©Alberico Rigoni Stern

Rigoni Stern inedito

| Nicoletta Masetto collaboratore

Piccoli tesori che faranno la felicità dei numerosi estimatori dell'autore de «Il sergente nella neve». Da qualche mese, in quella che fu l'ultima abitazione di Mario Rigoni Stern, in Val Giardini ad Asiago (Vicenza), per iniziativa della Soprintendenza archivistica del Veneto e del Trentino, è in corso una ricognizione sull'archivio dello scrittore.

Si tratta di svariati faldoni, scatoloni, cassette, contenenti oggetti personali e documenti relativi a varie fasi della sua vita.

Sono venute alla luce le agendine tascabili su cui il giovane alpino annotava ogni giorno quanto gli accadeva, in particolare in guerra, in Francia, Albania e in Russia, e nella prigionia durata venti mesi in quattro lager del Terzo Reich, e da cui negli anni successivi avrebbe tratto i materiali per i suoi libri.

L'archivio contiene anche foto dimenticate, encomi per prestazioni sportive o azioni militari, oggetti come il cucchiaio con cui mangiava in prigionia, la pallottola che rischiò di ucciderlo in Russia, la cinghia dei pantaloni (con 64 cm di giro vita!) che indossava al rientro al paese alla fine della guerra.

«Una assoluta novità sono alcuni racconti scritti negli anni '49-50, di cui nessuno di noi si ricordava - ha raccontato emozionato il figlio Alberico Rigoni Stern - o anche 13 pagine che anticipavano l'inizio del "Sergente", e che poi non sono state utilizzate». Interessanti anche le testimonianze relative agli inizi della sua attività di scrittore. Come il contratto con la Einaudi per la pubblicazione de «Il sergente nella neve»; gli epistolari intrattenuti con esponenti significativi della cultura del tempo: da Giulio Einaudi, che gli comunica la vittoria del Sergente al Premio Viareggio, a Italo Calvino, a cui illustra un progetto di romanzo (poi abbandonato) che ha come protagonista un giovane del paese costretto a emigrare in Australia; fino a Primo Levi, con l'autografo della famosa poesia «A Mario e a Nuto» (Revelli, ndr): «Ho due fratelli con molta vita alle spalle... Come me hanno tollerato la vista di Medusa, che non li ha impietriti». 

Toccante la lettera alla mamma del 18 marzo del 1943, in cui Mario le fa finalmente sapere, dopo mesi di silenzio, che era sano e salvo in Italia, e la rassicura (mentendo) sulle sue condizioni: «Non sono affatto magro e non risento delle durissime fatiche e battaglie dell'inverno scorso».

A breve, il materiale sarà donato dalla famiglia al Comune di Asiago e collocato in una sala apposita della nuova Biblioteca. L'intenzione è di procedere, se si troveranno i finanziamenti, anche a una parziale digitalizzazione, per renderlo disponibile.

Data di aggiornamento: 07 Luglio 2019