Quella domenica a El Segundo

Sobborghi di Los Angeles, California. Una chiesa speciale immersa in un’interminabile distesa di case anonime. Il segno tangibile della santità si materializza nella luce, nel calore, nelle immagini di Antonio.
15 Agosto 2016 | di

Eravamo a Los Angeles per un convegno, e ci avevano alloggiato in un bell’albergo vicino all’aeroporto, pieno di comodità e di macchinette distributrici di cibi vari. Ampie sale, grandi stanze, contenitori di acqua gelata e bollitori per il caffè dappertutto; coperte e cuscini a non finire, letti monumentali. L’arredamento interno era, per la verità, un po’ pesante, con tende di finto broccato alle finestre, copriletti damascati in stile spagnolo, e un grande divano moresco, ma – come si dice – nessuno è perfetto... e ci stavamo benissimo. Sabato sera prendemmo parte alla cena collettiva dei partecipanti al congresso. La domenica ci svegliammo piuttosto tardi. «Se volete andare a messa – ci disse un collega a colazione – proprio qui vicino c’è sant’Antonio. Vi piacerà».

E fu così che, in compagnia di due amiche, mi avviai verso il quartiere di El Segundo, naturalmente non a piedi (attività che a Los Angeles è praticamente sconosciuta, a meno che uno non corra per sport, in tuta e sugli appositi percorsi), ma con la comoda macchina di Rita, la mia cugina armena che vive là e conosce le strade. Ma in quella ventosa domenica di febbraio, anche Rita si perse in quel sobborgo dell’infinita distesa di case che è la città. Così girammo un po’ a caso nei dintorni dell’albergo.

Quando, finalmente, arrivammo alla chiesa, nello spiazzo intorno non c’era quasi più posto; ma sotto la tettoia esterna, saliti un paio di gradini, già una grande statua di Antonio, maestosa e accogliente, stava lì a ricordarci che entravamo in casa sua, e a invitarci al raccoglimento. Il Bambino era fra le sue braccia, cullato; e ammirai l’eleganza delle sue belle mani appoggiate sulla vestina. C’erano anche i gigli, aperti e quasi sfatti. Poi, nel pronao, vidi la vetrata sulla destra.

Un raggio di luce prepotente, improvviso, me la rivelò, saettando attraverso la figura che la occupava tutta: ed ecco un altro sant'Antonio, molto più tormentato e malinconico, quasi sofferente. Inserito in una cornice, tra fiori rossi in alto e un pavimento a triangoli bianchi e neri sotto i piedi, luccicava di colori intensi, quasi primaverili: rosso dei fiori e oro delle aureole in alto, caldo marrone della veste e azzurro nello sfondo in basso, che si stagliava sul bianco e sul nero. In alto, nella lunetta, l’Agnello in piedi sul Libro. Teneva ben stretti il Bambino col braccio destro, e un lungo ramo di gigli ancora chiusi, come stilizzati, col sinistro. 

La chiesa era gremita e calda di folla. Tutti i banchi occupati, gente in piedi che si voltò al nostro ingresso, guardandoci con curiosità. L’usciere (sempre presente nelle chiese americane) ci raggiunse in fretta, e ci sistemò in un piccolo banco laterale, sussurrando, con tono di rimprovero, che eravamo in ritardo. Mi misi ad ascoltare, ma la messa era in spagnolo e non riuscivo a capire che pochi frammenti di parole. Al Vangelo, la voce tonante del predicatore suonava molto bene, era forte e suadente, ma anch'essa quasi incomprensibile. Così ognuna di noi si concentrò sul foglietto in inglese che avevamo preso all'entrata. Lasciai vagare lo sguardo e la mente.

Una fitta schiera di uomini silenziosi e attenti stava in piedi in mezzo alla navata. Poi cominciarono a cantare tutti insieme, a gola distesa, con voci forti piene di calore e passione, lodi a Maria e ad Antonio, il loro santo, il protettore della loro chiesa. E allora tutti ci perdemmo nel canto, come fossimo su una nave fra le stelle, rivolta chissà dove, ma con un bravo nocchiero. E mi accorsi in quel momento che sulla parete di fondo, a sinistra dell’altare, c’era un’altra sua immagine dipinta sul muro. E fu come se Antonio si fosse rallegrato di quel calore che ci univa nel canto, e per un momento avesse abbracciato anche noi con il Bambino.

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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