Rinati dall’alto

Riceveranno nella notte di Pasqua il battesimo, la cresima e l’eucaristia: sono i catecumeni, persone che, da adulte, hanno incontrato Gesù e risposto «sì» alla sua chiamata. La vita di tutti i giorni, da allora, non è più la stessa.
26 Marzo 2014 | di

«Chi di voi sa la data del suo battesimo alzi la mano! Eh, pochi eh, pochi». L’invito di papa Francesco all’udienza dell’8 gennaio, rilanciato dagli altoparlanti di piazza San Pietro e dalle televisioni di mezzo mondo, avrà fatto arrossire milioni di cattolici. Ma quella del Papa non è stata una provocazione fine a se stessa per prenderci in castagna, bensì un modo per sottolinea­re quanto importante sia per un cristiano il momento in cui è stato rigenerato in Gesù. In Italia ogni anno sono circa 400 mila le date di battesimo da ricordare, tanti sono i bambini portati al fonte dai loro genitori.

Ci sono poi alcune centinaia di battesimi «speciali» che da qualche tempo a questa parte stanno avendo un’eco crescente. Sono quelli di chi da adulto – proveniente da altri credi, o dall’ateismo, o dall’indifferenza religiosa – ha incontrato Cristo e ha creduto in lui, tanto da chiedere di entrare nella sua Chiesa a tutti gli effetti, attraverso la porta dei sacramenti. Li chiamano «convertiti», ma il loro nome più appropriato, dal sapore antico e un po’ misterioso, è «catecumeni».

Ciascun catecumeno ha una storia personalissima, spesso avvincente, di scoperta della fede nelle circostanze le più diverse e particolari – lo Spirito non solo soffia dove vuole, ma lo fa anche con grande fantasia –. Tuttavia, qualunque sia il punto di partenza e il cammino seguito, i passi dei catecumeni convergono tutti verso la notte santa della Pasqua, che per il 2014 è quella tra il 19 e il 20 aprile, quando riceveranno il battesimo, verranno confermati nella cresima e, per la prima volta, assumeranno il corpo di Gesù nell’eucaristia. Per i catecumeni, certo, il momento è decisivo e speciale, ma anche chi è già cristiano resta toccato da quanto sta accadendo. Il sentimento è duplice. Da una parte c’è la gioia, perché nella grazia di Dio si stanno accogliendo nuovi fratelli e sorelle nella comunità; dall’altra, si infilano tra mente e cuore interrogativi sulla propria fede personale anche, per certi versi, scomodi, come quello sulla data del battesimo...

In Italia il catecumenato degli adulti è una realtà abbastanza inedita, spiazzante. Ma basta allargare l’orizzonte del tempo per scoprire che non si tratta affatto di una novità. Il Nuovo Testamento è punteggiato dalle storie di adulti che trovano la fede e chiedono i sacramenti, da Paolo di Tarso al centurione Cornelio, solo per fare due esempi. Nei primi secoli, in genere, si diventava cristiani da adulti. Col tempo, e con la progressiva cristianizzazione della società europea, la prassi del catecumenato di fatto sparisce, a favore del battesimo dei neo­nati. Si ricomincia a parlarne grazie ai missionari, a partire dal XVI secolo, in Africa e in America. In Europa torna a fare capolino in Francia, dagli anni Cinquanta del Novecento, come risposta alla secolarizzazione. Su queste basi, a dare nuovo impulso al catecumenato è il Vaticano II, con la Sacrosanctum Concilium, che nel 1978 ha ispirato il Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti, testo di riferimento per il catecumenato nel nostro Paese. Altri «indizi» di questo percorso sono poi rintracciabili nell’architettura sacra – gli antichi battisteri a lato delle chiese madri – e nella liturgia, in particolare nella Quaresima, quando la Chiesa propone letture e simboli volutamente «battesimali»: quest’anno, ad esempio, nelle Messe festive si passa dall’«acqua viva» di cui parla Gesù alla Samaritana, alla vista donata al cieco nato, alla nuova vita di Lazzaro, tutte prefigurazioni della salvezza che ci è offerta col battesimo.
 
