27 Dicembre 2016

Contempla l'Amore, seguiLo e sarà sempre Natale!

Tutti i protagonisti che animano il racconto della Nascita hanno seguito l’Amore: a noi fare lo stesso, nel donarsi, fidarsi, rispondere, e mettersi in cammino!
una bimba aiuta a completare il presepe

©PhilNoble/Reuters

«Oggi  a Betlemme è nato per voi un Salvatore che è Cristo Signore» (Lc 2,11)«E il verbo si fece carne e a ha posto la sua dimora in mezzo a noi» (Gv 1,14)

 

Cari amici in ricerca vocazionale, il Signore vi dia pace.

Il Natale è giunto e nel presepe risplende la luce di un Bimbo che è nato ed è il Salvatore. In questa vicenda straordinaria scopriamo l'agire e la presenza di singolari «attori» dove ognuno ha avuto un ruolo e un compito ben preciso, dove ognuno ha risposto fedelmente a una «chiamata», a una specifica «vocazione»: così Dio Padre, così il Figlio unigenito Gesù, Maria come Giuseppe, gli angeli come i pastori e i Re Magi.... 

Per tutti questi protagonisti del Natale possiamo anche identificare un unico denominatore, un comune atteggiamento in cui hanno gareggiato: l'Amore e quindi il donarsi, fidarsi, rispondere, mettersi in cammino... ! Ecco qui il senso e il messaggio profondo del Natale! 

Ed allora, anche per te fratello e sorella che cerchi  la tua strada e la tua vocazione, da questo giorno santo giunge un'indicazione precisa per i tuoi interrogativi e il tuo discernimento: contempla l'Amore e segui l'Amore! 

Vale a dire:  guardando a Gesù venuto in umiltà per la nostra salvezza, anche tu fatti piccolo e povero, pane spezzato per tutti come Lui; offriti e pronuncia il tuo «eccomi» con la fiducia e la disponibilità di Maria; affrettati senza indugiare, come i pastori al richiamo dell'angelo, del messo celeste; sii presenza mite e salda come il giusto Giuseppe; alza lo sguardo e segui la stella divina dietro ai Re Magi; prega il Padre che è nei cieli perché si compia anche in te la Sua volontà. Contempla dunque l'Amore; segui l'Amore e sarà sempre Natale!

Benedico ciascuno di voi con le vostre famiglie e a tutti rinnovo l'augurio di un Santo Natale. Al Signore Gesù, nato per noi, sempre la nostra lode.

Fra Alberto (fra.alberto@davide.it)

 

La tradizione del Presepio tra i frati francescani 

Come in tutte le chiese francescane anche qui alla Basilica di S. Antonio (Pd) dov'è la mia comunità, il Natale  è stato celebrato solennemente e con grande devozione e partecipazione di fedeli. Nella notte santa, conclusa l'Eucarestia, è stato benedetto nel chiostro un magnifico Presepio, collocando nella greppia Gesù Bambino. La tradizione del Presepio, tipicamente francescana, risale direttamente al Poverello di Assisi, che la «inventò» nella notte di Natale del 1223. Eccone la storia nella narrazione di fra Tommaso da Celano, primo biografo di san Francesco.

 

Come san Francesco "inventa" il Presepio a Greccio (di fra Tommaso da Celano)

La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.

Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro. A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore. C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l’occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

E giunge il giorno della letizia, il tempo dell’esultanza! Per l’occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s’accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l’asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l’umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.

Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l’Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù, infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.Vi si manifestano con abbondanza i doni dell’Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia. 

(Dalla vita di Francesco - Fonti Francescane 84 - 86)

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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