Dell’umiltà si è detto molto. Ma spesso, soprattutto al giorno d’oggi, la si dipinge come una caratteristica (non certo una virtù) da rifuggire, tipica di persone rinunciatarie, «perdenti». E invece l’umiltà è tutt’altro, come spiega benissimo il libro di Francesc Torralba Roselló, Umiltà. Una virtù discreta. La parola deriva da humus, terra, e sta quindi a indicare un’attitudine molto concreta, che, appunto, ci «radica» nella vita dandoci una solidità che di rinunciatario non ha proprio nulla.
Per i cristiani, la scienza è dono di Dio. È, al contempo, osservazione della realtà, scoperta da condividere ed esercizio di umiltà. Al servizio di tutti.
Scoprire cose che non vai cercando: ecco la definizione di serendipità. Non è casualità, ma richiede una mente preparata, nel contesto giusto e a tempo debito. L’autore propone molti esempi, a partire dall’origine serendipitosa del termine stesso, che ci consentono di apprezzare i diversi gradi della scoperta dell’inatteso, e giunge a suggerire la serendipità come elemento chiave del processo dell’invenzione stessa, che parte sempre dall’umiltà di chi sa di non sapere e continua a cercare.
Molti dicono che Romena sia il posto degli umili. Io invece credo sia il posto degli umiliati. Di coloro che sono stati gettati a terra dalla vita e quella terra hanno deciso di lavorarla, per far rifiorire la propria esistenza. La parola umiltà deriva da humus, ed essere umili significa proprio questo: sentirsi responsabili della propria vita, senza aspettare che altri se ne facciano carico per noi.