Vivere (e mangiare) facile

Il piano per rendere accessibile Milano e gli spazi di Expo a tutti i visitatori testimonia come negli ultimi tempi l’immagine collettiva legata alla disabilità sia mutata, privilegiando sempre più il confronto e l’integrazione.
27 Maggio 2015

«O mia bela Madunina che te brillet de lontan / tuta d’ora e piscinina, ti te dominet Milan». Così cantava il ritornello della nota canzone popolare, perché «Milan l’è un gran Milan»! Anche durante la crisi e le controversie politiche che l’hanno coinvolta negli ultimi anni, la città natale di Enzo Jannacci rimane la capitale economica del nostro Bel Paese, nonché il catalizzatore ufficiale delle novità estere; una metropoli affascinante e dalle mille difficoltà, ora messa a ferro e fuoco dal grande evento dell’Expo 2015. Un appuntamento, quello dell’Esposizione universale, che ha sconvolto la planimetria della città – già costretta a ripensarsi tra vecchio e nuovo dalle diverse giunte – e che ora condizionerà, non necessariamente in negativo, gli spostamenti di molti, comprese le persone con disabilità. Grazie all’impegno di tanti, non ultimo quello del mio caro amico Franco Bomprezzi, che se n’è andato lo scorso dicembre, l’accessibilità all’Expo è stata, infatti, resa possibile e con una certa eco. Un crocevia di volti, di ruote e di originalità renderà la situazione movimentata, e per questo ancora più ricca e interessante. Anche la disabilità finirà così per «esporsi» in un contesto di quotidianità da un lato e in un’occasione di respiro internazionale dall’altro. Una bella conquista.

La mia mente ritorna a quando da bambino, nei ridenti anni Sessanta, mi recai con i miei genitori in visita a Roma. Anche là (come oggi a Milano) c’era un bel crocevia di figure da tutte le parti del mondo. Io ero una di quelle e mi sembrava normale passeggiare in mezzo a loro. Se non che in albergo, al momento del pranzo e della cena, fui «invitato» con la mia famiglia a mangiare in camera, così da non turbare gli altri ospiti della struttura… Questo episodio oggi – in pieno clima Expo 2015 – mi fa sorridere. Che dire? A distanza di oltre mezzo secolo il cibo è più o meno lo stesso e i sapori sono simili (pur con tutti i mutamenti climatici e non solo, e le nuove tecniche di coltura): a essere cambiati sono, però, il contesto e l’immagine collettiva legati alla disabilità. Ce lo dimostra anche il gruppo di persone (con disabilità e non) che ha partecipato alla costruzione di «Expofacile», un piano per rendere accessibile lo spazio dell’evento e l’intera città a ogni tipo di turisti e visitatori.

La prima Esposizione universale si tenne a Londra nel 1851. Nata per aprire gli orizzonti alla scoperta scientifica, la Great exhibition puntava anche a migliorare la qualità della vita e ad alimentare il gusto della meraviglia. Centosessantaquattro anni dopo la tradizione prosegue. Pur con tutte le contraddizioni che i grandi eventi portano con sé, credo che la spinta originaria di Expo 2015 ci conduca anche verso qualcos’altro: dalla scoperta alla fiera delle vanità, dal commercio al confronto su dati di realtà. Tutto questo è parlare di integrazione e accessibilità. L’Esposizione universale di Milano è un grande salotto dove gustare ogni cibo…

E voi, preferirete mangiare al chiuso o all’aperto? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.  

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017

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