Una famiglia in missione speciale

Italiano lui, colombiana lei. Una coppia di abbonati al «Messaggero di sant'Antonio» si è impegnata a realizzare un progetto in un paese della Colombia, dove vive una popolazione contadina povera ed emarginata. Al loro fianco c’è Caritas Antoniana.
26 Marzo 2014 | di

Di chi è la Caritas Antoniana? Domanda strana, direte. Ma provate ad abbozzare la risposta. È dei frati? Sì, certo. Di sant’Antonio? Non c’è dubbio. Chi la conosce davvero sa, però, che la risposta più vera è un’altra: la Caritas Antoniana è della gente. Di quelli che sono in difficoltà e chiedono un intervento attraverso i loro missionari; di quelli che inviano un’offerta sapendo di fare un gesto di solidarietà molto concreto; di quelli che regalano il proprio tempo e la propria passione a una causa, diventando i referenti di Caritas Antoniana in un angolo dimenticato del Pianeta.

La storia che vi raccontiamo appartiene a questo terzo gruppo. Gianluigi, 42 anni, ed Erika, 37, sono due abbonati al «Messaggero di sant’Antonio». Impiegato di banca lui, infermiera lei, vivono in un paese in provincia di Bergamo, si sono sposati nel 2010 e hanno un bimbo di 2 anni, Samuele. Erika viene dalla Colombia e precisamente da Fresno, un paese di 40 mila abitanti incastonato tra le montagne nel dipartimento di Tolima, all’interno del Pae­se. Una zona povera, la cui unica risorsa è la coltivazione del caffè e dell’avocado. «I contadini – spiega Gianluigi – coltivano i pendii scoscesi delle montagne fino all’ultimo centimetro; spesso assicurati a una corda, raccolgono ancora a mano i chicchi di caffè».

Quest’unica risorsa di vita ha fatto sì che Fresno si sviluppasse in modo atipico, con un piccolo centro incuneato a valle e tanti quartieri aggrappati alle montagne, dove vivono i contadini e le loro famiglie. «Non ci sono strade lastricate per raggiungere i quartieri e se piove più del solito centinaia di famiglie restano isolate». I quartieri in quota sono agglomerati di povere case con nessun servizio, dove si vive nella precarietà: «Basta uno smottamento e decine di persone si ritrovano senza casa». Nelle strade dissestate s’incontrano bambini a piedi che cercano di raggiungere la scuola o madri che alla sera ritornano dal lavoro. In questi quartieri, i vecchi stanno soli tutto il giorno mentre i giovani, senza lavoro e obiettivi, sono facile preda dei vizi.
 
La passione per gli altri
È questo lo scenario che Gianluigi ed Erika trovano, quando, due anni dopo il fidanzamento, decidono di andare in Colombia per conoscere i genitori di lei, che ora vivono a Ibagué, la capitale del Tolima. Un viaggio che è una scoperta: «Rimasi affascinato dalla semplicità di vita, dalla capacità dei colombiani di prendere le cose in modo leggero, nonostante le difficoltà – racconta Gianluigi –. Le relazioni tra le persone erano più dirette e schiette. Sembrava di essere nell’Italia degli anni ’50 o ’60, benché ormai la Colombia sia uno dei Paesi emergenti nello scacchiere internazionale».

