Una «vie en rose» contro la violenza

La violenza di genere è un tema scottante e alla ribalta. Ma nessuno sembra essersi occupato del caso in cui a subire i maltrattamenti sia una donna con disabilità. Lo ha fatto, di recente, la rivista «Hp-Accaparlante».
17 Febbraio 2016 | di

Accanto alla mia scrivania a documentarsi, scherzare e confrontarsi su quello che accade nel mondo c’è sempre Valeria, collega e cara amica che, con il suo benestare, spero ora non me ne vorrà, ho negli anni soprannominato «Volpina». Ma chi è Valeria? Valeria Alpi, questo il suo nome per esteso, è una giornalista da tempo attiva su più fronti, dal rapporto sessualità e disabilità alle differenze di genere, caporedattrice della storica rivista del Centro documentazione handicap di Bologna «Hp-Accaparlante».

Un bel giorno, mentre stavo navigando su internet a caccia di notizie, Valeria con la sua andatura dondolante mi si è avvicinata silenziosa per poi guardarmi dritto negli occhi e sottopormi, con una certa veemenza, queste domande: «Ma secondo te, Claudio, i percorsi di uscita dalla violenza alle donne riescono ad accogliere anche le donne con disabilità? Le case rifugio, ad esempio, sono accessibili? I servizi di aiuto hanno degli strumenti di comunicazione che si adattino a vari tipi di disabilità? E i servizi socio-sanitari che si sono sempre occupati di disabilità, sono in grado di gestire l’emergenza di una violenza fisica o psicologica contro una donna disabile? Che cosa intendiamo per forme di violenza quando chi le subisce ha una disabilità?»… E così il pezzo di brioche che stavo mangiando mi è andato di traverso e un grosso punto di domanda è comparso sulla mia faccia. Ma perché tutte queste domande? Soprattutto: che cosa rispondere? Mi sono reso conto di avere una totale mancanza di strumenti di giudizio in materia e di fatto di non aver mai approfondito la questione, o forse, diciamolo, di non averci mai realmente pensato. Sapevo, però, di non essere il solo a brancolare nella nebbia. Il tema della violenza di genere è davvero una questione delicata, spesso se ne parla troppo, come negli ultimi anni sui media, oppure non se ne parla affatto, come a scuola. In ogni caso, sia che si faccia allarmismo o che lo si ignori completamente, non stenterei a definirlo ancora un tabù. Se poi allo stato dei fatti si aggiunge la disabilità, ecco che la questione si complica.

A cercare di farsi strada in questo tortuoso sentiero ci ha provato tuttavia l’ultima monografia di «Hp-Accaparlante» La vie en rose, a cura, tra gli altri, della nostra Valeria. La vie en rose… Un titolo, un’immagine, una canzone che ci racconta come, se a essere vittima di violenza – sia essa domestica, piscologica o sul luogo di lavoro – è una donna con disabilità, le possibilità di reazione, già complesse in partenza, quasi si annullano. E così ancora lei, La vie en rose, ci offre una raccolta di testimonianze ma anche di risposte alle stesse domande che Valeria mi ha rivolto, molti numeri utili e una bella riflessione sul come farsi «organismi ricettivi» in ascolto e in azione che finalmente getta sul problema un po’ di chiarezza. La morale è sempre la stessa: bisogna documentarsi, è così che i punti di domanda svaniscono. Anche perché, l’ho sempre sostenuto, finché non ci sarà la pace tra uomo e donna non ci sarà la pace tout court

Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017

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