Un fenomeno in crescita
Quale volto hanno i catecumeni che in Italia si stanno preparando a diventare cristiani? Il più indicato a tracciare l’identikit è don Paolo Sartor, responsabile del Servizio per il catecumenato della Cei e di quello diocesano di Milano. Le sorprese non mancano, a partire dall’età, perché la maggioranza dei catecumeni ha tra i 20 e i 30 anni. «Ci sono anche quelli più giovani ancora – spiega don Sartor – perché per il diritto canonico la disciplina del catecumenato degli adulti con i tre sacramenti insieme si applica a partire dal quattordicesimo anno di età. Rarissimi sono i casi di persone anziane.

Due catecumeni su tre sono stranieri, provenienti in particolare dall’Europa dell’Est, mentre le altre zone sono abbastanza ripartite, con una crescente presenza di africani e di latinoamericani». Ma la vera novità sono gli italiani che, pur restando una minoranza, sono in aumento. In realtà, sarebbe più appropriato parlare al femminile, perché le donne rappresentano circa il 60 per cento del totale. «In genere – prosegue il responsabile Cei – si decide di intraprendere il percorso dopo aver incontrato la comunità cristiana in particolari situazioni di vita, nelle quali si è ricevuto un aiuto materiale o morale, di vicinanza e di presenza. Qualche volta la molla è stata la testimonianza di amici cristiani, all’università o in cammini legati ai movimenti. Oppure il fidanzamento con un credente».

A livello di numeri, gli adulti che ricevono i sacramenti dell’iniziazione cristiana sono circa un migliaio l’anno. Il fenomeno è in lieve crescita, «ma in maniera non esponenziale: non si tratta di conversioni di massa – precisa il sacerdote –. Si è visto che l’aumento dei catecumeni e l’attenzione nei loro confronti non provoca di suo una riduzione del battesimo dei bambini. È una porta in più che si apre, non quella consueta che diventa più stretta». Particolare rilievo mediatico hanno avuto le conversioni dall’islam, per le quali invece «è opportuna una grande discrezione – spiega don Sartor –. Sono pochi casi all’anno, ma meritano grande attenzione nella proposta di annuncio e catechesi, perché ci sono aspetti del Corano rispetto alla Bibbia e alla dottrina cristiana, che vanno presi in seria considerazione. La persona che arriva alla fede dall’islam deve maturare una certa coscienza e vivere un tirocinio, ad esempio, sulla dimensione del perdono, dell’apertura a tutti, dell’intercessione, del volto stesso di Dio, della figura di Cristo».

A dare un nuovo impulso al catecumenato è stato anche l’Anno della fede, che non a caso papa Francesco ha voluto concludere lo scorso novembre incontrando a San Pietro cinquecento catecumeni provenienti da tutto il mondo, e celebrando il rito dell’ammissione di alcuni di loro. Nell’occasione, il Santo Padre ha affidato ai presenti tre verbi che cadenzano il percorso e che ciascuno può ritrovare nella propria storia di fede: ascoltare, incontrare e camminare. È presto, invece, per registrare un possibile «effetto papa Francesco» sui nuovi battesimi, come pure è segnalato in alcuni Paesi, ad esempio la Corea del Sud.

«Dall’ammissione al catecumenato, che in genere è vissuta in Avvento, fino al completamento del cammino, nella Pasqua, non passano pochi mesi, ma un anno e mezzo. Quindi chi arriva oggi al battesimo ha iniziato il percorso prima dell’elezione del Papa. I frutti della sua predicazione li vedremo nei prossimi anni, ma in ogni caso il fascino di ciò che ci sta trasmettendo è una spinta in più per tutti».
 
I battezzati adulti di Palermo
La panoramica nazionale è confermata anche scendendo a livello locale, sul campo, come si dice. Noi abbiamo deciso di farlo «trasferendoci» da Milano e Roma a Palermo, e incontrando il diacono Giovanni Di Simone, che da vent’anni segue e anima il Servizio diocesano per il catecumenato.

