29 Aprile 2014

Frati in ogni stagione

Sperimentare nella malattia e nella vecchiaia che tutto è di Dio. Nella comunità di San Pietro di Barbozza, il limite sia per i frati sani che per i malati è un nuovo orizzonte. E lo stare assieme è pienezza di vita fraterna.

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?/Mio Dio, grido di giorno e non rispondi; di notte, e non c’è tregua per me»: preghiera dell’Ora media, per l’esattezza di «sesta» (mezzogiorno, per intenderci), venerdì della terza settimana del salterio. L’incipit di un Salmo «tosto», il 22, urlato più che cantato da un credente che sta male. Scandalosamente abbandonato da quel Dio che pur aveva promesso di esser vicino all’uomo. Gli evangelisti Matteo e Marco lo mettono in bocca a Gesù in croce, ed è tutto dire.



Parole già difficili in sé da pregare. Ti si strozzano in gola. Le declami cercando di pensare ad altro. O almeno ad altri. Non saprei se in un coro ligneo intarsiato, sotto severe volte basilicali, con decine di voci monastiche all’unisono, in gregoriano, la cosa riesca più digeribile. Io lo sto pregando assieme alla comunità francescana di San Pietro di Barbozza (TV), e l’effetto è per lo meno un tantino straniante e improbabile: tra il frate sordo che segue un suo spartito, e quello che per poter leggere le parole stampate sul breviario ha bisogno dell’ausilio di una voluminosa lente d’ingrandimento, quello che sa di covare dentro di sé un «brutto male», e quello che invece non sa farsi una ragione della stanchezza che l’opprime; tra quello che ha «parcheggiato» all’entrata della cappella il girello ormai indispensabile per un pur minimo di autonomia, e quello che ormai ha inanellato la sua novantesima primavera. Solo Dio può capircene qualcosa e cogliere l’armonia di questa preghiera disarmonica che sale verso Lui!



Se poi pensi ai frati che sono rimasti nella loro stanza, un paio di piani sopra di te, perché inchiodati a letto da malattie degenerative o comunque gravissime, il boccone si fa ancor più amaro. Come fra Stefano e fra Erminio – per noi confratelli semplicemente «Nini» –, che non sai se siano più di qua o di là o chissà in che altra dimensione a te inaccessibile.

 

Come a casa

Passando successivamente, come sempre succede in questi casi nei conventi, dalla cappella al refettorio, dal pane eucaristico a quello della tavola, si ripropone lo stesso fotogramma. Tra posti a tavola apparecchiati con cura ma senza corrispettiva sedia – e, infatti, verranno occupati da commensali in carrozzella –, e il cibo adatto, più che a una mensa di affamati ragazzi, a persone che a tal proposito devono piuttosto avere tutte le attenzioni del caso. E anche qui con un flash per i frati dei piani alti, che mentre tu armeggi tra forchette e coltelli, si stanno cibando a sondino, flebo o Peg.



Sì, perché vocazione – che vuol dire allo stesso tempo impegno e grazia – di questo convento è proprio quella dell’accoglienza e della compagnia ai frati anziani o malati. Troppo anziani o malati per poter continuare ad abitare dignitosamente nelle loro rispettive fraternità in giro per il mondo. Ma mai sufficientemente anziani o malati da non essere più… frati!



Qui trovano alcune attenzioni sanitarie al loro precario stato di salute, curate da personale specializzato laico. Ma, soprattutto, si sentono «a casa»: riconoscono i segni e si ritrovano nel linguaggio che li ha accompagnati per tanti anni. Sperimentano la possibilità di continuare a sentirsi parte della grande famiglia francescana, per la quale in altri tempi hanno dato il meglio di sé. Che è cosa vitale tanto quanto le medicine o gli esami specialistici. Perché si è parroci, professori, predicatori o quant’altro solo per alcuni anni della vita. Ma si rimane fratelli per sempre.



Ognuno ha diritto a sentirselo dire. Anche se poi tace, frustrando il nostro bisogno di risposta. Ed è una delle «fatiche» che i frati, che qui svolgono questo prezioso servizio, sperimentano cocentemente. Perché, mi confida fra Mario, padre guardiano della fraternità, stare accanto a questi fratelli ti mette in discussione. Incassi lo scontro con il tuo limite.



Ma in modo particolare, prosegue fra Mario, perché scopri che, se fintantoché eri nel pieno delle tue forze potevi pur sempre illuderti che tutto fosse nelle tue di mani, ti accorgi alfine che tutto è in realtà nelle mani di Dio. Le vicende personali dei frati anziani o malati, non sempre del tutto edificanti – in quanto, fa notare fra Angelo, vecchiaia e malattia tirano fuori con verità anche le tue debolezze o fragilità –, ciononostante relativizzano tante aspettative umane, di successo o realizzazione di sé. Mentre alla fine rimane ciò che davvero conta: se con gioia ti sei lasciato amare e se a tua volta hai provato a donare tutto te stesso con amore.



La periferia che tanto piace a papa Francesco, nella cui direzione uno si è tante volte avviato o da cui forse ha cercato di stare alla larga, improvvisamente diventa molto vicina a te. Diventa te, nel peso degli anni o della malattia.

 

I frutti del dolore

È perciò inevitabile che nei frati nascano tante domande: che significa vita dignitosa? Dove passa il confine? E la morte, che cos’è? È mai possibile che una volta si pregasse: «A subitanea et improvisa morte, libera nos Domine!», mentre ora si assiste con sgomento a lunghe agonie? Domande dignitosissime, che possono sopravvivere anche senza risposte, lasciate a teologi e moralisti.



Qualche volta resta solo da rifugiarsi nella preghiera. Non per niente il piccolo, bello e frequentato santuario accanto al convento è dedicato alla Madonna di Lourdes. Che di queste cose, e dei rispettivi atroci dubbi, se ne intende. Soprattutto per «sentito dire»: nelle confidenze e nelle suppliche di tanti devoti. Anche frati.



La bellezza del posto, adagiato sulle pendici delle Prealpi trevisane, circondato di vigneti da cui si ricava un famoso spumante, ci mette del suo per rappacificare gli animi. Così ci sta anche che fra Ivano dipinga coloratissimi quadri, soprattutto di tema religioso. Usando, con i colori acrilici, materia povera: pezzi di sacco o di legno vecchio, ché pure essi entrano dignitosamente in un’Ultima Cena. E ci sta che i giovani frati in formazione salgano fin quassù con gioia a dare il loro aiuto.



Così possiamo pregare anche l’ultima parte del Salmo da cui abbiamo preso le mosse: «Lodate il Signore, voi suoi fedeli, / perché egli non ha disprezzato / né disdegnato l’afflizione del povero, / il proprio volto non gli ha nascosto / ma ha ascoltato il suo grido di aiuto».

 



INFO



Convento Immacolata di Lourdes

Via Zanetton, 1 - 31040 San Pietro di Barbozza (TV)

tel. 0423 972604

e-mail: sanpietrodibarbozza@ppfmc.it



Se ti stai domandando che cosa il Signore desidera per te, o se ti incuriosisce la vita francescana, visita: www.vocazionefrancescana.org

Vi troverai un frate pronto ad ascoltarti e a consigliarti!



Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017