Appesi tra due mondi, l’Italia e la Colombia, Gianluigi ed Erika iniziano a sentire che di fronte alla povertà ancora così profonda di quell’angolo di mondo possono fare qualcosa. Ma cosa? Un paio di anni dopo, le circostanze offrono loro il segno che aspettavano. Erika e Gianlui­gi sono in Colombia dai parenti, stavolta con loro c’è Samuele, di pochi mesi. «Siamo venuti a sapere – continua Gianluigi – che c’era stato un crollo a Fresno e dieci famiglie erano senza tetto. Ci sembrò l’occasione giusta per iniziare a realizzare qualcosa di concreto». Nel frattempo Erika prende contatto con il parroco della sua infanzia, José Humberto Rodriguez Rivera, che proprio in quel periodo è tornato al paese, e con due realtà locali: il consiglio del quartiere di Santa Ana, uno dei più popolosi di Fresno, e la «Asociación comitè pastoral de bienestar social», l’associazione di cittadini che cerca di migliorare la situazione sociale dei quartieri satellite. «Ci venne naturale pensare che Caritas Antoniana potesse darci il sostegno di cui avevamo bisogno, per il legame con il Santo ma anche per la sua esperienza consolidata negli interventi a favore dei poveri. Nelle pagine del “Messaggero di sant’Antonio” spesso leggevamo di persone comuni che promuovevano progetti nei Paesi in difficoltà e questo ci incoraggiò».

È l’estate del 2012 ed Erika, ancora in maternità, rimane qualche mese in più in Colombia con il piccolo Samuele. «Tornato a casa – continua Gianluigi –, attraverso il “Messaggero”, presi contatto con Caritas Antoniana, che ci aiutò fornendoci anche l’appoggio tecnico per creare il progetto. Per mesi ho fatto da tramite tra Caritas Antoniana e la Colombia, con mia moglie che guidava l’intervento sul territorio». Ne esce un progetto in due parti: la prima parte prevede la costruzione di dieci casette per i senzatetto, la seconda la costruzione di un centro sociale polivalente nel quartiere di Santa Ana, che serva non solo come centro di aggregazione per le fasce più deboli, come anziani e giovani senza lavoro, ma anche come luogo da cui favorire le iniziative di sviluppo locali: dall’alfabetizzazione ai corsi professionali, dalle campagne di prevenzione per la salute alle vaccinazioni, dall’accoglienza dei bambini delle madri lavoratrici agli incontri comunitari a carattere religioso. «Caritas Antoniana – spiega Gianluigi – decise di concentrare il suo supporto finanziario soprattutto sulla parte comunitaria, quella che avrebbe aiutato un maggior numero di persone e che poteva dar vita a circuiti di sviluppo locali. Tuttavia si dimostrò disponibile a ricavare sopra il centro sociale un piccolo appartamento per la famiglia di senzatetto più bisognosa: una madre sola con tre bambini piccoli».

Il consiglio di quartiere Santa Ana dona il terreno e Caritas Antoniana approva il progetto nel dicembre del 2012. A Santa Ana la gente accoglie la notizia con entusiasmo. Ci si dà da fare per raccogliere ulteriori fondi, vendendo torte od oggetti di artigianato. Il comune s’impegna a pagare le maestranze e il lavoro, a Caritas Antoniana rimangono i costi vivi del materiale, per un totale di 14 mila e 300 euro. Nell’agosto del 2013 un felice padre José inaugura il centro sociale tra una folla festante di parrocchiani, accorsi da tutta Fresno. Inizia una nuova pagina per quel quartiere e per quella città. Il centro sociale è la dimostrazione vivente che insieme si può cambiare, si può migliorare.

«Non è stato sempre facile – ammette Gianluigi –, Caritas Antoniana è giustamente scrupolosa a richiedere resoconti e notizie sull’andamento dei lavori, precisione che cozza con la mentalità latinoamericana, più approssimativa e allergica alla fretta e alle scadenze fisse. La nostra sollecitazione rischiava di essere presa come mancanza di fiducia, e padre José, il classico prete di strada sempre in giro per i quartieri in cerca della sua gente, e quindi perennemente a corto di tempo, non riusciva a farlo. Alla fine abbiamo trovato il modo di conciliare le esigenze e le mentalità. E oggi, devo ammetterlo, vedere quel progetto realizzato e percepire l’emozione della gente è davvero una grande gioia».
 
 

IL PROGETTO IN BREVE

- Progetto: costruzione centro sociale polivalente e appartamento per famiglia povera

- Luogo: Fresno, Colombia

- Date: autunno 2012 – estate 2013

- Costo: euro 14.300
 
 

Data di aggiornamento: 26 Giugno 2017