Una «chiamata nella chiamata» la sua, come racconta: «Quando, nel 1994, il cardinale Pappalardo, alla vigilia della mia ordinazione diaconale, mi comunicò che mi avrebbe assegnato al Servizio catecumenale, mi chiesi: “Di cosa si tratta?”. Tuttavia, una volta inseritomi, cominciai ad apprezzarlo. Il compito del Servizio è stato anche, o forse dovrei dire soprattutto, quello di richiamare tutti coloro con i quali siamo venuti in contatto (parroci, catechisti, candidati al battesimo) alla necessità di formare cristiani non solo di buona volontà, ma anche desiderosi di conoscere sempre meglio Gesù Cristo e farlo entrare nella propria vita. Penso che l’esperienza del catecumenato lasci in tutti gli operatori pastorali almeno un segno e una gioia». Dal 1994 i catecumeni di Palermo sono stati circa venti-venticinque l’anno, costanti, «anche se – ammette il diacono – nel 2013-’14 abbiamo avuto quarantatré ammessi, di cui due da papa Francesco, mentre altri quaranta riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana durante la prossima veglia di Pasqua o a Pentecoste». Sta mutando anche la composizione del gruppo: «Negli anni ’90 si notava una prevalenza di africani, poi di migranti albanesi o dell’Europa dell’Est. Oggi, invece, la maggioranza è data da palermitani, includendo la provincia».
 
«Il Vangelo è attualissimo!»
L’abbiamo detto: ogni catecumeno ha una storia originale dove ci sono un prima e un poi, con in mezzo un evento o un incontro decisivo che ha fatto nascere la decisione di rispondere «sì» al «Seguimi» di Gesù. Il passato, tuttavia, non è un relitto lasciato a se stesso: immergersi in Dio dona uno sguardo nuovo a tutto campo, che comprende anche il «prima». È uno sguardo di misericordia e di chiarezza, capace di rimettere ordine in ciò che sembrava solo casualità o nonsenso o lontananza. Lasciandosi stupire dallo stupore, segno del Risorto.

A testimoniarlo è Gloria Castronovo, catecumena di Bresso, periferia nord di Milano, che dopo due anni di cammino si appresta a diventare cristiana nel giorno di Pasqua. Milanese, 28 anni, fidanzata con Luca, conosciuto in Croce Rossa, di lavoro fa l’infermiera in pediatria. Prima di incontrarla faccio due parole con la sua guida, don Luigi Fumagalli, della parrocchia della Madonna della Misericordia di Bresso. Anche lui tocca la nota dello stupore: «È proprio vero, quando uno mangia sempre e bene, non si accorge della preziosità del cibo. Chi invece non può accedere al nutrimento, coltiva dentro un profondo desiderio. Così, mi sono stupito di scoprire in Gloria un’ardente brama non solo di accedere ai sacramenti, ma di conoscere il Gesù vero raccontato nel Nuovo Testamento. Abbiamo iniziato il percorso leggendo il Vangelo di Marco, insieme con il suo fidanzato. Poi però ha voluto affrontare anche quello di Luca, e quindi quello di Giovanni! Mi ha meravigliato: non ho mai trovato nei giovani un desiderio di Dio così travolgente».

Ed eccola allora Gloria, travolgente già nel tono di voce e nella simpatia con la quale si presenta. Niente battesimo per lei da piccola: il papà era ideologicamente contrario, sulla scia del ’68; la mamma, dal canto suo, dai tempi del collegio serbava un cattivo ricordo dell’ambiente clericale. A chiudere l’argomento la separazione dei due, quando Gloria era ancora molto piccola. «A trasmettermi alcuni elementi di fede – racconta la giovane – ci ha pensato mio nonno materno, Mario. Un giorno, tornando dall’asilo, ci fermammo insieme in chiesa, e ricordo che chiese al parroco se poteva battezzarmi, ma senza i genitori non era possibile… Mi sono portata dentro quell’episodio fino ai 17 anni, quando il nonno è mancato. Da lì sono partiti una serie di interrogativi sulla mia vita. Cercavo di visualizzare meglio quello che sentivo e che il nonno aveva provato a testimoniarmi attraverso tanti piccoli momenti, che poi ho riconosciuto essere segni dell’amore di Gesù».

