Di Liegro, un prete con i poveri

A vent’anni dalla morte di don Luigi Di Liegro, la grandezza di questo «profeta degli ultimi» resta scolpita nel cuore di chi lo ha conosciuto e di chi, pur non avendolo mai incontrato, guarda a lui come a un modello di vita.
14 Dicembre 2017 | di

Vent’anni fa, il 12 ottobre 1997, moriva don Luigi Di Liegro a soli 69 anni. Papa Giovanni Paolo II lo definì «il profeta degli ultimi», sottolineandone «il coraggioso e instancabile ministero a favore dei poveri e degli emarginati». Dal 1979, fino alla morte, diresse la Caritas diocesana di Roma. La sua assenza pesa ancora molto a chiunque l’abbia conosciuto di persona, ma il ricordo di don Luigi e il segno che ha lasciato sono vivi e forti.

Il giorno del suo funerale furono in tanti a ricordarlo a Roma. In quella giornata di commozione c’era qualcosa di particolare: una folla di persone con storie e culture diverse era unita nel sentimento e nella ragione. È questa, forse, la testimonianza più vera della grandezza dell’uomo. Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro e il capo del governo Romano Prodi andarono a rendergli omaggio.

Il funerale solenne fu celebrato dal cardinal vicario Camillo Ruini nella Basilica di San Giovanni in Laterano. Affollatissima. Nelle prime file c’erano le autorità civili e religiose (tra le quali persone con cui don Luigi non fu mai tenero), una quantità di parroci mai vista, sindacalisti, laici, gente comune e centinaia dei suoi amici poveri, barboni e immigrati, anche non cristiani. «Don Luigi – disse Ruini – era ugualmente attento a quella duplice dimensione della carità di Cristo per cui essa si prende cura diretta e immediata delle persone e delle famiglie che soffrono, e al contempo s’impegna per rimuovere le cause della povertà e dell’ingiustizia».

Il suo impegno e la passione in favore del prossimo furono riconosciuti da tutti, non solo dai cattolici. La sera in piazza Farnese, un luogo caro ai movimenti laici anche per la vicinanza alla statua di Giordano Bruno, si tenne un’altra affollata manifestazione in suo ricordo. Fu proiettato il film Intolerance. Sguardi del cinema sull’intolleranza, voluto e sostenuto proprio da don Luigi.

Durante la serata prese la parola Pietro Ingrao, storico leader comunista, al fianco di Di Liegro in diverse battaglie a favore degli immigrati. «Don Luigi – disse – praticava in modo straordinario la mitezza, il dono di sé agli altri, la solidarietà. Ma quel che più impressionava in lui era la capacità di combinare la critica alla società che ci circonda con una grande operosità».  

Tra fede e politica

Sbaglierebbe, chi volesse etichettarlo politicamente. Don Luigi iniziava la sua giornata dicendo messa. «Credo nella risurrezione perché sono un prete, ma credo anche nella risurrezione che è possibile realizzare qui, in mezzo a noi». Don Luigi poteva essere utile, o molto scomodo, per tutti. Oliviero Bettinelli, responsabile dell’Area pace e mondialità della Caritas di Roma, lo ricorda: «Una volta gli chiedemmo come facesse a essere sempre così lucido nelle sue analisi politiche e pastorali». «Non è difficile – rispose –. Se una scelta, qualsiasi scelta, pastorale o politica, tutela i poveri e la loro dignità, da qualunque parte arrivi, va bene, altrimenti no».

«Don Luigi è stato definito il prete dei poveri, ma non è stato solo questo. È stato un prete fedele alla sua diocesi, quando si è scontrato anche con altri preti, perché aveva trasformato Villa Glori in una casa per malati di Aids. È stato il prete dei politici, con i quali si confrontava per difendere la dignità dei più deboli. È stato il prete dei giovani, che accoglieva riconoscendo le loro provocazioni e i loro entusiasmi. È stato il prete dei cittadini, quando li ha richiamati a considerare i poveri come il problema di una città che li abbandonava a se stessi.

Era un prete forte di una fede vera e attaccata alla storia, sapeva capirti, e proprio per questa libertà interiore sapeva riconoscere le fatiche invitandoti a vivere, come persona e come comunità, il tuo percorso di responsabilità. L’ostello, le mense, l’accoglienza, non erano altro che l’unica risposta in grado di sostenere tale visione. Forse per questo contatto con la storia, che lo portava a scegliere ogni giorno con coerenza da che parte stare, è più vero pensarlo come un prete “con” i poveri piuttosto che “per” i poveri».

L'articolo completo è nel numero di dicembre del «Messaggero di sant'Antonio» e nella versione digitale della rivista.

Data di aggiornamento: 14 Dicembre 2017
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