Il diversamente cielo

La lettera del papà di Miriam, bambina con disabilità, mostra che, come non esiste una pietra uguale a un’altra, «non c’è risurrezione senza trasformazione».
26 Marzo 2014 | di

È tempo di risurrezioni, il tempo – riflettevamo insieme un anno fa – in cui il sasso del Sepolcro rotola via, così come i macigni e i pesi delle nostre convinzioni possono scivolare fino ad aprire le porte, fino a farci rinascere. Può accadere anche a chi è più cresciuto, a chi pensa di avere idee e personalità ormai fatte e finite e di averle già viste tutte nella vita. È quello che è accaduto al papà di Miriam – bambina con disabilità –, che ha voluto raccontarmi il suo vissuto. Un’esperienza, la sua, che ci insegna a cambiare di posto, a invertire lo sguardo della nostra prospettiva verso direzioni prima neppure mai immaginate.
Ecco in che modo.
 
«Ci sono due cose in natura che mi appassionano in modo particolare: i sassi e le nuvole. Perché sono due elementi completamente diversi e opposti tra loro, e io sono lì nel mezzo! I sassi si trovano in terra, sono palpabili, hanno una forma propria: è il tempo a raccontare la loro storia. Le nuvole invece stanno in cielo e sono fluttuanti, il loro racconto dura il tempo di uno sguardo.

Perché scrivo questi pensieri? Semplicemente perché ogni tanto ho bisogno di fermarmi e raccogliere quanto ho vissuto nella quotidianità. La “diversità”, sia come esperienza che come ricerca, mi ha davvero aperto a visioni nuove e sorprendenti. Immagina: un cielo senza nuvole sarebbe sempre lo stesso monotono cielo, proprio come il tramonto, magari bello ma sempre con i medesimi colori. A lungo andare annoierebbe. Le nubi in cielo sono arte in movimento, dipingono con colori forti, hanno sfumature impercettibili, danno eco alle giornate e, per i più, determinano “il bello o il brutto” tempo... Mai ripetitive, le nuvole sono sempre in viaggio e fanno, di un cielo, un diversamente cielo.
 
E così i sassi. Mai uguali l’uno all’altro, e anche se restano fermi nel momento in cui li calpestiamo diventano il nostro viaggio, perché ogni sasso è disegnato dal tempo, prende una forma e assume una precisa espressione. È come dar vita a qualcosa di vivo.

Così, tutte le volte che ho a che fare con persone delle quali occorre scovare o percepire il volto, magari quello più intimo e nascosto, mi ricordo di quanti per convenzione sono stati collocati nella categoria di ciò che è “diverso”. Sì, penso alle persone come mia figlia Miriam, per le quali dobbiamo sempre dare un volto alle cose che fanno e alla loro interiorità. Spesso poi il nostro essere superficiali, la fretta o la presunzione di sapere già, tracciano linee che poi deformano quel volto, incapaci come siamo di coglierne l’originale. (…) Prima ero seduto su una sedia convinto fosse un trono dal quale non sarei più sceso, con quello scettro fatto di esperienze che mi rendeva principe… Cambiare posto, ho scoperto, non è inerzia e sonnolenza, ma al contrario è movimento e attenzione, perché non c’è risurrezione senza trasformazione».

Con questo auguro a Miriam, al suo papà e a tutti voi una serena Pasqua.
 
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Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017