06 Febbraio 2017

Di tristi accadimenti che coinvolgono la Chiesa. E cioè noi tutti…

«Non c’è alcun peccato commesso da uno che non possa commetterlo anche un altro, se manca la guida dalla quale è stato fatto l’uomo» (Sant’Agostino).
uomini che resistono alla tempesta

© Jan-Otto/Gettyimages

Poi il Signore mi dette e mi dà una così grande fede nei sacerdoti che vivono secondo la forma della santa Chiesa romana, a motivo del loro ordine, che se mi facessero persecuzione, voglio ricorrere proprio a loro. E se io avessi tanta sapienza, quanta ne ebbe Salomone, e trovassi dei sacerdoti poverelli di questo mondo, nelle parrocchie in cui dimorano non voglio predicare contro la loro volontà. E questi e tutti gli altri voglio temere, amare e onorare come miei signori. E non voglio considerare in loro il peccato, poiché in essi io discerno il Figlio di Dio e sono miei signori. E faccio questo perché, dello stesso altissimo Figlio di Dio nient’altro vedo corporalmente, in questo mondo, se non il santissimo corpo e il santissimo sangue suo, che essi ricevono ed essi soli amministrano agli altri.

dal Testamento di san Francesco (2Test 6-10: FF 112-113)

 

Non è certamente una novità, ma anche all’interno della Chiesa continuano ad esserci uomini che danno scandalo. Questa volta è toccato ad alcuni presbiteri della diocesi di Padova, coinvolti in giri di sesso, denaro e altre perversioni. È del tutto bene che siano stati scoperti, ed è altrettanto bene che la giustizia umana faccia il suo corso per accertare eventuali ricadute penali. Nel frattempo è del tutto bene che costoro siano stati allontanati dalle loro comunità, e siano nella situazione di essere aiutati ad affrontare le responsabilità di ciò che hanno combinato. Capisco anche che ai preti si chieda un surplus di coerenza evangelica e integrità morale. Per quel che rappresentano e per la testimonianza che dovrebbero darci. È vero, ci fanno vergognare. E anche arrabbiare.

Personalmente, però, non ce la faccio più di tanto a tirarmi fuori, a sottrarmi impugnando la mia supposta innocenza. Cavarmela affermando: «Ma io non sono come loro!».Perché sono la mia stessa famiglia, non posso rinnegarli solo perché si sono comportati male o mi stanno facendo fare brutta figura. Perché io non sono poi così migliore di loro: se il buon Dio non mi tenesse una, anzi diciamo pure due mani sulla testa, che cosa non potrei anch’io combinare? Se non avessi dei fratelli e delle sorelle che mi tengono d’occhio, che si preoccupano anche di me, quanto male potrei farmi e fare agli altri? Perché se il mio bene è anche il loro, nella comunione dei santi, il loro male è anche colpa mia, nella comunione dei peccatori. Sì, perché ogni mio anche piccolo peccato, è andato ad aumentare il conto totale del male. E perciò anche del loro. Sono anch’io responsabile dell’aria ammorbata che ci circonda. E che talvolta ha esiti miserabili. Perché qui c’è in gioco neanche tanto la consacrazione sacerdotale, ma l’umanità di ognuno di noi. Dove quando siamo meno che umani, non possiamo essere nient’altro. Né dei bravi preti né dei bravi mariti o padri di famiglia. Né dei bravi cristiani.

A qualcuno toccherà il compito dell’indignazione e della fustigazione dei costumi. A qualcun altro quello della denuncia. Ad altri, infine, quello della tutela delle vittime e del recupero e della misericordia a nome di Dio per tutti. A me, povero francescano minor et peccator, compete solo di non giudicare, di provare a vedere e poi vedere e credere. Anche quando il visto non fa bella mostra di sé. E se ho contribuito all’aumento del deposito di male, cercare piuttosto di permettere al bene di crescere in me!

 

P.S. Guardate un po’ in cosa sono appena incappato! «Non c’è alcun peccato commesso da uno che non possa commetterlo anche un altro, se manca la guida dalla quale è stato fatto l’uomo». (Agostino, Discorso 99,6, testo lat. e tr. it. in Id., Discorsi II/2 [Opere di Sant’Agostino XXX/2], Città Nuova, Roma 1983, p. 221)

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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