02 Gennaio 2014

Quei frati «qualunque»

Che cos’ha di particolare la fraternità conventuale di Treviso? Proprio nulla. Diversi per età, carattere e formazione, i frati stanno insieme cercando semplicemente di «fare nuove» le cose di ogni giorno.

Niente di nuovo e, se è solo per questo, pure niente di straordinario. Niente effetti speciali con cui stupirci, né gossip, né torbido in cui andare a pescare per solleticare il nostro bisogno di straordinarietà ed emozioni forti. Luoghi quotidiani e volti da vicino di casa, senza interventi di restyling né per il corpo né, tantomeno, per lo spirito. Nessun atteggiamento supponente né mediaticamente allettante. Niente per facilitare il nostro interesse, già di per sé fondamentalmente pigro e coinvolto su ben altri fronti. Insomma, tutti gli ingredienti necessari per un insuccesso annunciato: a chi potrebbe mai interessare una vicenda o una storia che muove i suoi primi passi così barcollante e insicura?! In un tempo dove sembra aver diritto di esistenza solo l’eccesso, l’estremo, il fuori dal normale e il para-normale, ciò che deve per forza eccedere le nostre esperienze di ogni giorno, quelle che capitano a tutti, senza distinzione di censo o di studi, ma di cui quasi ci vergogniamo come di una malattia rara da tenere nascosta; in un’epoca dove più niente può essere sussurrato perché tutto deve essere sbraitato, e dove è prioritario apparire, anche senza essere, c’è spazio per una storia semplice semplice, di quelle normali, alla portata di tutti? Di quelle piccole, che stanno tutte in un librettino illustrato coi pastelli colorati, da sfogliare con leggerezza? Sembrerebbe di no. Apparentemente…

 

Scommettere sulla quotidianità

Bussare alle porte del convento San Francesco di Treviso, e trascorrervi qualche ora con i frati francescani che lì vivono, in realtà è proprio un’esperienza del tutto… normale. O, almeno, così è capitato di domandarsi al vostro cronista mentre se ne stava tornando bel bello verso casa: embè? Che cosa ho visto oggi? Che cosa ho sperimentato?



Una fraternità di frati variegata: dall’ottantenne fra Giovanni al trentenne fra Alessandro, dal trevisano fra Andrea al romeno fra Ionut, da fra Tarcisio, che è tale da ben cinquant’anni, a fra Tommaso che lo è «solo» da cinque. Ma non così variegata da impedirsi di stare bene assieme: nella preghiera liturgica, che accompagna e scandisce ogni giornata, tanto quanto seduti attorno al tavolo per la cena, abilmente preparata da fra Gianmarco (ma, a onore del vero, complice la provvidenza: che va e viene quando vuole e come vuole, creando nei frati convitati qualche simpatica perplessità sul contenuto o sulla scadenza dell’ultimo pacco-dono). Una fraternità «vera», nel senso meno virtuale della parola (e infatti i nostri simpatici fraticelli hanno qualche problemuccio anche solo con il blog che vorrebbero tenere attivo sul loro sito).



I frati di Treviso hanno deciso di scommettere sulla più improbabile e inaspettata delle possibilità: la loro quotidianità. Fare, cioè, le cose di ogni giorno, anche quelle più ripetitive o domestiche, come preparare la lavatrice, discutere e programmare comunitariamente la propria vita, incontrarsi e forse anche scontrarsi ogni istante lungo i corridoi e le scale del convento, riposare nella propria stanza, essere fedeli alla preghiera comunitaria e a quella personale, dandosi anche piccoli segni ulteriori della propria voglia di vivere il Vangelo con entusiasmo e radicalità, come può esserlo un gesto di digiuno o l’ascolto settimanale e comunitario della Parola di Dio. E farlo come se fosse il servizio più importante di questo mondo!



Hanno deciso, cioè, di giocarsi sulla cosa più preziosa che hanno tra le mani, il dono più grande che il buon Dio ha fatto loro: la vita di ogni giorno, quel pezzetto di noiosa e banale quotidianità in cui si sono trovati scaraventati, e non sempre col proprio previo permesso, dai progetti divini! Perché la nostra bellezza e la nostra dignità, direbbe san Francesco, non sono misurabili tanto sul tasso di presunta eroicità delle nostre azioni, quanto sull’anima che mettiamo in tutto ciò che facciamo o che ci capita di vivere. L’unica strada che porta verso il cielo è quella che, polverosa, percorre la nostra terra: e neanche una superstrada, ma quei vicoli e quei sentieri che si intrufolano fin dentro i nostri cortili, le nostre piazze, lì dove scorre la vita di ogni giorno. Lì dove ci ritroviamo povericristi, tutti ugualmente in cammino.

 

Chi c’è nel cuore

Il punto non è la vita, ma l’atteggiamento nostro verso di essa, sembrano suggerire disarmanti i nostri fraticelli! Non è ciò che c’è attorno a noi, che una volta può essere piacevole e l’altra no: ma ciò che c’è nel nostro cuore. O, meglio detto: «Chi» c’è nel nostro cuore.



In fin dei conti, niente di così diverso da quanto tentarono di fare san Francesco e i suoi primi compagni, restituendo il Vangelo, e la sua possibilità esistenziale, al vissuto quotidiano di ogni uomo e donna. Quando, invece, di «eroi della fede» era probabilmente già pieno il mondo, tra monaci, crociati ed eremiti. E ciò che fece appunto la fortuna e la fama del movimento francescano.



Così può persino capitare che quello che siamo è, giocoforza, quello che facciamo. E la proposta, pastorale e spirituale, dei frati del convento di Treviso è allora vivere bene, con calma, senza bisogno di strafare, ciò che la giornata tipo di una chiesa francescana già ha in dotazione: la condivisione della preghiera con la gente, nella semplicità dei silenzi interrotti dalle parole piuttosto che dal suono angelico e straniante della cetra suonata da fra Nicola, nell’inseguirsi e sovrapporsi di ombre e colori, le luci velate dal fumo profumato dell’incenso e il riverbero misterioso delle candele davanti agli antichi affreschi della chiesa trecentesca. Uscendo pure dal convento, per incontrare gruppi nelle parrocchie o dare o raccogliere testimonianze da qualche altra parte.



Ma anche la sicurezza di offrire ascolto e comprensione nel confessionale, a tutte le ore. O la condivisione con tante persone che danno una mano per rendere accogliente la chiesa e dignitosi tutti i momenti liturgici che in essa vengono celebrati. O, infine, la possibilità di trovare ospitalità, francescanamente essenziale, in convento per chiunque, in particolare giovani che siano alla ricerca di un senso per la propria vita, o abbiano anche solo il desiderio impellente di trascorrere un po’ di tempo nella… normalità.

Perché forse è proprio così che deve essere. Come dice «Colui che sedeva sul trono»: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5). Appunto, non una cosa nuova, ma nuove tutte le cose.        

 

Info

Convento S. Francesco Treviso: http://frati-treviso.blogspot.it



Se ti stai domandando che cosa il Signore desideri per te, o se ti incuriosisce la vita francescana, visita: www.vocazionefrancescana.org

Vi troverai un frate pronto ad ascoltarti e a consigliarti!


  









Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017