Il «travaglio» interiore dura dieci anni, e sfocia nella decisione di intraprendere il catecumenato. «Non sapevo nemmeno cosa volesse dire!» confessa Gloria, che prosegue: «Mi sono informata in internet e ho trovato un primo contatto. A darmi l’ultima spinta, poi, è stato il mio lavoro. In quattro anni di pediatria ho imparato a vedere nelle facce dei genitori e dei bambini la presenza di un amore più grande di noi, un amore da prendere sul serio. All’inizio lavoravo con uno spirito diverso, più tecnico e analitico. È un approccio che rimane, perché sono una professionista seria, però sento che camminando è cresciuto anche un altro aspetto, spirituale, ormai centrale in me».

Quando provoco Gloria sulla sua passione per la Parola, la ragazza rilancia: «Ho trovato nel Vangelo un riscontro quotidiano per la vita: è attualissimo! Se ci si apre alla lettura di quei testi come Parola di Dio ci si rende conto che sono stati scritti per noi. Ora sto rimeditando soprattutto i brani della passione, morte e risurrezione. Fino a Pasqua è tutto un cercare di portare con sé le parole di Gesù, nella preghiera e nella vita».
 
«Con lui ho un orizzonte»
Chi la veglia l’ha già vissuta, e in un luogo del tutto speciale come la Basilica del Santo a Padova, è Enohense Evbuomwan, per gli amici Eno: nella notte di Pasqua del 2012, a coronamento del catecumenato, ha detto il suo «sì», ricevendo i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana. Ora Eno, 26 anni, nigeriano, laureando in economia internazionale e fidanzato con Chiara, per la Chiesa è un «neofita», letteralmente una «nuova pianticella» nel giardino del Signore. La scelta della Basilica come sede della cerimonia è stata quasi naturale, perché sant’Antonio e i frati sono una presenza fissa della vita del giovane emigrato. «Sono arrivato qui nel 1999 – spiega Eno nel suo fluente italiano –, per raggiungere mio papà. Avevo 11 anni. L’inserimento nella nuova cultura non è stato dei più facili, e ha creato dei conflitti tra me e mio padre, tanto che nel 2002, con la mediazione dei servizi sociali, sono stato avvicinato alla comunità minori del Villaggio sant’Antonio di Noventa Padovana, dove ho vissuto fino alla maggiore età, per poi spostarmi nella vicina “comunità sgancio” per un percorso di autonomia».

L’amicizia dei frati aiuta Eno a crescere, ma il «salto» nella fede arriva solo l’anno successivo. «Vivevo bene anche senza andare a Messa la domenica, non mi sembrava fosse importante, anche se la mia era una famiglia religiosa, in particolare mia mamma, che è evangelica. Anzi, lo era». Qui Eno interrompe per alcuni secondi la narrazione, provocando la domanda su quel verbo al passato. «Sì, mia mamma, che era rimasta in Nigeria, è mancata nel 2007. Non la vedevo da tanti anni. Da quel momento gli interrogativi hanno cominciato ad assillarmi. Davvero non rimane niente di noi dopo la morte? Nasci, vivi, muori e tutto finisce lì?».

Quando non sai dove sbattere la testa, ti rivolgi agli amici. Così Eno bussa al Villaggio e comincia a parlarne con fra Giancarlo Capitanio, «un vero secondo papà per me», dice il giovane. Da lì parte un percorso di ricerca e confronto di un paio d’anni con fra Giancarlo e fra Giovanni Palleva: l’approdo è poi il catecumenato, con i due religiosi rispettivamente nei panni del garante e del catechista. Quindi il battesimo, nel 2012. Nel frattempo tante domande si sono aggiunte, tante risposte sono arrivate. Quella che è cambiata, a detta di Eno, è la prospettiva: «Non scopri la fede tutta in un momento: sarebbe una situazione un po’ statica. Credo che un po’ di fede la si abbia sempre, altrimenti la vita di ogni giorno sarebbe impossibile. Bisogna semplicemente aprirsi di più per riceverne di più. E con Gesù riesci a dare un nome a questa fede. Con lui cambia tutto. Capisci di avere un orizzonte, anche oltre il buio della morte. La risurrezione, c’è. Ed è una grande spinta a vivere».

