La fattoria della speranza

Molti bambini e bambine, a Kola, in Tanzania, non potevano più andare a scuola, a causa della povertà provocata dai cambiamenti climatici. Una suora locale è riuscita in un’impresa impossibile...
05 Gennaio 2024 | di

Ci sono luoghi del mondo che sembrano incroci di male, dove a povertà si aggiunge povertà. Eppure è proprio in questi luoghi perduti che, grazie alla creatività e alla passione delle persone, può cambiare tutto, talvolta in modo sorprendente. È il caso di un progetto, sostenuto da Caritas sant’Antonio a Kola, un villaggio nell’entroterra rurale della cittadina di Morogoro, in Tanzania, a circa 200 chilometri a ovest dalla capitale Dar Es Salaam. Proprio qui, una suora locale, Catherine Urassa, della congregazione del Graal, ha iniziato da cinque anni un lavoro a fianco delle bambine e dei bambini più poveri, costretti ad abbandonare la scuola. 

«La gente – spiega suor Catherine – qui vive di agricoltura di sussistenza; ma oggi, con la crisi climatica, le piogge sono imprevedibili e i raccolti vanno persi, rendendo le famiglie ancora più povere. Molte non possono più permettersi di mandare i figli a scuola». Fuori dalla scuola, però, i pericoli si moltiplicano, soprattutto per le bambine, l’anello più debole di una società che tende a metterle all’ultimo posto. «La cultura locale – sottolinea suor Catherine – educa le bambine alla sottomissione all’uomo. Senza la scuola, unica possibilità di riscatto, c’è solo il lavoro in casa e la cura dei fratellini o, peggio ancora, una gravidanza o un matrimonio precoci». Ma anche i bambini corrono gravi rischi, «diventano corrieri della droga e manodopera per la criminalità». D’altro canto, a Kola c’è poco lavoro «ma, anche se ci fosse, molti ragazzi e ragazze non avrebbero gli strumenti per accedere a nuovi impieghi o per iniziare un’attività in proprio, mentre l’agricoltura tradizionale, unica fonte di reddito, è in profonda crisi». Una via che sembra senza sbocco. 

In molti si sarebbero rassegnati, ma non suor Catherine, che ben conosce la situazione. Con l’aiuto della comunità, crea un piccolo allevamento. Grazie a questa iniziativa riesce a pagare qualche libro, una divisa, alcune rette scolastiche. Poco dopo richiede alla superiora della sua congregazione di fondare un’organizzazione non governativa, la Mtoto ni hazina, che in lingua swaili significa «Ogni bambino è un tesoro», per cercare in qualche modo di ufficializzare l’esperienza e trovare aiuti. Intanto aumentano i bambini e le bambine che riesce a riportare a scuola. Quando scrive a Caritas sant’Antonio, nel febbraio del 2023, ne sta seguendo 19, di cui 5 sono ragazze grandicelle, da tempo fuori dal circuito scolastico e ormai considerate perse; ma è angustiata, perché sa che «moltissime ragazzine e ragazzini avrebbero bisogno di aiuto», ma lei proprio non ce la fa.

La lettera che manda è priva dei requisiti richiesti da un’organizzazione benefica, e del resto la sua Ong è così povera da non potersi permettere personale specializzato; ma dalle sue parole traspare una passione autentica, che Caritas sant’Antonio decide di cogliere chiedendo informazioni ai frati francescani della zona. Fra Geronimo Munishi, il provinciale della Tanzania dei frati Minori conventuali, ha conosciuto di persona suor Catherine: «In ogni luogo in cui ha operato, ha sempre aiutato i bambini poveri; alcuni di loro li ha portati all’università. Fate bene a fidarvi di lei».

Caritas sant’Antonio aiuta suor Catherine nella costruzione del progetto, è anche un modo per far crescere le professionalità della sua Ong. Lavorando insieme, la suora riesce a dar corpo al suo sogno: avviare una fattoria professionale. Servono 5 mucche da latte, 30 maiali, 300 galline, le gabbie, le mangiatoie, le incubatrici, i mangimi per un anno, i costi per il veterinario e per la forza lavoro. Il fine è rendere autonoma l’associazione, avere maggiori risorse per far rientrare nel programma di recupero scolastico 102 tra ragazze e ragazzi e cominciare una prima esperienza di formazione professionale nel settore dell’allevamento, della produzione di carne, latte e uova, fino alla preparazione del pellame. La parrocchia e la comunità offriranno il terreno e il team di esperti per gestire il progetto. La cifra richiesta è di 14.500 euro.

Nel giro di pochi mesi suor Catherine riesce a portare a termine il progetto, rispettando budget e scadenze. Le ragazze e i ragazzi aiutati sono oggi di più del previsto, 106, invece di 102. «Siamo felici di essere nel progetto – dichiarano in una lettera di ottobre 2023 Joseph, Angela, Susy e Juma –, abbiamo l’opportunità di ritornare a scuola anche se siamo un po’ vecchietti. Suor Catherine ci paga il materiale scolastico, le uniformi, le scarpe e persino lo scuolabus. Nel fine settimana cucina per noi e ci fa bere il latte». Anche suor Catherine manda la sua testimonianza: «Ci sono stati degli intoppi, i costi in salita, ma in compenso abbiamo avuto grandi doni: una mucca incinta ha partorito 2 vitellini e una femmina di maiale addirittura 13 piccoli!». Ma soprattutto è cambiata la visione delle cose: «L’esempio della nostra fattoria dimostra che è importante andare a scuola, che è possibile creare nuove professioni e nuovi lavori, meno sensibili ai cambiamenti climatici, e produrre cibo a minor costo, a favore della comunità. Dio vi benedica». M

Segui il progetto su www.caritasantoniana.org

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Data di aggiornamento: 05 Gennaio 2024
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