30 Giugno 2014

Il vero volto

La recente ricostruzione del volto di sant’Antonio accende i riflettori sul tema cristiano dell’immagine e dell’identità. Creato a somiglianza di Dio, l’uomo si rispecchia nel suo Creatore e, a partire da Lui, definisce se stesso.

Non c’è niente di più bello che stare a osservare una ragazza (o un ragazzo, anche se con più difficoltà lo ammetterebbe) che, di fronte allo specchio, si fa… bella. Dico sul serio!



La passione e la serietà con cui si riassetta i capelli; la professionalità con cui, a suon di rossetti e matite, sottolinea e valorizza la bellezza degli occhi o delle labbra; beh, tutto ciò ha dell’incredibile e del meraviglioso, tale che non si può ascrivere semplicisticamente alla vanità umana. Chissà, forse addirittura un segno dei tempi, una misteriosa e nostalgica fedeltà alle nostre origini. Un’eco che giunge nitida a parlarci della bellezza da cui siamo stati creati, i cui lineamenti portiamo indelebilmente impressi nel nostro volto. Di cui siamo assetati e instancabili cercatori.



Ma che ci vediamo nello specchio? Perché stiamo ore a scrutarlo? Che cosa dovrebbe dirci, oltre alla fatale risposta su chi sia la più bella del reame? Ma anche: perché due innamorati si guardano intensamente negli occhi? E perché la mano ruvida della moglie accarezza il volto scavato del marito allettato? O perché il bimbo appena nato posa il suo sguardo sul volto della mamma, chi gliel’ha insegnato che è lì che si deve guardare?



Che mistero il volto! Tutto sembra prendere le mosse da un non tanto innocente versetto della Bibbia: «Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza”» (Gen 1,26). L’uomo e la donna sono creati a immagine e somiglianza di Dio. Dio prende come modello, prototipo, se stesso. L’uomo definisce se stesso a partire da Dio.



Tutta la tradizione spirituale cristiana, a parte qualche caduta pessimistica qua e là – quando, impauriti dal peccato originale, ci siamo dimenticati l’originale concezione – ha sempre preso le mosse da questa frase biblica per proclamare con assoluta certezza la bellezza e la dignità dell’uomo. L’essere umano potrà anche non possedere completamente ancora tale somiglianza (che, anzi, è preciso scopo della sua vita, a qualunque genere appartenga, progressivamente assimilare), ma niente e nessuno potrà mai metterla in dubbio o intaccarne l’immagine. I lineamenti di Cristo ciascuno di noi li porta indelebilmente impressi in sé.



Dio è lo specchio nel quale l’uomo può riconoscersi, di fronte al quale fare mattutinamente la propria toilette, lì dove ritroviamo la nostra e l’altrui bellezza. L’uomo, ogni uomo, è «icona»: così la versione greca dei Settanta (la versione della Bibbia in lingua greca, che si vuole tradotta direttamente dall’ebraico da settantadue saggi ad Alessandria d’Egitto, ndr) ha tradotto felicemente in greco il termine ebraico selem, corrispondente a «immagine», di fronte alla quale devotamente inchinarci. Lo stesso scriveva un antico autore spirituale, Diadoco di Fotice: «La grazia di Dio, mediante il battesimo, con amore infinito riprende a tracciare le linee dell’immagine divina per condurre nell’uomo l’immagine alla perfetta somiglianza futura». Ci rifà i connotati!



Capiamo bene che non è assolutamente un problema di estetica. Persino di san Francesco un testimone assicura che, pur essendosi presentato nientemeno che davanti al Papa, appariva «dal volto disprezzabile, barba lunga, capelli incolti, sopracciglia nere e pendenti». Non certo un fotomodello! Così può pure darsi che la ricostruzione del volto di sant’Antonio, di cui leggerete dopo questo articolo, non soddisfi i più. Perché magari non corrisponde all’idea che ce ne eravamo fatti, o che ci saremmo aspettati da un santo, per di più «esperto» di ascesi e contemplazione.



Eppure rimane vero che la nostra vera fotografia, quella che evidenzia i nostri lineamenti più autentici, è Gesù Cristo!



Gesù riproduce in modo visibile i tratti del Dio invisibile, «chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14,9), ma nello stesso tempo è il progetto ideale dell’uomo, l’unica e autentica immagine di Dio, l’«ecce homo» (Gv 19,5). Gesù mostra a Dio il vero volto dell’uomo, e all’uomo il vero volto di Dio.



Cristo nella concretezza della sua natura umana, nella sua umile condizione di servo obbediente fino alla morte e alla morte di croce, ci ha rivelato il volto del Dio dei piccoli e dei poveri. Del Dio piccolo e povero.



Allora, fuor di ogni metafora, voglio proporvi la fotografia di Gesù che io cerco di tenermi sempre davanti. Gli occhi sono quelli di Gianni, cieco che vede il sole e la luna. Il naso? Ma certo: è di Nermin, ucciso a 7 anni da un cecchino assassino a Sarajevo. La bocca… beh, è quella di Mino, malato di cancro, che non maledice. Le orecchie invece sono quelle di Aldo, orfano pieno di speranza. Il sorriso è quello sdentato di Elisa, piccolo cucciolo d’uomo. Le rughe sono di Umberto, che ora è più di là che di qua, ma forse è sempre stato più di là che di qua. La barba è proprio quella di Cisco, «barbone» che ha affidato alla Provvidenza la sua giornata. Il mento… vediamo… come no! È senz’altro quello di Fouad, e anche di sua sorella Hagere, che hanno attraversato il Mediterraneo in barcone in cerca di un posto migliore per i loro sogni. Le guance sono quelle rosse e sporche di Sanson, piccolo figlio del vento che si lascia accarezzare dal sole. I capelli? Non c’è dubbio: sono quelli che ha perso Maria Grazia, mamma con figli troppo piccoli per arrendersi.