Dubito che, parlando, Eno abbia nelle orecchie la catechesi di papa Francesco, quella dell’8 gennaio di cui si diceva all’inizio, ma il senso è proprio quello dell’insegnamento del Santo Padre: «Non è lo stesso una persona battezzata o una persona non battezzata. Noi, con il battesimo, veniamo immersi in quella sorgente inesauribile di vita che è la morte di Gesù, il più grande atto d’amore di tutta la storia; e grazie a questo amore possiamo vivere una vita nuova, non più in balìa del male, del peccato e della morte, ma nella comunione con Dio e con i fratelli».
 
 

Glossario
 
Catecumeno. Il non battezzato che, dopo aver chiesto alla Chiesa di intraprendere il cammino di preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, cresima ed eucaristia), è stato ammesso al catecumenato.

Garante. È un cristiano che conosce il candidato al catecumenato ed è testimone della sua fede e della sua buona intenzione, «garantisce» per lui e lo aiuta nel cammino. Può coincidere con il padrino-madrina.

Catechista. È colui che, insegnando il Vangelo in forma adatta, porta il catecumeno a una scelta più cosciente e libera di Cristo.

Padrino-madrina. Chi accompagna il candidato nel giorno dell’elezione, nel tempo quaresimale, nella celebrazione dei sacramenti e nel tempo della mistagogia, prendendosi cura dello sviluppo della sua vita battesimale.

Neofita. È ciò che diventa il catecumeno dopo aver ricevuto i tre sacramenti dell’iniziazione cristiana: un nuovo cristiano a pieno titolo.

Mistagogia. In greco significa «introduzione ai misteri», ed è il periodo di accompagnamento del neofita alla scoperta del mistero di Cristo e dei sacramenti, che completa la formazione ricevuta.

Battesimo dei bambini. I genitori credenti che vogliono il meglio per il loro figlio, vogliono anche il suo battesimo, con il quale il bambino è sottratto all’influsso del peccato originale e al potere della morte. Privare un bambino del battesimo è un errore, come se si privasse dell’amore un figlio per permettergli, in seguito, di scegliere liberamente l’amore. (Youcat 197)

 
DON LUIGI GIRARDI
E il battesimo ai bambini?
 
La riscoperta del catecumenato degli adulti pone alla Chiesa nuove domande che intrecciano vari temi, come la trasmissione della fede, la nuova evangelizzazione, la catechesi dei bambini e dei ragazzi, la liturgia, la stessa identità delle parrocchie e della pastorale ordinaria. Ne abbiamo parlato con don Luigi Girardi, presbitero veronese preside dell’Istituto di liturgia pastorale di Padova.

Msa. Quali sono i punti di forza del percorso di catecumenato?
Don Girardi. Ne cito quattro. Anzitutto la gradualità nel tempo. Il catecumenato è un percorso impegnativo che crea una fase di passaggio da un’identità precedente a un’altra. Secondo punto è il coinvolgimento, tanto della persona quanto della comunità, che è crescente. Infatti, l’ultima fase coincide con la Quaresima, il tempo liturgico più forte dell’anno. Terzo, l’unità di battesimo, confermazione ed eucaristia, che sigillano, alla fine del percorso, il cambio di identità. Insieme, costituiscono l’unica iniziazione. Infine, il tipo di formazione, che tocca non solo il registro catechistico-dottrinale, ma prevede un progressivo inserimento nella vita di preghiera e di carità. È un apprendistato di fede a tutto tondo.

