21 Agosto 2017

Medicina, scienza imperfetta

Quella di Ippocrate è una disciplina «benedetta» e molto ha fatto per l’uomo nei secoli. Ciononostante detiene in sé moltissimi limiti. Per questo deve essere accompagnata da buonsenso e umiltà.
Pronto Soccorso

Elisabetta Villa / Stringer / GETTY IMAGES

«Gentile direttore, sono reduce da una scioccante settimana di ospedale che mi ha fatto molto riflettere. Dieci giorni fa mio figlio di 8 anni è svenuto improvvisamente mentre giocava con gli amichetti al parco. Sono seguiti altri episodi simili che mi hanno convinta a portarlo in Pronto Soccorso. Da qui è iniziato un vero travaglio. Dopo il ricovero, l’hanno rivoltato come un calzino e, più i medici investigavano più avevo l’impressione che brancolassero nel buio. Per riuscire a parlare con uno di loro dovevo appostarmi fuori dall’ufficio e, nella maggior parte dei casi, la risposta era vaga, spesso pure piccata. “Per la risonanza la lista d’attesa è molto lunga. Ci vuole pazienza. Allo stato attuale delle cose non ci sentiamo di escludere nessuna patologia” dicevano i “luminari”. C’era chi ventilava l’ipotesi di un tumore e chi di una grave malattia ereditaria. Ogni giorno una nuova versione, ogni giorno un nuovo motivo di ansia. Hanno proposto accertamenti invasivi e prelievi mai sentiti prima. Sempre mettendo le mani avanti, sempre chiedendo firme di autorizzazione a procedere: “Forse, può essere, ci vuole tempo”…  

Una mattina, all’ennesima risposta stizzita dell’infermiera di turno, sono scoppiata. Mi sono riversata in corridoio come una furia, inveendo contro tutto il personale e minacciando di denunciare l’ospedale, se non avessi ottenuto risposte. Incredibile ma vero, nel giro di dieci minuti hanno raggiunto la camera di mio figlio il primario, il vice primario, più altri tre medici impettiti. Magicamente si è liberato un posto per svolgere le analisi che aspettavamo da giorni e, nell’arco di ventiquattr’ore, mio figlio era stato dimesso. Al di là della diagnosi (non ancora del tutto chiarita, ma certo meno grave di quanto ci aspettavamo), questa permanenza mi ha aperto gli occhi su una realtà – quella scientifica – troppo spesso mitizzata.

Alla faccia della tecnologia e delle grandi scoperte dell’uomo, la medicina è in assoluto la scienza più imperfetta che ci sia. Con buona pace degli “dei-chirurghi” e delle “dottoresse so-tutto-io”, la mente umana è soltanto un minuscolo dettaglio in un oceano di variabili e misteri. Proprio questo scollamento tra percezione e realtà è il punto da cui ripartire, con umiltà ed equilibrio. Peccato che oggi senza alzare la voce non si ottenga più nulla. Dispiace constatare che con la pazienza si fa davvero poca strada... Ma anche affilare le unghie, sono certa, non è la vera soluzione. Perdoni il mio sfogo direttore, forse – prima di scriverle – avrei dovuto aspettare di placarmi un po’. Ma in fondo queste poche righe sincere sono frutto di un episodio reale che poteva capitare a tutti; un episodio, a mio avviso molto grave, che può e anzi deve far riflettere». Lettera firmata

Gentile lettrice, prima di tutto la ringrazio per aver condiviso con tutti noi la sua dolorosa esperienza. Per quanto, fortunatamente, non mi sia mai trovato in una situazione simile, le assicuro che ho ben inteso lo stato di caos e tensione di cui parla. La medicina è una scienza «benedetta» e molto ha fatto per l’uomo nei secoli. Ciononostante, detiene in sé moltissimi limiti. Lei ha ragione: non va mitizzata, ma neppure demonizzata. In suo aiuto devono accorrere comunque il buonsenso, la disponibilità all’ascolto e anche un pizzico di umiltà che non guasta mai. Detto questo, conscio del fatto che, di fronte alla preoccupazione di una mamma per la salute del proprio figlio, ogni frase può risultare superflua, mi rimetto alle parole di papa Francesco (Discorso ai partecipanti al convegno commemorativo dell’associazione Medici cattolici italiani, in occasione del 70° anniversario di fondazione nel 2014): «Non c’è dubbio che, ai nostri giorni, a motivo dei progressi scientifici e tecnici, sono notevolmente aumentate le possibilità di guarigione fisica; e tuttavia, per alcuni aspetti sembra diminuire la capacità di “prendersi cura” della persona, soprattutto quando è sofferente, fragile e indifesa. In effetti, le conquiste della scienza e della medicina possono contribuire al miglioramento della vita umana nella misura in cui non si allontanano dalla radice etica di tali discipline». Augurandomi che, al momento in cui riceverà questo numero del «Messaggero», i problemi di suo figlio siano soltanto un brutto ricordo, vi abbraccio entrambi e vi ricordo nelle mie preghiere.

Data di aggiornamento: 21 Agosto 2017
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