Medicare il linguaggio

Da strumento prezioso la comunicazione rischia di diventare arma di divisione. Per questo è importante imparare a gestirla, facendola fruttare al meglio.
12 Luglio 2016 | di

Nella società dell’informazione, nella moltiplicazione delle possibilità tecniche di connessione, la nostra effettiva capacità di comunicare non pare crescere di conseguenza, anzi... Pur nella sovrabbondanza di canali informativi e piattaforme social, la capacità di comprendere il mondo e comprenderci tra noi sembra veramente debole.

Un modo per far fiorire anziché dissipare le enormi possibilità che abbiamo a disposizione è quello di cercare di «medicare» il linguaggio, che si è ammalato e rischia di diventare insignificante o trasformarsi in arma di divisione. Tra i sintomi di questa patologia il proliferare degli slogan, che addormentano il pensiero anziché metterlo in movimento e servono per schierarsi gli uni contro gli altri piuttosto che per intendersi, innalzare muri piuttosto che gettare ponti.

E poi l’assumere il linguaggio tecnico-scientifico a modello assoluto: un linguaggio dove ogni termine, come nella formula H2O, aderisce perfettamente al suo oggetto, senza ambiguità, senza «resto». Ma usare solo questo registro impoverisce le parole, le svuota della loro capacità simbolica: acqua non è solo una sostanza identificata da una formula, ma è vita, purezza, freschezza... I significati del simbolo sono inesauribili!

L’estate può essere un buon momento per curare il nostro linguaggio. E la terapia è semplice e piacevole: un po’ di poesia (parola che si stupisce davanti alle cose apparentemente più banali e ci aiuta a riscoprire il senso di meraviglia) e tanti racconti. Narrare è tessere la trama dell’io e del noi, delle biografie e della storia. L’informazione vale solo nell’attimo in cui è nuova. Le storie, invece, non si consumano e, condivise, nutrono i legami.

 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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