Al cuor non si comanda

Siamo noi che agiamo i nostri sentimenti o ne siamo agiti? Siamo attori o vittime? Protagonisti o comparse della scelta d’amare?
28 Marzo 2024 | di

«Al cuor non si comanda» è un proverbio ormai popolare che ritroviamo in una citazione del Canzoniere di Umberto Saba: «Amarci… quali oblii domanda! Tu mi rispondi: al cuor non si comanda» (U. Saba, Tutte le poesie, I, Mondadori). I latini dicevano amor caecus, l’amore è cieco. Perfino il grande Kant, filosofo che certo non difettava di razionalità, ebbe a scrivere: «All’amore non si comanda. Cosa può la volontà su un sentimento?» (Critica della ragion pratica, Signorelli). Come a dire: le emozioni e i sentimenti non ammettono imposizioni da parte di nessuno, nemmeno di noi stessi, quasi avessero una vita propria. Quindi, se questo fosse vero, non possiamo farci nulla, solo subire. 
Io credo che ci si debba intendere sulle parole. Al cuor non si comanda: è vero? Dipende da che cosa si intende per cuore e soprattutto da che cosa si intende per amore. È l’eterno dilemma tra ragione e sentimento, tra volontà e passione. Quante volte si giustificano rotture coniugali e tradimenti in nome della supremazia dei sentimenti, che possono mutare, anche contro la nostra volontà! La passione può avere l’ultima parola? Quando si accende una forte passione, magari clandestina, tra persone che hanno già una famiglia o sono già impegnate, siamo tentati di pensare che non ci sia nulla da fare, che si sia impotenti nei confronti di ciò che ci sovrasta e che ci domina: la passione, appunto. Ma passione, etimologicamente, significa patire, subire. Non mi sembra molto accattivante come prospettiva. Si diventa vittime di qualcosa che travolge e che non possiamo, o non vogliamo, gestire ed educare. Siamo noi che agiamo i nostri sentimenti o ne siamo agiti? siamo attori o vittime? protagonisti o comparse?

Credo che si debba distinguere l’attrazione dall’innamoramento e l’innamoramento dall’amore: sono cose diverse, come ci ha ricordato Francesco Alberoni, in quello che, a mio parere, è il suo libro più bello (Innamoramento e amore, Garzanti). L’innamoramento ci fa sentire vivi come non mai. Nella sua fase iniziale è travolgente, non richiede né scelta né impegno. Ma nasconde, tra ebbrezze ed estasi fuggevoli, una sottile fregatura. Dove sta? Sta nel fatto che non costa nulla! Accade e basta; puoi innamorarti anche di qualcuno di cui non dovresti innamorarti. Accade; ti travolge e qualche volta ti sconvolge la vita. L’attivazione straordinaria del sistema dopaminergico ci fa provare eccitazione, euforia, energia, scarso bisogno di nutrirsi e di riposare. Aumenta il livello dell’attenzione fino a sviluppare veri e propri rituali ossessivi e compulsivi. Nessuna esperienza umana è così potente nel farci sentire vivi. Il guaio, o meglio, la fortuna è che non dura a lungo. Il corpo e la psiche si adattano in pochi mesi a queste potenti scariche ormonali. Dura dai dodici ai diciotto mesi circa. 

Ma perché ci innamoriamo? Ve lo siete mai chiesti? Ci innamoriamo per focalizzarci su una sola persona con la quale poter generare figli e costruire una relazione stabile e affidabile che ci consenta di provvedere alla crescita della prole. (Cf. S. Olianti, L’amore non è mai sprecato. Conversazioni su amore e perdono, EMP). La natura non fa le cose a caso o solo per gratificarci. Scrive Helen Fisher, a questo proposito: «L’amore romantico si evolve per aiutarci ad incontrare qualcuno che desideriamo fisicamente ed emotivamente, un partner speciale e unico, la sola persona e non un’altra, a prescindere dal fatto se essi corrispondano o meno a una idealizzata figura del desiderio» (H. Fisher, Perché amiamo. Essenza e chimica dell’innamoramento, Corbaccio). Quando si acquieta la tempesta biochimica, molti innamorati interpretano (male) questo necessario e naturale ritorno all’equilibrio come un segnale che l’amore è finito. In realtà non è neanche cominciato: è solo finito il doping! A questo punto diventa cruciale la dimensione della scelta e della volontà dei partner di coltivare il loro attaccamento reciproco perché diventi un legame duraturo e non semplicemente un tripudio di ormoni eccitati. È in questa fase che si crea il rapporto autentico, durevole e soddisfacente, oppure la rottura definitiva. L’innamoramento è come i fiori di campo: bellissimi, colorati e variegati. Ma durano poco. L’amore che dura, al contrario, è una pianta delicata che va seminata, coltivata, concimata e curata se vogliamo che viva a lungo e continui a fiorire e a dare gioia. 

Oggi che cos’è l’amore? L’amore è difficile da definire perché è un processo; più un verbo che un sostantivo; un verbo che indica un percorso da apprendere, piuttosto che qualcosa di statico e definito una volta per tutte. Più vado avanti con gli anni e più mi convinco che l’amore non è un sentimento, talvolta così volubile e passeggero, ma piuttosto una capacità e una scelta. Si impara ad amare e si sceglie di amare. Amare è un’arte che richiede un paziente e finissimo lavoro artigianale, dedizione, cura, passione e tenacia. Amare è essenzialmente un atto di volontà. Amare qualcuno non è solo un forte sentimento; è una scelta, una promessa, un impegno. Amare è prendersi cura del destino dell’altro e questo esige responsabilità verso l’altro. «La nostra disillusione in campo amoroso riguarda l’amore romantico; ma se si fallisce in amore è proprio perché non si è appresa l’arte di amare. È molto semplice. Spesso confondiamo una passione perfetta con il perfetto amore» (B. Hooks, Tutto sull’amore. Nuove visioni, Feltrinelli). Al cuore si comanda; ad amare si impara e si sceglie di amare. E questo non significa che dobbiamo farci violenza o accontentarci di una vita infelice, ma che possiamo educare i nostri sentimenti per trovare pienezza in qualcosa di grande, di bello e di duraturo, perché, come recita uno splendido verso di Paul Eluard, «l’amore ha il duro desiderio di durare».

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Data di aggiornamento: 28 Marzo 2024
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