Il vasaio non scarta nessuno

Nulla di irreparabile sullo scranno del vasaio. Storia di Toni, ceramista di Bassano del Grappa e di capolavori sempre possibili.
25 Ottobre 2019 | di

Lui era «il Toni», un po’ selvatico e bevitore, e con il cane «Furia», mite e affettuoso clochard come il padrone, formavano una coppia che a Padova faceva figura e qualche danno, poca cosa.

Toni, o Antonio, smaniava per essere creduto quando ripeteva di essere maestro ceramista in quel di Bassano del Grappa, e che da lui erano usciti bei pezzi in terracotta e ceramica, variegati boccali da osteria, e poi ancora vasi e vassoi e composizioni di ogni tipo.

Dare vita alla creta era stata la sua stessa vita, smarrita poi nell’alcol, ma che voleva a tutti costi recuperare, e ci supplicava di entrare nel suo sogno di sedersi ancora al tornio e, con gambe e mani, rifare il «miracolo».

Da un pugno di impasto grigio veder nascere una ciotola che allarga la sua forma, un vaso slanciato che cresce tra le mani ben ferme sul piano rotante, mentre la terra riceve forme e finezze improvvise che incantano l’autore stesso.

Nulla di irreparabile sullo scranno del vasaio, tutto può essere sempre sperimentato, corretto, rifuso, sospeso per un po’, e un capolavoro è sempre possibile.

Anche una forma non partita bene può essere riplasmata: il buon vasaio non conosce la categoria dello «scarto». Tuttavia, la velocità da imprimere all’elemento che ruota, la giusta umidificazione dell’impasto, l’abilità delle palme e della dita e i tocchi sapienti di decoro, non si improvvisano, tutto richiede molta preparazione e cura.

Noi frati fummo così presi dal sogno di Toni che avviammo con lui un piccolo atelier. Avrebbe fatto bene a lui e a noi. Credo che anche sant’Antonio si sia incantato, come noi, col Toni, a vedere le magie dei vasai. E gli fu facile somigliare il loro lavoro, creativo e rigoroso, all’opera creatrice e ricreatrice di Gesù Cristo.

Il Santo vede nel bravo maestro vasaio – di ieri e di oggi – il Cristo che «si umiliò» sul suo tornio, imparò a usarlo, diresse i suoi muscoli a far girare il tornio della Salvezza nella giusta direzione, e la sua Croce fu il tornio che generò il capolavoro dell’«uomo nuovo».

Il nostro artista Toni aveva questo senso «religioso» della propria arte e non vi si cimentava quando il proprio tasso alcolico gli rovinava la gioia di creare. Antonio ci dice che Gesù tenta e ritenta di fare di noi un capolavoro senza fermare mai il suo tornio, per poter dire con soddisfazione, alla fine: «Tutto è compiuto» (Gv 19,30).

Grazie maestro Toni, abbiamo imparato molto anche da te... magari non le tue bevute!

Data di aggiornamento: 25 Ottobre 2019
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