30 Giugno 2016

Chi cerca è trovato

C’è uno strano parallelo tra il mondo del computer e del web e quello della fede. A partire dal linguaggio – salvare, convertire, giustificare, icone… – per giungere alla relazione. Che, alla fin fine, è ciò che conta davvero.
vignetta TecnoLoveGia

JeSuisL'Autre

Me ne sto impalato davanti allo schermo del computer, che mi guarda sornione. La finestra che ho a lato si affaccia su una giornata solare. Bisogna che scriva questo editoriale… Mi viene in mente che a sant’Antonio la gente del suo tempo riconosceva la capacità di saper parlare a tutti, di rendersi comprensibile e accessibile a ognuno nonostante le, spesso, enormi differenze di cultura e comprensione.

Allora ho pensato che, sì, sant’Antonio sarebbe davvero riuscito a «far parlare» di Dio anche il computer. In realtà, oggigiorno si tenderebbe piuttosto a demonizzare internet e dintorni: anche senza riferirci ai pericoli celati in navigazioni poco accorte, viene sempre più accusato di «estraniare» la persona, di farla vivere in una dimensione virtuale, una sorta di versione moderna di alienazione, esistenziale e mentale. E allora tutti a dargli contro, rimproverandogli la perversione della nostra gioventù e attribuendogli tutti i mali moderni, a cominciare dalla perdita di fede.

E se Dio invece corresse anche lui lungo le fibre ottiche o le onde WiFi? Se anche Dio cioè abitasse il computer?! Se vi fosse di casa, non solo nel senso ovvio che in esso si possano trovare miriadi di siti a lui variamente dedicati, ma proprio nel senso che anche in internet, come nella creazione che ci attornia, come soprattutto nelle persone che ci circondano, c’è Dio, o comunque da lì a lui si può arrivare?! O, chissà, che da lì lui possa cercare noi invece? Vuoi mai che i motori di ricerca ci aiutino a trovare la risposta alla domanda: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38)! Ancora di più. E se il computer, e cioè ciò che di più tecnico, freddamente tecnico, stazioni sulle nostre scrivanie, celasse in sé la nostalgia più antica e profonda che abita l’uomo: quella di una relazione possibile e reale con un altro o, forse, con l’Altro, appunto con Dio?!

Penso un po’ alle parole, proprie del linguaggio informatico, che noi usiamo… Parliamo, prima di tutto, di «salvare». Nel tentativo di sottrarre all’oblìo, di far giungere a qualcun altro, di fermare un pensiero, una parola, di renderla pronta a nuovi accessi, a nuove comunicazioni. Salvare, anche nel regno del web, è operazione necessaria. E se ogni atto del «salvare», anche quello eseguito nel computer, fosse traccia della nostalgia che è in noi di essere salvati? Mah... Diciamo poi di «convertire». Cioè di carpire dalla vorace bocca del nulla ciò che abbiamo appena salvato, perché sia raggiungibile e condivisibile pur nella continua evoluzione dei linguaggi informatici. In fin dei conti, convertire non è, nel mondo informatico come nella Bibbia, il processo che testimonia l’importanza vitale della relazione e della comunicazione?

E poi «giustificare» e «icone». In entrambi i casi, si evidenzia nel mondo del computer l’urgenza di plasmare ciò che andiamo producendo secondo una forma che corrisponda al nostro gusto o alla nostra fantasia creatrice. Insomma, cerchiamo di rendere belli i nostri documenti piuttosto che il tema del desktop. E non è forse ciò nostalgia di una Bellezza più grande che illumini i frammenti delle nostre esistenze? Infine, la stessa parola «rete» mi richiama alla mente quella colma di pesci che Pietro e compagni pescatori tirarono su quella mattina, nel lago di Tiberiade, dietro suggerimento di un certo Gesù. Che in qualche modo li rese, appunto, «esperti della rete». Tutto vero. Ma ora, scusate, l’estate bussa alla porta: è venuta a prendermi. Ho da andare a ruzzolare con lei sull’erba, fare slalom tra gli alberi, lasciarmi cullare dall’acqua. E a ritirare la mia quota di sole: che se bacia i belli, attenzione, brucia gli incoscienti!

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017
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