Cashmere, seta e… una promessa

Sant’Antonio si trova a suo agio dappertutto, è conosciuto in ogni dove. Persino in Russia come ci racconta la scrittrice Antonia Arslan.
12 Luglio 2018 | di

Mi telefona Varduì, amichevole folletto armeno-russo, storica del­l’arte e sapiente traduttrice. La vedo sempre con molta gioia, mi racconta un sacco di cose, aneddoti e informazioni su quell’impressionante flusso di viaggiatori, scrittori, artisti russi che sono passati per l’Italia (e sulle tante forme del loro amore per la nostra civiltà e cultura).

Molto di ciò che mi dice suona inedito, e spesso getta nuova luce su fatti o personaggi che credevo di conoscere. Oggi mi avverte che mi porterà una rivista uscita da poco, con un’intervista che mi è stata fatta qualche mese fa.

Mi sembra particolarmente interessante il fatto che la rivista non solo sia russa, ma sia una pubblicazione patinata molto elegante, che tratta di moda e abbigliamento italiani in Russia, con fascinose fotografie di modelle bellissime che indossano vestiti adatti per l’inverno russo: tanto cashmere e lana finissima, da mettere uno sull’altro in due o tre strati sovrapposti, con tocchi lucenti di seta applicata un po’ dappertutto.

E sullo sfondo di ogni immagine, ecco mobili italiani, interni luminosi, vetrate, automobili di lusso, lampade d’autore.

Ma i russi amano che, dappertutto, ci sia un po’ di letteratura. E così, ai ritratti di eleganti fanciulle e raffinati giovanotti, seguono gli articoli culturali, con dotte pagine in cui si tratta dello slavista Vittorio Strada, recentemente scomparso. Poi c’è la mia intervista, molto lunga e con belle illustrazioni. Vorrei leggerla, ma chi conosce la lingua? Chiederò un’altra volta alla mia amica, che è dovuta andar via.

Mi accontento di sfogliarla, apprezzando le fotografie e l’impaginazione, quando improvvisamente, in due pagine contrapposte, appaiono due immagini: su quella di destra, la Basilica del Santo in un giorno di festa (probabilmente il 13 giugno...), con uomini in grandi mantelli blu e la statua su un’imponente pedana rossa in primo piano; a sinistra invece lui, Antonio, in un intenso ritratto.

Naturalmente la cosa mi rallegra, sant’Antonio si trova a suo agio dappertutto, è conosciuto dappertutto: perché non in Russia? E comincio a fantasticare sull’ennesima avventura del nostro santo giramondo.

Appena rivedo Varduì, però, tutto si spiega. Nell’intervista si parla molto anche di Padova e del suo Santo, e ci sono lui e la sua chiesa, con le sue cupole che veleggiano da Occidente verso Oriente, come quando da bambina mi raccontava sempre zia Enrica, la sopravvissuta. C’è anche il mio speciale rapporto col Santo di cui porto il nome, e il nonno armeno che mi ci portò la prima volta.

Ma il viso dell’Antonio della foto smuove ricordi lontani, mi commuove in modo strano e profondo. In realtà, riflettendo, credo di averlo già visto tanto tempo fa, ma non ricordo proprio dove. È un quadro, certo, non una statua; e il volto è racchiuso in un cerchio, entro il quale i lineamenti – molto giovani e dall’ovale perfetto - sono esaltati dalla chiara luce che li illumina.

Sembra il ritratto di un bambino-adulto, una di quelle creature molto giovani che hanno visto e compreso tanto, e risplendono di misteriosa saggezza. Gli occhi sono ovali perfetti che fissano l’infinito e riflettono l’immagine divina che si è impressa in quel giovane cuore. Le sopracciglia disegnano sopra gli occhi un arco altrettanto perfetto, racchiudendoli e isolandoli in una silenziosa contemplazione.

La bocca, morbida e ben disegnata, è sigillata su parole non dette, ma pronte a uscire, seguendo una volontà che si indovina vigorosa e acuminata.

Si intravvede anche il cranio rasato, circondato da una corona di ricciolini castani: è così giovane, viene da pensare, ma è già un monaco, ha già deciso della sua vita. E infatti, in primo piano, impugnato con forza dalla mano destra, obliquo e vigoroso compare il ramo di giglio. Come un programma. Come una promessa.

Data di aggiornamento: 13 Luglio 2018

1 comments

17 Luglio 2018
mi ha molto emozionata la descrizione del Santo di Padova di cui mia madre era molto devota e al suo quadro, posto nella sua stanza da letto, sul secretè, sempre si rivolgeva per affidare i suoi figli attendendo le sue risposte.
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di Carmela

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