Gli ostacoli della cultura

L’assenza di alunni poveri, nomadi e disabili in una scuola non può essere mai considerata un valore aggiunto. Perché diversità è da sempre sinonimo di ricchezza. Lo insegna la storia…
10 Settembre 2018 | di

Dai, si ricomincia! Un nuovo anno scolastico è finalmente agli inizi e speriamo che porti con sé una ventata di freschezza. Il 2017/2018 ci ha lasciato, infatti, qualche conto in sospeso, qualche nodo da sciogliere. Sto parlando della polemica seguita alla pubblicazione dei rapporti di autovalutazione di alcune tra le più prestigiose scuole secondarie di secondo grado in Italia. Documenti in cui alcuni famosi licei classici lombardi sottolineavano l’assenza di alunni poveri, nomadi e disabili come un pregio, un valore aggiunto, quasi una pubblicità. Questo perché, hanno spiegato le scuole, le figure «diverse» possono essere d’intralcio a una didattica efficace, un ostacolo per la formazione culturale dei giovani.

A me, devo essere sincero, la cosa ha dato parecchio fastidio. E se penso che solo lo scorso anno abbiamo celebrato insieme i quarant’anni dalla legge sull’integrazione scolastica, mi fa proprio male tutta questa vicenda. Ho cercato di trovare le ragioni di certe parole e di giudizi che faccio fatica a non definire classisti, discriminatori e contrari a ogni principio di inclusività. Ho pensato così alla mia esperienza di alunno con disabilità, al contributo che ho dato alla mia classe, avendo vissuto sulla mia pelle l’entrata in vigore della legge.

Ho pensato anche ad altri che sono partiti da una condizione simile alla mia e a quello che sono diventati. Comincio dai più noti, da coloro che hanno fatto la storia della modernità, da ciò che sono stati e da ciò che hanno rappresentato per tutti: Stephen Hawking, cosmologo, fisico, matematico e astrofisico britannico tra i più autorevoli e conosciuti fisici teorici al mondo. Frida Kahlo, una delle più importanti pittrici internazionali. Ludwig van Beethoven, uno dei più grandi musicisti e compositori. Franklin Delano Roosevelt, presidente degli Stati Uniti d’America nei durissimi anni della Seconda guerra mondiale, uno dei più importanti statisti di ogni tempo. E ancora: Stevie Wonder, cantautore, una leggenda della musica soul.

Potrei andare avanti a lungo. Potrei scrivere articoli su articoli continuando questa lista di nomi illustri. Ma che cosa hanno in comune questi personaggi dalle passioni e dai talenti così diversi tra loro? Di sicuro hanno in comune il contributo che hanno lasciato, o stanno lasciando, alla cultura e al mondo nei loro diversi ambiti, dalla politica alla musica, dallo sport all’arte. Certamente, però, condividono anche qualcos’altro. E cioè quella che noi chiamiamo «disabilità». 

Al di là dei grandi nomi, d’altra parte, esistono persone qualsiasi che ogni giorno sono una risorsa per tanti altri abitanti del nostro Paese e, più in generale, del mondo. Penso a Ermanno, che scrive fiabe per bambini da almeno quindici anni. Penso a Stefania, insegnante e psicologa a scuola. Penso a Mario, che ha frequentato il liceo classico, ha acquisito la sua disabilità da adolescente e oggi conduce corsi di formazione per adulti e docenti universitari. «Conosci te stesso» è una delle sue citazioni preferite. Un detto ben noto, pronunciato da un filosofo greco, Socrate, che al centro dell’educazione metteva proprio due parole a me care: ironia e maieutica, intendendo con quest’ultima la spinta a fare in modo che fosse l’allievo a comprendere da sé, facendo esperienza diretta dei fenomeni e imparando a soffermarsi sul perché delle cose.

Ecco, qui non vedo nulla di tutto questo. Cari «ginnasiali», è ora che ricominciate a fare esercizio e a studiare sul serio i vostri predecessori. Io di certo non voglio tornare a quarant’anni fa. Voglio guardare avanti e fare del sapere una ricchezza per tutti. E voi, conoscete voi stessi? Scrivete a claudio@accaparlante.it o sulla mia pagina Facebook.

Data di aggiornamento: 10 Settembre 2018
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