Il catecumenato è ora proposto anche come modello per la catechesi dei bambini. Come valuta questa scelta?
È vero, è in atto una rimodellazione dell’iniziazione degli under 14 alla luce di alcuni valori che sono propri dell’iniziazione cristiana degli adulti, come la gradualità del percorso, il coinvolgimento della famiglia e della comunità, l’eucaristia e la cresima nella stessa celebrazione, il legame forte con l’anno liturgico… Credo sia un vantaggio, perché in fondo il catecumenato degli adulti nacque proprio per aiutare ad accedere all’atto di fede persone che venivano da un contesto anche molto ostile come il paganesimo.

Tanti ragazzi, dopo il completamento del percorso di catechesi, abbandonano la fede: la svolta catecumenale porterà a un miglioramento?
Nessun sistema pastorale offre garanzie assolute, e comunque non tutti gli approcci sono sullo stesso piano. L’impressione è che il percorso del catecumenato risponda meglio alle attuali esigenze. Dobbiamo coltivare molto bene il rapporto tra sacramento e percorso di fede, perché non è scontato che le due cose siano legate. Abbiamo ancora una forte eredità di tradizione che ci fa chiedere tutti i sacramenti per i figli, ma non c’è più un contesto di coesione cristiana. Quindi, spesso, dobbiamo riavviare da adulti l’accesso alla fede.

Un certo successo del catecumenato rischia di mettere in secondo piano il battesimo dei bambini?
Il battesimo dei bambini è una prassi pastorale millenaria. Piuttosto, la principale preoccupazione oggi nella Chiesa è far sì che la celebrazione sia circondata da un ambiente di fede il più possibile vero. Per questo ci si prende cura del cammino formativo di genitori e padrini, per sostenere lo sviluppo di un contesto adatto alla trasmissione della fede.
 
 
Zoom
Cristiani non si nasce ma si diventa

 
Ciò che siamo nasce il giorno di Pasqua, «partoriti» dal grembo di quella notte santa che sola sa che cosa è davvero successo e ne serba per sempre il mistero: redenti e salvati dall’amore «esagerato» del Signore! Ciò che siamo dobbiamo andare a cercarcelo in quella mattina, assieme alle donne che si recano al sepolcro e lo trovano inaspettatamente vuoto! Ciò che siamo è tutto nei momenti successivi, dopo lo sconcerto iniziale, quando scopriamo che è proprio lui, è risorto: sono i nostri sogni che riprendono a scorrere, la nostra passione che si infiamma nuovamente!

Ma anche ciò che saremo viene tutto da lì, da quel lenzuolo adagiato in disparte, segno di tutti i «sudari» della nostra vita di cui il Risorto ci spoglia: la capacità di amare a nostra volta, il donarci la vita gli uni gli altri, il saperci perdonare reciprocamente, il non giudicarci, l’accoglierci per quello che siamo, il rivitalizzare l’aria ammorbata e funerea che qualche volta ci circonda, il contribuire a costruire le nostre famiglie e comunità. Altro non ci interessa, e con nient’altro (foss’anche sacro…) siamo disponibili a confondere o barattare questo!

«Cristiani non si nasce ma si diventa»: con queste parole Tertulliano (Apologetico XVIII, 5), circa due millenni fa, provava a rendere ragione della novità della sua vita. Che è come dire che le corse della Maddalena, Pietro e Giovanni, cenacolo-tomba vuota andata e ritorno, di Cleopa e dell’amico innominato dall’osteria di Emmaus, continuano, devono continuare, nella vita di ciascuno
di noi.

Perché il battesimo non è ancora niente, se non è conseguentemente una vita che si dipana in concreto nella quotidianità. Non è un’assicurazione per la vita, anche se porta una garanzia per l’eternità: ha bisogno di essere alimentato dalle nostre scelte di ogni giorno, dai nostri dubbi e dalle nostre certezze, dalla nostra ricerca e dai nostri momentanei risultati. La Pasqua è un giorno che non conosce tramonto!

E la faccenda del catecumenato e dell’iniziazione cristiana ce lo ricorda in tutti i modi.

di fra Fabio Scarsato

 
Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017