24 Ottobre 2016

Rispetto sì, ma a che cosa?

Ogni luogo ha una specifica vocazione e un determinato utilizzo. A volte, però, anche un posto sacro come la casa di Dio può cambiare destinazione. Per il bene del prossimo e la gloria del Signore.
Volontari della Comunità di sant'Egidio preparano il pranzo di Natale con i poveri nella Basilica di Santa Maria in Trastevere (Roma).
Volontari della Comunità di sant'Egidio preparano il pranzo di Natale con i poveri nella Basilica di Santa Maria in Trastevere (Roma).
Antonella Di Girolamo / Archivio MSA

«Egregio direttore, con tante alternative possibili (sale consiliari comunali, provinciali, regionali, saloni per conferenze, oratori, ostelli, campi sportivi coperti, ecc.) era proprio necessario trasformare alcune chiese monumentali di Roma e Napoli in refettori per il pranzo di Natale pro bisognosi, senzatetto, immigrati ecc.? E, se era proprio indispensabile, non sarebbe stato il caso da parte delle autorità ecclesiastiche di togliere Gesù sacramentato dai tabernacoli e spostarlo in un posto sacro più rispettoso della sua divinità, in modo da preservarlo da aerofagie e meteorismi vari? A me da piccolo hanno sempre insegnato ad avere rispetto della casa di Dio. Io, che parlo da equilibrista sulla soglia della povertà, qualora cadessi nell’indigenza assoluta, consumerei il mio pranzo caritatevole di Natale certamente in un posto più adeguato alla circostanza, e riserverei la casa di Dio solo per la preghiera e l’ascolto della Sua presenza. Cordiali saluti».  Luigi – Caserta

Il rispetto è una cosa sacrosanta, e lei fa bene a ricordarcelo, caro signor Luigi. Perché in giro se ne vede ben poco. Anche il rispetto, però, non è un valore assoluto, ma è sempre rispetto «a» qualcos’altro. Ciò vuol dire che cambia, nel tempo e nello spazio. Perché cambia il significato condiviso che noi diamo a gesti e riti: per mia nonna era un segno di rispetto di Dio andare a Messa con il velo in testa, per un indios della foresta, invece, è andarci nudo. Mia nonna velata sarebbe abbastanza ridicola in una chiesa di frasche in mezzo agli alberi, tanto quanto un indio nudo desterebbe qualche seria perplessità in una nostra chiesa parrocchiale. Ma entrambi stanno cercando di lodare il Signore. Ognuno dei due, dal proprio punto di vista, è onesto, e speriamo che lo sia anche nel rispettare, appunto, la posizione dell’altro, senza fare della propria una verità di fede. La fatica che spetta a tutti è quella di capire che cosa dicono, a noi e agli altri, i gesti che compiamo. Circa il tema su cui stiamo ragionando, bisognerebbe anche domandarsi se rispondono o meno al Vangelo e alla tradizione genuina della Chiesa: rispetto sì, ma rispetto a che cosa?

Allora, chi ha organizzato pranzi e cene per i poveri all’interno delle chiese avrà sicuramente letto la pagina del Vangelo di Matteo circa il dar da mangiare agli affamati e via dicendo (Mt 25,31-46). Dove, attenzione!, Gesù non ci ordina semplicemente che cosa fare o no agli altri, ma afferma che chi fa questo a un povero, be’, lo fa a lui. Insomma, il povero è anch’esso «presenza eucaristica», in lui c’è tanto Gesù quanto nella particola consacrata all’interno del tabernacolo, seppur in maniera diversa ma non contrapposta. Il povero «è un segno sacramentale», ha detto papa Francesco (13 dicembre 2014). Ma avrà anche letto dei tanti banchetti a cui Gesù, senza alcun rispetto per le preoccupazioni legaliste dei farisei, partecipa in compagnia di poveri, peccatori, prostitute e pubblicani (Mc 2,16).

Perché allora pensare che per non mancargli di rispetto bisognerebbe cacciarlo fuori di chiesa quando questa si dovesse riempire di simili combriccole? E per fare cosa poi di così disdicevole? Mangiare? Ma Gesù non ha proprio fatto di una cena il memoriale della sua presenza per sempre tra di noi? E si offenderà se a casa sua, con altre cene, lo rendiamo presente nella carità ai poveri? Le nostre prime chiese non erano «domus ecclesiae», e cioè le case stesse dove vivevano i cristiani? Le prime Messe non si celebravano sul tavolo in cucina? E per tanti secoli, le chiese non sono state anche luoghi di ritrovo e di assemblee cittadine, di ricovero dei malati o di rifugio notturno per pellegrini? Ciò detto, penso anch’io che ogni luogo ha una sua specifica vocazione e perciò utilizzo. Ma come non mi scandalizzerei di una Messa celebrata in un refettorio, allo stesso modo anche di una cena occasionalmente consumata in chiesa.  

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017

2 comments

29 Ottobre 2016
questa sua risposta mi ha rimasto a bocca aperta . senza poter aggiungere nientr'alto. ma nello stesso tempo ha aperto la mia mente a una riflessione realistica della nostra vita e esistenza. e realta' del vero messaggio di Cristo. grazie a lei per la risposta e grazie a Luigi per la sua domanda.. ciao sia lodato sempre il Signore...
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di antoni

3 Aprile 2023
Non penso proprio che S. Antonio l'avrebbe pensata come lei, mi dispiace! Salvando la sua buonafede, oggi si fa di tutto per banalizzare la fede e i luoghi di culto, altro che per aiutare i poveri, chi non lo ha capito??
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di Anna

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