26 Settembre 2014

Posso entrare?

Il Signore parla, chiama, interpella con fantasia e nelle situazioni più disparate. Lo sanno bene i giovani ospiti del postulandato di Osimo (Ancona), presso il santuario di San Giuseppe da Copertino.

Le abitazioni hanno di solito uno spazio che mette in contatto l’esterno con l’interno, ciò che sta fuori dalla casa con ciò che vi è dentro. Oltrepassata la soglia, pulite le scarpe su un ruvido tappetino, si è nell’atrio: solo una manciata di metri quadri, ma assai funzionali nel loro arredamento essenziale. Uno ha tempo, mentre appende all’attaccapanni il giubbino, per «geolocalizzarsi», fare mente locale, tirare il fiato. Soprattutto attivare mente e cuore per l’incontro che sta per accadere. Lì ci accoglierà il padrone o la padrona di casa, con un abbraccio o una più formale stretta di mano.



Se poi fosse la prima volta per entrambi, ci si presenterà almeno alla spicciola: giusto nome e «piacere!». È l’inevitabile ma anche necessaria anticamera per essere introdotti poi all’interno della casa, fino ai suoi spazi più intimi.



L’immagine rende bene anche quei momenti della nostra vita quando, di fronte a scelte importanti e improcrastinabili, ci siamo dati un «tempo congruo» per capircene qualcosa di più: per verificare, sperimentare e, alla fine, prendere una decisione. 



Tale è, fuor di metafora, il postulato di Osimo: uno spazio che è anche fisico ma soprattutto formativo e relazionale, all’interno del convento francescano di questa città. Qui un gruppetto di giovani vivono assieme e, aiutati in particolar modo da fra Paolo e fra Danilo, provano a capire meglio e con verità che cosa il buon Dio sogni per ognuno di loro. Soprattutto se ciò ha magari a che fare con la vita francescana. Con l’entrare in convento, come con lapidaria sintesi si è soliti dire.



Se, come mi racconta fra Paolo, il motivo che spinge tanti giovani a bussare alle porte del convento non è tanto un bisogno di autorealizzazione personale – giacché praticamente tutti provengono da esperienze di autonomia e di realizzazione lavorativa – quanto piuttosto l’essere attratti dalla nostalgia di relazioni, allora è proprio di un’esperienza concreta di fraternità ciò di cui questi giovani vanno in cerca.

 

Famiglia per discernere

Come dire che il primo strumento formativo utile per il discernimento vocazionale è proprio la famiglia dei frati. Lo sforzo di vivere assieme, giorno per giorno, compunti davanti al Santissimo in chiesa o caciaroni in refettorio, impegnati con ammirabile pazienza in confessionale o con devozione nell’accoglienza dei gruppi che, numerosi, visitano il santuario di San Giuseppe da Copertino, il santo dei voli.



Così, oltre a momenti specifici di formazione, aiuto alle parrocchie o esperienze di carità con i «barboni», giovani in ricerca e frati condividono la preghiera liturgica e la quotidianità della vita conventuale. Ma anche momenti di gioiosa fraternità «fuori porta». Negli incroci quotidiani, lungo i corridoi, rassettando il giardino, ci si annusa e ci si scruta. È in quegli istanti che ci si testimonia reciprocamente la gioia e la fatica della strada percorsa per gli uni, ancora d’avvenire per gli altri. È lì che lo Spirito Santo fa letteralmente quel che vuole e come vuole, ma aiutando tutti, il frate e il giovane, a continuare la ricerca della misericordia di Dio e dei fratelli.



Il bagaglio con cui questi giovani sono giunti qui è ben più ingombrante del paio di valigie sufficienti per gli indumenti necessari, qualche libro e una selezione di ricordi personali. C’è la storia di ognuno: costellata di avvenimenti, costeggiata da una parte e dall’altra non dai cipressi di carducciana memoria, quanto da meno poetici ma altrettanto insistenti, «Perché non scendi? Perché non ristai?», frammenti di emozioni, sogni, progetti, sofferenze. Ascoltarli, mentre ti regalano pezzetti della loro storia, commuove. Ma allo stesso tempo stupisce: per la fantasia di Dio, per la sua tenacia, per la tempestività nell’intervenire di fioretto o a gamba tesa a seconda delle situazioni. Per la pazienza con cui srotola le esistenze di questi giovani, talvolta lasciando loro da sbrogliare la matassa o accettare i nodi troppo aggrovigliati. Ma meraviglia tanto quanto la loro disponibilità a mettersi in discussione.

 

Tanti nomi, tante storie

Così c’è Flavio, romano, 34 anni, che una decina di anni fa si ritrova a fare seriamente i conti con la sua fede. Una vita normale, tra amici, serate più o meno ad alto tasso alcolico in discoteca, studi universitari di ingegneria e poi un ottimo lavoro, pratica religiosa di routine («andavo in chiesa praticamente ogni domenica pomeriggio, ma non avevo mai incontrato il Signore!»), e poco più. Finché qualcosa comincia a insinuarsi tra tutto questo: alcuni episodi, qualche coincidenza. Soprattutto un pellegrinaggio a Medjugorje, accolto inizialmente con poca convinzione. Sperimentata la forza di Dio ma allo stesso tempo la responsabilità della propria libertà, Flavio riprende in mano il sogno di seguire le orme di Francesco d’Assisi. Percorso graduale che, grazie anche alla compagnia di un frate, lo ha portato qui a Osimo.



Ma non di meno è la storia di Jstriano, 32 anni, che, a dispetto del nome, l’inflessione dialettale smaschera subito come toscano. Infanzia difficile, relazioni familiari dolorose in particolare col padre, la scuola lasciata troppo presto per aiutare la mamma, difficoltà e delusioni in parrocchia, un periodo di abbandono della fede. Fino all’incontro con una ragazza che lo invita a un gruppo giovanile di un’altra parrocchia. Qui scopre la Parola di Dio e la preghiera («anche mentre lavoravo alla cassa in negozio!»), e in lui riemerge, dai suoi lontani 15 anni, il sogno di farsi frate. Che passa attraverso la relazione d’aiuto con i formatori del postulato: «Per me sono come un babbo! Riscopro l’essere figlio, abbandonandomi con fiducia nelle loro mani, accogliendo la bellezza anche di un rimprovero!». Ora ha iniziato a studiare teologia, assieme agli altri postulanti, ed è entusiasta, e sorpreso, dei risultati.



Ma c’è anche Gianluca, reduce dall’esperienza dell’Anno di Volontariato Francescano al Villaggio Sant’Antonio di Noventa Padovana. O Cesar, che è giunto dal lontano Perù. «Un formatore si sente realizzato quando può vedere come cresce la relazione tra il giovane e Dio. Il fatto che poi questi sia chiamato o meno alla vita religiosa francescana, viene dopo», conclude soddisfatto fra Paolo. Davvero tutti i variopinti pezzetti delle nostre storie sono preda ambita di Dio!









INFO

Convento San Giuseppe da Copertino

Piazza Gallo, 10

Osimo (AN)

Tel. 071 714523



 

Se ti stai domandando che cosa il Signore desidera per te, o se ti incuriosisce la vita francescana, visita: www.vocazionefrancescana.org

Vi troverai un frate pronto ad ascoltarti e a consigliarti!

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017