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Raccontare i fatti in libertà

L’annuale Giornata mondiale per la libertà di stampa offre l'occasione per fare il punto della situazione. In cinque anni sono stati uccisi nel mondo 530 giornalisti, molti altri vivono sotto scorta.
| Claudio Zerbetto Redattore

«Ogni mattina mentre vado in ufficio e tutte le sere quando torno a casa, penso solo alle auto che possono essere trappole esplosive, o ai kamikaze che escono dalla folla». Così scriveva qualche tempo fa, Shah Marai, fotoreporter dell’Agenzia France Presse a Kabul. Seguiva da anni il dramma della guerra in Afghanistan.

Rischiava molto Shah per il suo lavoro. Ha visto la morte in faccia più volte. Lo scorso 2 maggio l’ha incontrata per l’ultima volta, sulle strade di Kabul, portandoselo via per sempre in un ennesimo attentato. Shah era sposato e aveva cinque figli.

A lui e ai tanti giornalisti che rischiano la propria vita per raccontare, in libertà, quanto accade nel mondo è stato dedicato lo scorso 3 maggio il «World Press Freedom Day», la giornata internazionale della libertà di stampa, patrocinata dall’Unesco. Tutelare l’informazione sempre: questo l’appello lanciato, per l’occasione, dall’agenzia dell’Onu per l’educazione, la scienza e la cultura.

Dal 2012 al 2016 nel mondo sono stati uccisi 530 giornalisti, una media di due alla settimana, e solo in un caso su dieci viene fatta giustizia. Spesso sono giornalisti locali, che vivono nelle periferie, in angoli sperduti del mondo. Altri raccontano la brutalità delle guerre, le ingiustizie e le corruzioni diffuse in molti Paesi. Molti vivono sotto scorta. In Italia, soltanto lo scorso anno, ne sono stati minacciati 76 e diversi sono sotto protezione.

Data di aggiornamento: 06 Maggio 2018