accettato la Costituzione.

Cosa deve l'Italia a suo padre?
Starei per dire: tutto. Il merito maggiore di De Gasperi non è stata la ricostruzione economica e industriale dopo la guerra come molti credono, sì, anche quella; il merito maggiore sta nella sua politica estera: nell'aver ridato all'Italia una sua credibilità  internazionale, nell'aver riportato il Paese a discutere allo stesso tavolo con gli alleati. Direi meglio: nell'aver restituito al Paese una sua moralità . Questa fu la sua grande opera.

Lei pensa che sia proponibile oggi una nuova Dc?
No, non vedo la cosa possibile. Perché se noi crediamo in una democrazia bipolare, come in America o in Inghilterra, non c'è posto per una terza forza.

Ripenso sempre, con grande ammirazione, a come De Gasperi seppe tenere distinte le due sfere, quella religiosa e quella politica. Ha avuto degli imitatori?
Non saprei. Per mio padre spiritualità  e politica erano fuse. Sapeva di dover governare un Paese per buona parte cattolico e per buona parte laico, era molto rispettoso delle idee degli altri. Tant'è vero che quando si trovò in conflitto con Pio XII per la lista comunale a Roma, in una situazione difficile che il telefilm ha riproposto, disse: se il Papa me lo ordina, io obbedisco. Però mi dimetto subito dopo, non posso più rappresentare altre forze che stanno al governo. Lui è sempre stato molto attento alla laicità  dello Stato.

Quale considera il momento più alto della parabola politica di De Gasperi?
Fu quando andò a Parigi per la Conferenza di pace, nel 1946. Rappresentava un Paese sconfitto, povero, lacerato. Eppure seppe parlare con grande dignità  e umiltà . Le parole che pronunciò sono rimaste celebri: Prendendo la parola in questo consesso mondiale - disse - sento che tutto, tranne la vostra personale cortesia, è contro di me. Il discorso fu accolto con freddezza com'era logico per un Paese che aveva perso la guerra. Solo il segretario di Stato americano gli strinse la mano. Fu il momento più alto e anche più drammatico della sua vita politica.

Ogni uomo, grande o piccolo, lascia sempre in eredità  qualcosa. Qual è l'eredità  che De Gasperi lascia alla politica italiana?
È una risposta difficile. Posso solo dire questo: che vengo chiamata sempre più spesso da scuole e università  a parlare di De Gasperi, che pure è morto mezzo secolo fa. Ci sono giovani che non sanno niente di quell'Italia perché i loro programmi non arrivano fino alla ricostruzione. Sono giovani avidi di sapere com'è cominciata la loro libertà , chi ha sofferto per questo, chi ha voluto ricostruire il Paese. Questa penso che sia un'eredità . Cioè la necessità  di tornare alle origini, di conoscere, di sapere che ci fu una politica sorretta da ideali.

Abbiamo parlato di quello che De Gasperi ha lasciato all'Italia e all'Europa. Ma cosa lascia a lei, a sua figlia?
È stato un padre straordinario, ci ha insegnato tante cose. Ma soprattutto un padre che ci ha dato una grande lezione di vita e di moralità . Ricordatevi sempre - diceva - di seguire la vostra coscienza. Non ci sono leggi che ti insegnano in ogni momento che devi fare. Ma la coscienza è tutto.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017