E il volto nel suo insieme? È il volto di Iqbal, morto a 12 anni per i suoi diritti; di Paulo, piccolo meniño de rua, che di avere dei diritti neppure lo sa; di Irina che si è fidata degli uomini e ora batte i marciapiedi; di don Antonio, umile uomo di Dio; di Carla che poteva fare carriera e invece ha fatto di più, andando a vivere in un rione di Bombay; di Giovanna… Juri… il mio… il tuo…



Magicamente tutti questi tratti si sovrappongono, come nel gioco dell’identikit, e il risultato è persino strabi­liante: l’esatta fotografia di Gesù! Una bellissima immagi­ne nella quale ciascuno di noi ritrova la bel­lezza dei propri lineamenti, soprattutto di quelli che si erano deturpati, persi. Il volto di Gesù, che è il volto glorioso del Padre.

Che è il nostro volto.

  





LA RICOSTRUZIONE

Un «nuovo» volto per Antonio


 

«Ho un figlio di 800 anni» afferma sorridendo Cicero Moraes, giovane designer 3D brasiliano, sfiorando un volto in resina, posto su un tavolo accanto a lui. Siamo nel Museo di antropologia dell’Università di Padova e quel volto di 800 anni, giovanissimo d’aspetto, è quello di sant’Antonio. Non è una statua, è una ricostruzione forense, ottenuta, cioè, con le più moderne tecniche usate dagli investigatori per ricostruire i lineamenti a partire dal cranio. «È il vero volto di sant’Antonio con un elevato grado di affidabilità» spiega Nicola Carrara, conservatore del Museo di antropologia e iniziatore di questo progetto in bilico tra storia, scienza e fede.



L’occhio esplora quel volto, i suoi lineamenti marcati, tra curiosità e stupore, non senza un brivido al pensiero che questo viso così vicino a uno di noi, a un passante, a un collega, possa essere quello del Santo. Lo straniamento è dovuto al fatto che l’immagine di sant’Antonio è legata a un viso idealizzato, quasi angelico e agli elementi che da sempre lo caratterizzano: il Bambinello, il giglio, la Bibbia.



«La differenza con l’iconografia del Santo proposta fino a oggi ha sorpreso anche me – afferma fra Luciano Bertazzo, direttore del Centro Studi Antoniani, grande conoscitore del Santo e guida, dal suo punto di vista di storico, di questo progetto –. Tuttavia la vigoria e la forza riscontrabili in quel volto sono la finestra di una vita intensa e appassionata per il Regno». Tutto ha inizio da un progetto avviato nel 2012 con un team di esperti italo-brasiliano. «Avevamo già ricostruito il volto del bambino di Taung, un Australopithecus africanus, conservato nel nostro museo, e di personalità legate al nostro territorio, come il poeta Francesco Petrarca – afferma Nicola Carrara –. Perché non ricostruire anche il volto del Santo?». Dalla loro gli studiosi avevano due fonti importanti. Un calco del cranio, realizzato nel 1981 in occasione della ricognizione dei resti del corpo di sant’Antonio e una prima ottima ricostruzione fatta dallo scultore Roberto Cremesini nel 1995. Una buona base da cui partire. «Il calco del 1981 – spiega Luca Bezzi, “tecno-archeologo” che ha realizzato la replica digitale del cranio – è stato molto importante, perché è l’unico caso nella storia in cui è stato possibile rimettere in connessione anatomica le ossa del Santo. Il mento, infatti, era, ed è tuttora, conservato in un reliquiario a parte». Il Museo di antropologia entra quindi in contatto con fra Luciano Bertazzo. A lui si deve il collegamento con la Basilica, il coinvolgimento del rettore fra Enzo Poiana e l’accesso a tutte le fonti storiche che hanno aiutato a rendere più fedele la ricostruzione, dalla forma della tonsura dell’epoca, non rilevabile dal solo cranio, ai dettagli anatomici: «Fra Luciano ci ha per esempio spiegato che il volto del Santo doveva avere un incarnato più pieno, perché soffriva di idropisia, cioè di un accumulo di liquidi nei tessuti».



Ma è Cicero Moraes a fare la scoperta, anche se all’inizio era ignaro di tutto. «Gli avevamo detto solo che si trattava di un maschio di 36 anni, caucasico». Non volevano che la grandezza del personaggio influenzasse il risultato. «Devo ammetterlo, ero curioso – confessa Moraes –. Mi chiedevo di continuo se l’uomo in questione fosse un artista, un filosofo, un cavaliere o un semplice contadino». Moraes ha confrontato il calco del cranio con migliaia di dati degli archivi forensi; come in un puzzle, fascia muscolare per fascia muscolare ha ricostruito al computer l’architettura del volto; ne ha ricavato la prima inequivocabile conferma: si trattava di un iberico, probabilmente di un portoghese. E quando finalmente gli hanno rivelato l’identità della «sua» creatura, gli si è aperto un mondo: «Sul momento non ho capito la portata della cosa, poi mi sono reso conto che milioni di devoti nel mondo avrebbero potuto vedere il loro Santo negli occhi e mi è mancato il fiato».

(L.L.)

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017